sabato 16 febbraio 2013



Storie d'ordinaria menzogna
"IN ITALIA NON ESISTE UNA "QUESTIONE EBRAICA" (Mussolini)

di Filippo Giannini

Proverò a spiegare i motivi delle mie divergenze verso gli ebrei, che nulla hanno a che vedere con la “questione della razza.  E non intendo trattare in questa sede l'argomento su l'esistenza o meno delle "camere a gas" e dei cosiddetti "campi di sterminio"; ma pretendere un riesame di una verità che da quasi 60 anni viene ad arte manipolata o, per meglio dire, ribaltata.
Non voglio neanche soffermarmi più del dovuto sulla legge del 1931 riguardante le comunità israelitiche, che risultò tanto favorevole agli ebrei che i rabbini elevarono nelle Sinagoghe lodi di ringraziamento al Duce.
Voglio richiamare all'attenzione del lettore la più falsa, la più infamante accusa che da decenni la storiografia ufficiale riversa su Benito Mussolini: l'essere stato complice della morte di centinaia di migliaia di ebrei.
Doveva essere l'anno 1992 o 1993 (non ricordo esattamente), quando partecipai ad un dibattito in una saletta di Palazzo Chigi, il tema era: "Mussolini, il fascismo e gli ebrei". Era presente Renzo De Felice.
Sin dall'inizio gli oratori non fecero che rinnovare quanto da protocollo: Mussolini era complice di Hitler nello sterminio degli israeliti.
Quando la parola passò al pubblico alzai la mano per parlare, cosa che mi fu concessa.
Dissi che desideravo rivolgermi al Professor De Felice e gli ricordai che ci sono centinaia di testimonianze che attestano il contrario, e cioè che Mussolini si oppose in ogni modo alle richieste tedesche e gli citai un solo caso: l'ordine che impartì nel Febbraio del '43 al Generale Robotti: "inventate tutte le scuse che volete per non consegnare neppure un ebreo ai tedeschi ".
De Felice mi rispose che avevo ragione e che Mussolini mai consegnò un ebreo ai tedeschi. Nella sala scoppiò un putiferio, le urla si intrecciavano. Un giovane che era accanto a me, certamente israelita, gridò che quando "qualcuno parla bene di Mussolini si sente male" io, con calma gli risposi che se avessi avuto la sua età anch'io avrei accusato gli stessi sintomi.
Quando nella sala tornò la calma mi si avvicinò una signora, una bella signora, che si qualificò giornalista del "Jerusalem Post" e mi chiese il numero telefonico per un'intervista. Superfluo aggiungere che mai più l'ho vista, né sentita. L'ordine era: addormentare l'"incidente".
Non sono nuovo nel trattare questo argomento quindi conosco perfettamente la tecnica dell'assorbire argomenti scabrosi che se trattati dovrebbero far crollare un castello di menzogne; con tutto quel che porterebbe con sé.
Approfondiamo l'argomento citando studiosi non davvero fascisti o, addirittura israeliti.
Trattare l'argomento "fascismo-ebrei" è stato (e lo è tuttora) come accostare un fiammifero ad una polveriera, ma andando avanti con una indagine, anche se sommaria e assolutamente incompleta, a domande che sorgono naturali, con altrettanta spontaneità vengono date le risposte.
Ad esempio: come mai gli ebrei che negli anni '39-'43  fuggivano dalla Germania, dall'Austria o dai Paesi occupati dai tedeschi anziché rifugiarsi in Francia o in Inghilterra o, negli Stati Uniti (Paesi democratici) venivano in Italia? Eppure, qui in Italia erano in vigore le "leggi razziali".
"Nulla di nuovo sotto il sole", ammonisce Oscar Wilde: tutte le storie vanno riscritte.
Scrive Rosa Paini, ebrea, nel suo libro "I sentieri della speranza": " Era la fine del 1939 (la Germania aveva già invaso, con la Russia, la Polonia e l'Italia era alleata del Terzo Reich, n.d.a.) e nasceva in Italia la "Delegazione Assistenza Emigrati" (DELASEM), un organizzazione ebraica che avrebbe salvato migliaia di israeliti profughi dai Paesi dell'Est Europeo e, in particolare, dalla Germania e dai territori che i nazisti andavano occupando (…) ".
Nel 1939 (!) vennero aperte delle aziende di addestramento agricolo, le "haksharoth" - Tecniche poi trasferite in Israele - che entrano in funzione ad Airuno (Como), Alano (Belluno), Osciano e Cevoli (Pisa). Così, sempre in quegli anni dove vigevano le "leggi razziali", nei locali della Capitaneria di Porto, la Scuola Marinara di Civitavecchia ospitava una cinquantina di allievi israeliti che poi diverranno i futuri ufficiali della Marina da Guerra israeliana.
Allora, perché i fuggitivi non raggiungevano la Francia, o la Gran Bretagna, o gli Stati Uniti? Erano paesi che non accettavano ebrei, anche se in pericolo mortale. Roosevelt fece intervenire la "U.S. Navy" per impedire con la forza l'approdo sulle coste statunitensi di un piroscafo carico di ebrei fuggiti da Amburgo; gli inglesi in Palestina fucilavano e impiccavano gli ebrei. A Salina, nel Mar Nero, era salito a bordo di un piroscafo carico di fuggiaschi, il console britannico ad informare che il suo governo li considerava immigrati illegali: se si fossero avvicinati alle Coste della Palestina sarebbero stati silurati. In Francia, nel settembre 1940, nel solo Dipartimento della Senna, la Suretè consegnò ai tedeschi lo schedario di 150 mila ebrei, a cui fecero seguitola cattura e le deportazioni. Sempre in Francia 4.500 gendarmi furono sguinzagliati alla caccia dell'ebreo.
Nel 1979 in occasione della presentazione del film: "Olocausto", la televisione francese "Antenne 2", riunì un gruppo di scampati dai "Campi di sterminio". Fra loro c'era Simone Veil che, qualora non fosse un caso di omonimia, dovrebbe essere l'ex Presidentessa del Parlamento europeo. Le domande dell'intervistatore vertevano sul tema: è vero che in Francia nella zona di occupazione italiana non ci fu alcuna persecuzione? E’ vero che sulla Costa Azzurra i carabinieri italiani impedirono ai poliziotti francesi l'arresto degli ebrei? La risposta fu unanime: sì, è proprio così, rispose per tutti la signora Veil.
Un attento storico dell'"Olocausto ebraico", Mondekay Poldiel, israelita, ha scritto: "l'amministrazione fascista e quella politica, quella militare e quella civile si diedero da fare in ogni modo per difendere gli ebrei, per fare in modo che quelle leggi rimanessero lettera morta".
Sino all'8 settembre 1943 non sono mai esistiti, in Italia, campi di concentramento per ebrei, ma campi di internamento per cittadini i cui Paesi erano in guerra con l'Italia. Uno di questi campi, forse il più noto, era quello di Ferramonti e qui fu internato il Dottor Selim Diamond, autore del libro "Internment in Italy, 1940-1945", nel quale tra l'altro, l'autore ha scritto: < Non ho mai trovato segni di razzismo in Italia (…). Nel campo controllato dai carabinieri e dalle Camicie Nere gli ebrei stavano come a casa loro > . Il Dottor Diamond attesta che il Governo Fascista concedeva 8 lire al giorno agli internati i quali potevano spenderle come desideravano.
Ancora più interessante quanto ha scritto il famoso docente dell'Università ebraica di Gerusalemme, George L. Mosse, nel suo libro: "Il razzismo in Europa":  "Come abbiamo già detto, era stato Mussolini stesso a enunciare il principio: discriminare non perseguire. Tuttavia l'esercito italiano si spinse anche più in là, INDUBBIAMENTE CON IL TACITO CONSENSO DI MUSSOLINI (…) ".
Osserva il giornalista Franco Monaco: " I giovani Vittorio e Bruno Mussolini difesero a spada tratta i loro amici israeliti e fecero sapere che, se necessario, li avrebbero ospitati a Villa Torlonia ". Non è un mistero che dopo l'8 settembre 1943, quando lo "scudo protettivo" eretto da Mussolini si fece più difficile da sorreggere, l'opera di salvataggio continuò; il "cattivo" Roberto Farinacci nascose una famiglia di ebrei nella sua tipografia a Cremona, così Giorgio Almirante ospitò nella sua casa un'altra famiglia di ebrei, quella stessa famiglia che "nelle radiose giornate" salvò la vita al futuro segretario del MSI.
Ecco perché non sono d'accordo con gli ebrei: la menzogna è sempre e comunque un'infamia che diventa ben più grave quando tende a colpire un "giusto", un "giusto" che rischiò addirittura la rottura con i tedeschi, pur di salvare coloro che poi lo avrebbero accusato di ogni nefandezza.
Quanto sopra riportato sono solo alcuni esempi di una ben più vasta e documentata letteratura.
Guido Gerosa, storico, ha scritto: <"I primi episodi di vere persecuzioni di deportazioni e massacri avvennero dopo l'8 settembre 1943 ". Se tutto ciò è vero è azzardato concludere che solo l'antifascismo fu il responsabile dei suddetti massacri e deportazioni; quando cioè lo "scudo protettivo" venne, parzialmente a mancare.
Altro che andare ad elemosinare un incontro con il Governo israelita; gli israeliti dovrebbero andare ad inginocchiarsi dinnanzi alla tomba di Predappio!


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