martedì 31 luglio 2012

Heinrich Himmler e gli ebrei

Nella foto Himmler in visita ad un lager.

di Robert Faurisson

Gli storici lo sanno ma tendono a nasconderlo al grande pubblico: durante la seconda guerra mondiale, i negoziati, tra, da una parte, gli Alleati o le associazioni ebraiche e, dall'altra parte, le autorità del III° Reich non sono mancati. E ciò fino alla fine della guerra in Europa. Se ne ha un esempio con un documento ristampato nel 1979 (prima edizione nel 1977) dallo storico Werner Maser e di cui, il 26 giugno 2008, avevo presentato la traduzione sotto il titolo di “Heinrich Himmler rende conto del suo colloquio del 15 gennaio 1945 con Jean Marie Musy [ex presidente della Confederazione elvetica] a proposito degli ebrei” (http://robertfaurisson.blogspot.it/2008/06/heinrich-himmler-rende-conto-del-suo.html).
In quel periodo avevo insistito sul più importante punto di questo “metter a verbale” (Niederschrift) di Himmler: in esso una volta ancora il Reichsfuhrerricordava che egli si sarebbe rallegrato di vedere gli Stati Uniti accettare di ricevere la totalità degli ebrei d'Europa ma alla condizione esplicita che questi ebrei non potessero recarsi in Palestina per “martirizzarvi” ancora di più gli Arabi. Aggiungevo, documento alla mano, che Joachim von Ribbentrop, ministro degli Affari esteri, sosteneva a proposito degli ebrei la stessa politica di Himmler, una politica che era quella di tutto quanto il III° Reich. In quest'ultimo documento si poteva leggere che il Governo del Reich aveva risposto ai Britannici:  
“Il Governo del Reich non può prestarsi ad una manovra che tende a permettere agli ebrei di cacciare il nobile e valente popolo arabo dalla sua madrepatria, la Palestina. Questi negoziati non potranno perseguirsi se non alla condizione che il Governo britannico si dichiari pronto ad ospitare gli ebrei in Gran Bretagna [e nell'Impero britannico], e non in Palestina, e che esso garantisca loro che potranno stabilirvisi definitivamente”.
C'è un altro punto dello scritto di Himmler che merita anche attenzione. Nel primo paragrafo si legge che il Reichsführer aveva, nuovamente, precisato a Jean Marie Musy la sua posizione riguardo gli ebrei assegnati al lavoro: 
“Noi assegniamo gli ebrei al lavoro e, beninteso, comprendendovi i lavori duri (in schweren Arbeiten) quali la costruzione di strade, di canali, le imprese minerarie e lì essi hanno una forte mortalità. Da quando sono in corso le discussioni sul miglioramento della sorte di questi ebrei, essi sono impiegati in lavori normali (in normalen Arbeiten), ma và da sé che essi devono, come ogni Tedesco, lavorare negli armamenti”.
Da questo passo risulta che durante la guerra avvenivano delle “discussioni” volte “al miglioramento della sorte degli ebrei” e, in particolare, sulla sorte degli ebrei assegnati al lavoro nei campi o altrove. Queste discussioni, i Tedeschi potevano averle avute sia con le organizzazioni internazionali come il Joint Distribution Committee fondato nel 1914 da ricchi ebrei per prestare soccorso ai loro confratelli in un'Europa in guerra, sia con le autorità americane o britanniche che si servivano, come in questo caso, di un intermediario elvetico.  
È falso pretendere che, durante la guerra, gli Alleati, i Neutrali e gli ebrei della Diaspora si sono disinteressati della sorte degli ebrei sotto controllo tedesco. E i negoziati hanno potuto, come nel caso considerato, approdare ad un miglioramento della sorte di questi ebrei. Mentre, nei campi o altrove, dei non ebrei continuavano ad essere costretti a “lavori duri”, invece gli ebrei, loro, ne erano dispensati perché la loro mortalità era troppo importante.
Ad Auschwitz, durante l'estate e l'autunno dell'anno 1942, la mortalità dei detenuti aveva assunto delle proporzioni allarmanti, specialmente a causa di epidemie di tifo. Di qui la decisione delle autorità tedesche di moltiplicare i crematori – dato che le inumazioni si rivelavano impossibili a causa della natura acquitrinosa del suolo – e, nello stesso tempo, di iniziare a ridurre questa mortalità. 
Himmler faceva allora inviare a tutti i comandanti dei campi (ivi compresi quelli di Auschwitz e di Lublin-Majdanek ) delle istruzioni tese a ricorrere a “tutti i mezzi per diminuire il numero dei morti”. 
I generali SS Oswald Pohl e Richard Glucks erano incaricati di questa missione (documento americano nei diversi processi di Norimberga registrato sotto la sigla NO-1523 [NO=Nazi Organizations] del 20 gennaio 1943 firmato da Glucks). 
Otto mesi dopo, il 30 settembre 1943, Pohl relazionava a Himmler del successo della sua missione e gli storici concordano nel riconoscere la sensibile diminuzione del numero di morti nel 1943. 
L'8 ottobre dello stesso anno Himmler scriveva direttamente a Pohl per esprimergli i suoi “ringraziamenti” e la sua “gratitudine”
Lo scambio di questi messaggi, provvisto, secondo l'uso, del timbro “Segreto”, figura nel documento americano PS-1469 [PS = Paris-(Colonel) Storey]. 
L'esistenza di questi documenti è passata sotto silenzio nella bibliografia documentaria, che eppure fa riferimento, di Jacob Robinson e Henry Sachs,The Holocaust: The Nuremberg Evidence (Yad Vashem Memorial [Gerusalemme] e Yivo Institute for Jewish Research [New York], Gerusalemme, 1976).
Si divulga su “Himmler e gli ebrei” tutta una leggenda secondo la quale il Reichsfuhrer ordinava ed organizzava la morte degli ebrei e, in generale, a sostegno di questa tesi si invocano i suoi discorsi sedicentemente segreti di Posen e altrove. 
Ho dimostrato la vacuità di questa accusa (Réponse à Pierre Vidal-Naquet, 2° edizione, Paris, La Vieille Taupe, 1982, p. 22-25; http://robertfaurisson.blogspot.it/1982/12/reponse-pierre-vidal-naquet.html) ed io qui non ci ritornerò sopra. 
Himmler considerava certamente gli ebrei come nemici reali o potenziali del Reich ma – se ne ha dunque qui la conferma – egli non ricercava per nulla la loro morte. 
All'occorrenza, vista la loro mortalità, egli arrivava fino al punto di dispensare gli operai ebrei dai lavori più duri. 
Il 23 giugno 2002, negli Stati Uniti, durante un congresso dell'Institute for Historical Review, avevo dedicato il mio intervento a “La repressione dovuta alle autorità del III° Reich dei Tedeschi che avevano maltrattato degli ebrei (1939-1945)” (il testo di questo mio intervento non è stato ancora messo in francese ). Vi facevo menzione di passaggio del documento Ni-10847 [NI = Nazi Industry]; in esso si nota che i lavoratori ebrei che si ritenevano vittime di violenze d'ogni specie, inclusa la semplice somministrazione d'uno schiaffo da parte d'un caporeparto tedesco, avevano il diritto di sporgere denuncia presso il loro “delegato ebreo”, che trasmetteva la detta denuncia presso il direttore della fabbrica, il quale richiedeva al caporeparto una spiegazione scritta (fabbrica di Günthergrube, ad Auschwitz-III, il 25 maggio 1943).
Se ne avrò il tempo, redigerò una relazione di questa conferenza dove ho specificatamente trattato della condanna a morte (seguita da esecuzione) dai tribunali o dalle corti marziali del III° Reich di soldati, di ufficiali o di funzionari tedeschi che si erano resi colpevoli verso gli ebrei di assassinio o di furto, in Francia, in Ungheria, in Ucraina o altrove. 
Al processo di Norimberga, Horst Pelckmann, avvocato delle SS, ha potuto produrre 1593 attestazioni che sotto giuramento negavano ogni conoscenza di un programma di assassinio di ebrei ed ha dichiarato: “Numerosi membri si riferiscono a titolo di prova al fatto che ci sono state numerose condanne a morte o ai lavori forzati inflitte in seguito a crimini commessi contro persone ebree o contro beni di ebrei” (TMI, XXI, p. 390).
Alla fin fine, da qualsiasi angolatura la si esamini, la tesi di uno sterminio fisico degli ebrei si rivela decisamente insostenibile. Questa tesi non era che un'invenzione della propaganda di guerra e d'odio, ancora oggi mantenuta dalla religione dell'“Olocausto” e dallo “Shoah-Business”.
                                                                                                          16 luglio 2012

Il Fascismo Immenso e Rosso


Alexander Dugin

        Nel XX secolo solamente tre forme ideologiche hanno potuto provare la realtà dei propri principi in materia di realizzazione politico-statale: il liberalismo, il comunismo e il fascismo.
Anche volendo, sarebbe impossibile citare un altro modello di società che sia esistito nella realtà e allo stesso tempo non sia una forma delle tre suddette ideologie. Ci sono dei paesi liberali, dei paesi comunisti e dei paesi fascisti (nazionalisti). Gli altri sono assenti. E non possono esistere.

In Russia, abbiamo passato due tappe ideologiche . quella comunista e quella liberale.
Manca un fascismo.

1. CONTRO IL NAZIONAL-CAPITALISMO
Una delle versioni del fascismo che, pare, la società russa è già pronta ad accettare oggi (o quasi), è il nazional-capitalismo.
Non c’è quasi alcun dubbio che il progetto del nazional-capitalismo o del «fascismo di destra» è l’iniziativa ideologica della parte d’élite della società che è seriamente preoccupata dal problema del potere e che sente nettamente lo spirito dei tempi.
Tuttavia la versione «nazional-capitalista», di «destra» del fascismo, non esaurisce affatto l’essenza di questa ideologia. Inoltre, l’unione della «borghesia nazionale» e degli «intellettuali» sulla quale, secondo alcuni analisti, si fonderà il futuro fascismo russo, rappresenta un brillante esempio di un approccio del tutto estraneo al fascismo, sia come concezione del mondo, che come dottrina e come stile. Il «dominio del capitale nazionale» è la definizione marxista del fenomeno fascista. Essa non prende minimamente in considerazione la base filosofica specifica dell’ideologia fascista, ignora coscientemente il pathos di base, radicale, del fascismo.
Il fascismo è un nazionalismo, ma non importa quale nazionalismo, se un nazionalismo rivoluzionario, ribelle, romantico, idealista, facente appello a un grande mito e all’idea trascendente aspirante a realizzare nella realtà il Sogno Impossibile, partorire la società degli eroi e del Superuomo, trasformare e trasfigurare il mondo. Al livello economico, per il fascismo, i metodi socialisti o socialisti moderati, che sottomettono gli interessi economici personali, individuali, ai princìpi del bene della nazione, della giustizia, della fraternità, sono caratteristici. Infine, la visione fascista della cultura corrisponde al rifiuto radicale dell’umanesimo, della mentalità «troppo umana», cioè di ciò che costituisce l’essenza degli «intellettuali». Il fascista detesta gli intellettuali. Vede in loro un borghese mascherato, un borghese pretenzioso, un chiacchierone e un fifone irresponsabile. Il fascista ama simultaneamente il feroce, il sovrumano e l’angelico. Ama il freddo e la tragedia, non ama il calore e il conforto. In altre parole, il fascismo non ama niente di tutto ciò che fa l’essenza del «nazional-capitalismo». Esso lotta per il «dominio dell’idealismo nazionale» (e non del «capitale nazionale»), e contro la borghesia e gli intellettuali (e non per quella e con questi). La frase celebre di Mussolini definisce esattamente il pathos fascista: «Viva l’Italia fascista e proletaria!»
«Fascista e proletario», questo è l’orientamento del fascismo. Operaio, eroico, combattivo e creatore, idealista e futurista, un’ideologia che non ha niente a che vedere con la garanzia di conforto supplementare dello Stato per i mercanti (anche se sono mille volte nazionali) e le sinecure per gli intellettuali e parassiti sociali. Le figure centrali dello Stato fascista, del mito fascista sono il contadino, l’operaio, il soldato. Al disopra, come simbolo superiore della lotta tragica contro il destino, contro l’entropia spaziale - il capo divino, il Duce, il Führer, il Superuomo realizzante nella sua persona sovra-individuale (più che individuale, come «superuomo») la tensione estrema della volontà nazionale verso l’impresa. Certo, da qualche parte in periferia, c’è anche posto per il cittadino bottegaio onesto e il professore di università. Anche loro inalberano le insegne di partito e si incontrano ai meeting. Ma nella realtà fascista, le loro figure si volatilizzano, sono perdute, indietreggiano al fondo. Non è tramite loro e per loro che si fa la rivoluzione nazionale.
Storicamente, il fascismo puro e ideale non ha mai avuto realizzazione diretta. Nella pratica, i problemi essenziali della presa del potere e della messa in ordine del sistema economico obbligarono i leader fascisti -Mussolini, Hitler, Franco e Salazar- ad allearsi con i conservatori, il nazional-capitalismo dei grandi proprietari e dei capi d’azienda. L’anticomunismo fanatico di Hitler, il capitalismo tedesco rianimato, costò alla Germania la sconfitta contro l’URSS, e credendo all’onestà del re (portavoce degli interessi della grande borghesia) Mussolini fu consegnato nel 1943 dai rinnegati Badoglio e Ciano, che gettarono il Duce in prigione e fra le braccia aperte degli americani.
Franco riuscì a mantenersi più a lungo, al prezzo di concessioni all’Inghilterra liberalcapitalista e agli USA, e del rifiuto di sostegno ai regimi ideologici suoi simili dei paesi dell’Asse. Inoltre, Franco non fu veramente un fascista. Il nazional-capitalismo è un virus interiore del fascismo, il suo nemico, la garanzia della sua degenerazione e della sua distruzione. Il nazional-capitalismo non è assolutamente una caratteristica essenziale del fascismo, essendo al contrario un elemento accidentale e contraddittorio all’interno della sua struttura.
Dunque, e nel nostro caso, quello del nazional-capitalismo russo in via di sviluppo, la discussione porta non sul fascismo, ma sul tentativo di sfigurare in anticipo ciò che non può essere evitato. Si può qualificare tale pseudo-fascismo come «preventivo», «anticipatore». Esso si affretta a dichiararsi prima che in Russia nasca e si rinforzi seriamente il fascismo, il fascismo originale, reale, il fascismo radicalmente rivoluzionario che verrà. I nazional-capitalisti sono dei vecchi capi di partito abituati a dominare ed umiliare il popolo, presto divenuti «liberal-democratici» per conformismo, ma adesso che questa tappa è finita anche loro cominciano ad affiliarsi con zelo ai gruppi nazionalisti.
Le partitocrazie con i loro intellettuali di servizio, avendo trasformato la democrazia in una farsa, si sono probabilmente riuniti per infangare con decisione ed avvelenare il nazionalismo nascente nella società. L’essenza del fascismo: una nuova gerarchia, una nuova aristocrazia. La novità consiste nel fatto che la gerarchia è costruita su dei principi chiari, naturali, organici: il beneficio, l’onore, il coraggio, l’eroismo. La vecchia gerarchia, che aspira a mantenersi oggi nell’era del nazionalismo, come già in precedenza, è fondata su delle facoltà conformiste: la «flessibilità», la «prudenza», il «gusto per gli intrighi», l’«adulazione», ecc. Il conflitto evidente fra i due stili, i due tipi umani, i due sistemi di valori, è inevitabile.

2. SOCIALISMO RUSSO
È del tutto inappropriato definire il fascismo un’ideologia di «estrema destra». Questo fenomeno è caratterizzato più esattamente dalla formula paradossale di «Rivoluzione Conservatrice». Questa combinazione fra l’orientamento culturale.politico di «destra» -il tradizionalismo, la fedeltà al suolo, le radici, l’etica nazionale - con il programma economico della «sinistra»- la giustizia sociale, la restrizione dell’elemento del mercato, la liberazione dalla «schiavitù della percentuale», l’interdizione dei traffici borsistici, dei monopoli e dei trust, il primato del lavoro onesto. Per analogia con il nazional.socialismo, che si definiva spesso semplicemente «socialismo tedesco», possiamo parlare del fascismo russo come di un «socialismo russo». La specificazione etnica del termine «socialismo» nel contesto dato ha un senso particolare. La discussione porta alla formulazione iniziale della dottrina sociale ed economica, non sulla base dei dogmi astratti dei razionalisti, ma su quella dei principi concreti, spirituali, morali e culturali, che hanno formato organicamente la nazione come tale. Il Socialismo Russo non consiste nei russi per il socialismo, ma nel socialismo per i russi. A differenza dei rigidi dogmi marxisti-leninisti, il socialismo nazionale russo viene da questa comprensione della giustizia sociale che è caratteristica della nostra nazione, della nostra tradizione storica, della nostra etica economica. Un tale socialismo sarà più contadino che proletario, più comunale e cooperativo che statale, più regionalista che centralista - queste sono le esigenze della specificità nazionale russa, che si rifletterà nella dottrina, e non solamente nella pratica.

3. L’UOMO NUOVO
Questo socialismo russo dev’essere costruito da un uomo nuovo, «un nuovo tipo d’uomo, una nuova classe». La classe degli eroi e dei rivoluzionari. I detriti della nomenklatura di partito ed il loro usurato regime devono perire come vittime della rivoluzione socialista. Della rivoluzione nazionale russa. I russi si sono stancati della freschezza, della modernità, del romanticismo autentico, della partecipazione vivente ad un grande evento. Tutto ciò che è loro proposto oggi è o assai arcaico (i nazional-patrioti) o assai noioso e cinico (i liberali).
La danza e l’attacco, la moda e l’aggressione, l’eccesso e la disciplina, la volontà e il gesto, il fanatismo e l’ironia cominceranno a bollire fra i rivoluzionari nazionali - giovani, cattivi, allegri, intrepidi, appassionati, che non conoscono frontiere. Per loro - costruire e distruggere, governare ed eseguire gli ordini, realizzare la pulizia dei nemici della nazione e preoccuparsi teneramente dei vegliardi e degli infanti russi. Con passo furioso e allegro, si dirigeranno verso la cittadella usurata, il Sistema in marciscenza. Sì, hanno sete di Potere. Essi sanno ordinare. Essi soffieranno la Vita nella società, precipiteranno il popolo nel processo voluttuoso della creazione della Storia. Degli uomini nuovi. Infine saggi e coraggiosi. Come devono essere. Percepenti il mondo esteriore come una sfida (secondo l’espressione di Golovin).
Davanti alla morte, lo scrittore fascista francese Robert Brasillach pronunciò questa strana profezia: «Vedo che ad Est, in Russia, il fascismo rimonta, il fascismo immenso e rosso».
Ricordate: non il capitalismo appassito, rosa-bruno, ma l’alba abbagliante della nuova Rivoluzione Russa, il fascismo immenso, come le nostra terre, e rosso, come il nostro sangue.

A. Dugin

L’ANATOCISMO E I SAGGI DI INTERESSE



di L. Presotto

Il Diritto Internazionale e molti sistemi giuridici vietano l’anatocismo e, in materia di negozio giuridico (fase precedente alla sottoscrizione di un contratto o un trattato)   la messa in esecuzione  di artifici, raggiri ed omissioni di informazioni, arrivando a stabilirne la nullità e l’inefficacia retro attiva, ovvero sin dalla sua nascita.

Cos’è l’anatocismo?
Con il termine anatocismo (dal greco anà - di nuovo, e tokòs - interesse) si intende la CAPITALIZZAZIONE DEGLI INTERESSI SU UN CAPITALE, affinché essi siano a loro volta PRODUTTIVI DI ALTRI INTERESSI.
Un esempio di anatocismo é quello di capitalizzare, ossia sommare al capitale residuo, gli interessi ad ogni scadenza di pagamenti, anche se sono regolarmente pagati.

L’anatocismo, salvo alcuni casi in deroga, non é previsto dal nostro ordinamento, così come ha affermato numerose volte la Corte di Cassazione Civile [si riporta sentenza 20.02.2003 della Cassazione Civile sez. III n. 2593] : “ NON E’ POSSIBILE CUMULARE GLI INTERESSI DI MORA – ovvero per ritardato pagamento – con gli interessi delle somme concesse in mutuo (prestito). Sebbene tali comportamenti siano spesso previsti dai contratto, La natura IMPERATIVA DELLA NORMATIVA NAZIONALE NON CONSENTE COMPORTAMENTI CONTRA LEGEM  e quindi la formazione di nuovi usi in deroga alla disposizione legislativa. L’anatocismo é ammesso solo nei limiti indicati dall’art. 1283 c.c. e perciò gli interessi possono produrre interessi SOLTANTO DALLA DOMANDA GIUDIZIALE o in base a convenzione stipulata tra cliente e banca A POSTERIORI ALLA LORO SCADENZA.

Quindi l’anatocismo é consentito dal nostro ordinamento solo in due casi:
1.    Quando viene attivata una richiesta di giudizio per un credito non corrisposto, innanzi al Giudice;
2.    In base a convenzione, nuova trattativa/contratto, stipulato tra creditore e debitore e COMUNQUE ALMENO DOPO SEI MESI DALL’AVVENUTA SCADENZA DEL TERMINE DI PAGAMENTO.
come recita in effetti l’art. 1283 del codice civile.

Dunque il nostro ordinamento vieta l’applicazione dell’anatocismo e rimanda la decisione ad almeno sei mesi dopo la loro scadenza di pagamento, se non corrisposti,  e con ricorso alle vie giudiziali, ovvero al giudice adito, il quale è unico soggetto che può stabilire se l’anatocismo è applicabile o meno. (!!)

Saggi di interesse.
La normativa per la determinazione degli interessi legali, é stabilita dall’art. 1284 del codice civile e dalle pubblicazioni in  Gazzetta Ufficiale.
Codice civile - Gazzetta Ufficiale 4 aprile 1942, n. 79
Codice Civile [approvato con R.D. 16.03.1942, n. 262]
LIBRO QUARTO. Delle obbligazioni - TITOLO PRIMO. Delle obbligazioni in genere - CAPO SETTIMO. Di alcune specie di obbligazioni - SEZIONE PRIMA. Delle obbligazioni pecuniarie
Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 5 per cento in ragione d'anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell'anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell'anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l'anno successivo. (1)
Allo stesso saggio si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura.
GLI INTERESSI SUPERIORI  ALLA MISURA LEGALE DEVONO ESSERE DETERMINATI PER ISCRITTO, ALTRIMENTI SONO DOVUTI NELLA MISURA LEGALE .

IL TASSO DI INTERESSE NON E’ QUINDI FISSO, MA DI ANNO IN ANNO, VIENE STABILITO DA LEGGE DELLO STATO.
IL TASSO DI INTERESSE DIVERSO,  SE NON VIENE INDICATO  PER ISCRITTO NON E’ VALIDO, E IL DEBITORE E’ TENUTO A CORRISPONDERE  IL TASSO STABILITO DALLA LEGGE E PUBBLICATO IN GAZZETTA UFFICIALE.

Di seguito le determinazioni dei tassi di interesse con relative pubblicazioni in Gazzetta Ufficiale dal 1990 al 2012.
(1) Il presente comma è stato così sostituito prima dall'art. 1 L. 26.11.1990, n. 353 e poi dall'art. 2 c. 185 L. 23.12.1996 n. 662, con decorrenza dal 01.01.1997. Si riporta di seguito il testo previgente:
"Il saggio degli interessi legali è del dieci per cento in ragione di anno".
(2) La misura del saggio degli interessi legali di cui al presente articolo è stata fissata:
- al 2,5 per cento in ragione d'anno a decorrere dal 01.01.1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 1 DM 10.12.1998;
- al 3,5 per cento in ragione d'anno a decorrere dal 01.01.2001, in virtù di quanto disposto dall'art. 1 DM 11.12.2000;
- al 3,0 per cento in ragione d'anno a decorrere dal 01.01.2002, in virtù di quanto disposto dall'art. 1 DM 11.12.2001 (G.U. 14.12.2001, n. 290);
- al 2.5 per cento in ragione d'anno a decorrere dal 01.01.2004, in virtù di quanto disposto dall'art. unico DM 01.12.2003 (G.U. 10.12.2003, n. 286);
- al 3 per cento in ragione d'anno a decorrere dal 01.01.2008, in virtù di quanto disposto dall'art. unico DM 12.12.2007 (G.U. 15.12.2007, n. 291);
- all'1% in ragione d'anno con decorrenza dal 1° gennaio 2010, in virtù di quanto disposto dall'art. 1 D.M. 04.12.2009 (G.U. 15.12.2009, n. 291);
- all'1,5% in ragione d'anno con decorrenza dal 1° gennaio 2011, in virtù di quanto disposto dall'art. 1 D.M. 07.12.2010 (G.U. 15.12.2010, n. 292).
- all'2,5% in ragione d'anno con decorrenza dal 1° gennaio 2012, in virtù di quanto disposto dall'art. 1 D.M. 12.12.2011 (G.U. 15.12.2011, n. 291).

Da questa ricerca quindi emerge che oltre al divieto di anatocismo, nel nostro ordinamento il tasso legale degli interessi nel periodo tra il 1990 e il 2012 (anno corrente) non é mai stato stabilito dalla Legge con percentuale superiore al 4%.

In diritto internazionale non esiste una tabella scritta che indichi la percentuale da applicarsi.
Come ho in introduzione menzionato é vietato l’anatocismo (ovvero il calcolo dell’interesse sull’interesse, detto anche capitalizzazione dell’interesse).
Lo scambio di beni e servizi viene regolamentato da contratti (Trattati, Convenzioni, ecc.) basate su regole di correttezza, trasparenza, diligenza,  senza atti contrari a norme imperative di legge e senza la messa in esecuzione di artifici e raggiri.

Anche nel diritto internazionale vige la  regola della trasparenza del negozio giuridico, nella fase immediatamente precedente alla sottoscrizione.
La stipula del contratto  deve avvenire in buona fede , con diligenza, con trasparenza , senza artifici , raggiri,  e omissioni.
Cosa significa? Significa che la legge STABILISCE INDEROGABILMENTE che tutte le informazioni sui reciproci diritti, e sui reciproci obblighi del rapporto contrattuale, debbono essere enunciate per iscritto, prima della sottoscrizione del contratto di entrambe le parti.
Tenere nascosta un’informazione prima della firma del contratto ed enunciarla in seguito alla stipula, costituisce mancata buona fede, omissione, artificio, raggiro, truffa.
TUTTE CAUSE DI NULLITA’ DEL CONTRATTO.

Rebus sic stantibus
lo Stato italiano, il popolo italiano,  FIRMANO  DELLE CAMBIALI IN BIANCO. Corrispondono una prestazione (il pagamento di interessi) a fronte di UN CONTRATTO NULLO  PRIVO DI QUALSIASI EFFICACIA .
UN ISTITUTO INESISTENTE NEL DIRITTO NAZIONALE E  INTERNAZIONALE!

Perché?
LA BCE FINANZIA L’ACQUISTO DI TITOLI DI STATO STABILENDO DI VOLTA IN VOLTA  IL SAGGIO DI INTERESSE CHE SI FONDA,  NON SU REGOLA GIURIDICA, COME DOVREBBE ESSERE, E NEMMENO SU CONTRATTO SCRITTO  MA SULL’ANDAMENTO DEL MERCATO FINANZIARIO  CHE NON E’ UN ORGANISMO DI DIRITTO PUBBLICO CON POTERE DI STABILIRE LEGGI, MA UN SEMPLICE ORGANISMO DI DIRITTO PRIVATO CUI E’ CONCESSO SOLO DI FARE NEGOZI GIURIDICI !!!!!!!!

Cosa significa?
Un contratto per essere efficace e valido, oltre a non essere viziato, , deve essere sottoscritto con la volontà risultante delle parti, e non può essere imposto da una parte sull’altra con la forza, o peggio con l’omissione di informazioni.
IL CONTRATTO PRIVO DEGLI ELEMENTI ESSENZIALI (buona fede, correttezza, diligenza, volontà delle parti) e CONTRARIO A NORME  IMPERATIVE DI LEGGE messo in atto con l’aggravante del raggiro (omissione) E’ NULLO E PRIVO DI EFFICACIA.

Cosa significa nullo e privo di efficacia?
Che non esistono parti contraenti, che non si é formata una volontà comune nel negozio giuridico e che pertanto quel contratto non E’ MAI ESISTITO e quindi NON PRODUCE EFFETTI,  NON ESISTONO CREDITORE E DEBITORE, NON ESISTONO PRESTAZIONI , NON ESISTE MANCATO ADEMPIMENTO.

Qualora poi la BCE potesse in qualche modo dimostrare che la volontà nella formazione del contratto e la sua sottoscrizione sono avvenute con volontà delle parti e con i requisiti stabiliti dalla legge in materia di contratto, ESISTE UNA CAUSA DI ANNULLABILITA’

Cos’è l’annullabilità?
E’ una sopravvenuta causa, un fatto che pesa sul contratto e che non consente più ad una delle parti di proseguire nella conduzione del contratto. Un sopravvenuto stato di necessità, o un evento non controllabile, inevitabile e non dovuto a negligenza.
E’ il caso dei paesi del sud Europa attaccati da speculazioni imprevedibili ed inevitabili.
Anche in questo caso il diritto offre possibilità di salvezza nella ANNULLABILITA’ DEL CONTRATTO PER SOPRAVVENUTA CAUSA.
Quando la prestazione di pagamento  diviene impossibile da parte del debitore, per cause che non siano a lui  riconducibili, ( ad un suo comportamento errato) , ma tale sopravvenuta causa é riconducibile ad  una situazione contingente, impossibile da prevedere, impossibile da evitare, nonostante l’uso della diligenza, e la prestazione diventa IMPOSSIBILE o ECCESSIVAMENTE ONEROSA, il contratto può essere ANNULLABILE E QUINDI TERMINARE DI AVERE EFFICACIA, OVVERO VENGONO ANNULLATI OBBLIGHI E DOVERI DERIVANTI DALLA SUA SOTTOSCRIZIONE.


Nella realtà Italiana:  NONOSTANTE LE MASSICCE CURE DI AUSTERITA’  (quindi diligenza) , lo Stato Italiano NON HA POTUTO EVITARE L’ATTACCO SPECULATIVO DEI MERCATI (quindi sopravvenuta causa); HA DOVUTO RICORRERE A NUOVI PRESTITI,  CARICANDOSI NON SOLO DI INTERESSI SUL CAPITALE, MA ANCHE DI INTERESSI SUI PRECEDENTI INTERESSI (ANATOCISMO), INGIGANTENDO SEMPRE PIU’ IL PROPRIO DEBITO, AL PUNTO CHE ESSO E’ ORMAI DIVENUTO UNA PRESTAZIONE IMPOSSIBILE, SENZA LIMITI, SENZA TERMINI.
UNA PRESTAZIONE ECCESSIVAMENTE ONEROSA CHE NON E’ PIU’ IN GRADO DI SOSTENERE.
CAUSE QUESTE APPENA DESCRITTE,  DI ANNULLABILITA’ DEL CONTRATTO E QUINDI DEL DEBITO.

A tutte queste gravi violazioni del codice civile nazionale e delle norme internazionali, in materia di contratto e rapporti commerciali, si aggiungono, come in introduzione spiegato,  l’applicazione DI TASSI DI INTERESSE USURAI   e DI TASSI DI INTERESSE COMPOSTI (anatocismo) che IL NOSTRO SISTEMA GIURIDICO RIFIUTA.

La Corte di  Cassazione italiana nel novembre del 2005 ha dichiarato  ILLEGITTIMO L’ANATOCISMO OBBLIGANDO ALLA RESTITUZIONE DA PARTE DELLE BANCHE DI 30 MILIARDI DI EURO.

Si scopre quindi che in molti casi  I DEBITI FURONO CONTRATTI IN MODO FRAUDOLENTO, VIOLANDO LE DISPOSIZIONI LEGALI E LE COSTITUZIONI NAZIONALI.
PER QUESTO IL DEBITO PUBBLICO, così come gestito,  dal Fondo Monetario Internazionale, dal Fondo Monetario Europeo e dalla Banca Centrale Europea, RAPPRESENTA LA  TRUFFA MONDIALE IN ASSOLUTO PIU’ GRANDE DELLA STORIA.
Un chiaro esempio lo fornisce uno studio e relativa pubblicazione reperibile in rete, relativo al periodo 1978-1979 (solo due anni).  Con la variazione degli interessi applicati, senza alcuna regola, l’interesse da erogarsi annualmente  passa nel breve periodo, dalla somma complessiva  di 30.000 Lire, alla somma complessiva di 180.000 Lire, in pratica nel secondo anno la somma di interessi che viene restituita é moltiplicata sei volte il suo valore iniziale.
Ovvero:                                                                                                                                                                                    1978 - debito in $.1.000  - debito in Lire 600.000 – tasso di interesse 5% -interesse annuale Lire 30.000                                        1979 - debito in $.1.000 – debito in Lire 600.000 – tasso di interesse 30% - interesse annuale Lire 180.000     
cambio applicato 1Uds/600 Lire
E’  ovvio quindi che, con l’ applicazione di tassi di interessi al di fuori di una stabilita regola e con l’applicazione dell’anatocismo nessuno Stato debitore sarà mai in grado di ripagare il proprio debito, e continuerà ad indebitarsi all’infinito.
In conclusione, da questo approfondimento , risulta che:
-       oltre a gravi violazioni del codice civile in materia di tassi di anatocismo, tassi di interesse e contratti,
-       i soggetti erogatori di prestiti e i loro complici, Unione Europea e Classi dirigenziali degli Stati aderenti all’Unione,  hanno perpetrato e continuano,  reati di natura penale (truffa, raggiri, omissioni) e con l’applicazione di interessi usurai (anch’esso reato penale),   hanno e continuano, a violare  il Trattato della Dichiarazione dei diritti dell’uomo recepito non solo dalle costituzioni degli stati aderenti, e quindi anche la carta italiana, ma anche dal trattato dell’unione.
l’unione europea e le classi dirigenti degli stati aderenti si sono quind macchiati di un grande crimine: la riduzione in schiavitu’ di milioni di esseri umani.
per cancellare questa schiavitu  basterebbe l’applicazione dei principi generali del diritto, così come sono riconosciuti dall’articolo 38 della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia per stabilire che molti debiti sono viziati da nullità.
proprio su queste basi argentina , colombia  e islanda hanno cancellato i propri debiti. su queste stesse basi , per annulare il debito, sembra si stia orientando l’irlanda e su queste stesse basi la grecia potrebbe uscire dall’euro ed annullare i propri.
da quanto si parla di probabile   uscita della grecia dall’euro e di   incapacita’  della stessa di onorare il debito ?
la bce e il fondo monetario europeo sanno benissimo di non aver elementi concreti giuridici per pretendere la restituzione con interessi  delle somme.
hanno il terrore che la consapevolezza della mancanza di fondamento del debito si estenda a tutti i popoli europei.
sarebbe il default della banca centrale europea e del fondo monetario europeo e non degli stati dell’euro zona, come invece vogliono farci credere.

Lorella Presotto, 31 luglio 2012


                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               




sabato 28 luglio 2012

COME SIAMO ARRIVATI COSI’ IN BASSO

Il confronto non può convincere se non si dispone di un minimo di mezzi di comunicazione. Filippo Giannini.

La Nota di Maurizio Barozzi
 
Ottimo, preciso e correttamente rievocativo questo articolo di Filippo Giannini, su come il fascismo sconfisse la Mafia. Ne consigliamo la lettura.
Da parte nostra vorremmo aggiungere un particolare fondamentale: il fascismo mise fuori gioco la Mafia non tanto e non solo con la mano pesante del prefetto Mori, ma soprattutto con i dettami dello Stato fascista e della conduzione governativa dirigenziale di Mussolini, laddove era fondamentale il presupposto che per lo Stato fascista gli aspetti etici e politici prevalessero su quelli economici e finanziari, mentre il fondamento ideologico era: «Tutto nello Stato, nulla fuori dello Stato e soprattutto niente contro lo Stato».
Sono solo queste le uniche condizioni che rendono impossibile la vita alla Mafia, come del resto alla Massoneria (due poteri, non a caso, spesso associati tra loro).



IL CONFRONTO NON PUO’ CONVINCERE SE NON SI DISPONE DI UN MINIMO DI MEZZI DI COMUNICAZIONE
di Filippo Giannini
  
  Mussolini approdò in Sicilia, a Palermo il 6 maggio 1924. Era in programma una visita ufficiale di quindici giorni. Da continentale aveva una visione vaga della mafia, ma ben presto la sua conoscenza su quel fenomeno si sarebbe approfondita.
   Accompagnato in auto, a Piana degli Albanesi, dal sindaco di quella cittadina, Francesco Cuccia, detto don Ciccio, che ostentava sul petto la Croce di Cavaliere del Regno, pur essendo stato chiamato in giudizio per omicidio in otto processi, tutti risolti per insufficienza di prove, Mussolini avvertì un certo imbarazzo per il comportamento del notabile seduto al suo fianco.
   Don Ciccio, osservato che il suo ospite era seguito da alcuni agenti, confidenzialmente diede un colpetto sul braccio di Mussolini e, ammiccando, gli disse: “Perché vi portate dietro gli sbirri? Vossia è con me. Nulla deve temere!”. Mussolini non rispose, ordinò di fermare la macchina e di far ritorno a Palermo.
   Il giorno dopo ad Agrigento parlò ai siciliani e fu una dichiarazione di guerra alla mafia: “Voi avete dei bisogni di ordine materiale che conosco: si è parlato di strade, di bonifica, si è detto che bisogna garantire la proprietà e l’incolumità dei cittadini che lavorano. Ebbene vi dichiaro che prenderò tutte le misure necessarie per tutelare i galantuomini dai delitti dei criminali. Non deve essere più oltre tollerato che poche centinaia di malviventi soverchino, immiseriscano, danneggino una popolazione magnifica come la vostra”.
   Mussolini rientrò a Roma il 12 maggio e il giorno dopo convocò i ministri De Bono e Federzoni e il capo della polizia Moncada e chiese ad essi il nome di un uomo idoneo a battere il fenomeno malavitoso siciliano (da “Benito Mussolini nell’Italia dei miracoli”). Il prescelto era Cesare Mori che per la lotta alla mafia si avvalse della preziosissima collaborazione del maresciallo Spanò.
   In pochi anni la mafia venne stroncata, al punto che i così detti Pezzi da 90 furono costretti ad emigrare negli Stati Uniti, dove trovarono fertile terreno. Purtroppo il fenomeno mafioso fu stroncato, ma non le sue radici, come vedremo.
   A questo punto, e per completare gli antefatti del come “siamo caduti così in basso”, dobbiamo andare  con la mente allo sbarco dei liberatori in Sicilia, ed esaminare, anche se sommariamente, il notevole apporto dato dalla mafia siculo-americana alla riuscita dell’operazione dei gangsters d’oltre oceano. Quanto segue è ripreso dal mio volume Dal 25 luglio a Piazzale Loreto.
   E’ noto che la Sicilia – più di ogni altra regione italiana – manteneva da decenni stretti legami con gli Stati Uniti, data la notevole emigrazione di siciliani in quel Paese.
   L’apporto della mafia americana alla riuscita dello sbarco in Sicilia è sempre stato minimizzato, o addirittura negato, dalle autorità storiche alleate; ma la documentazione in merito è così ricca da contestare l’assunto; e ciò è comprensibile, dato che fu una delle tante pagine vergognose dell’intera vicenda.
   I primi contatti con la malavita americana non riguardarono l’operazione “Husky” (così fu indicato lo sbarco in Sicilia), vanno ricercati nell’individuare dei battelli, battenti bandiera americana, che navigavano in Atlantico, e che sin dai primi mesi del 1942 rifornivano di nafta, a peso d’oro, i sommergibili tedeschi che, prolungandone le missioni in mare, facevano strage di navi mercantili alleate. Per dar la caccia a questi “fornitori”, che si supponeva appartenessero all’organizzazione mafiosa, il “Naval Intelligence”, nella veste del comandante Radcliffe Haffenden, prese contatto con Giuseppe Lanza, di origine siciliana e capo del mercato del pesce che, coinvolgendo altri personaggi, fece sapere che se si voleva stroncare la rete dei battelli atlantici, il personaggio all’uopo indicato era Luky Luciano. Dopo qualche tentennamento il “Naval Intelligence” inviò due alti ufficiali della Marina U.S.A. ad incontrare Moses Polakoff, avvocato del gangster, e tutti insieme si recarono nel carcere per un colloquio con l’influente detenuto. Questo ottenne la revisione del processo che poi risulterà essere la strada per il suo definitivo rientro, da uomo libero, in Italia. Lucky Luciano fornì le informazioni necessarie, tanto che, in poche settimane, la Marina americana riuscì a sgominare la rete che alimentava i sommergibili tedeschi.
   Così, quando verso la fine del 1942 maturò l’idea di uno sbarco in Sicilia, Haffenden si rivolse di nuovo a Luciano. Questi chiese di essere messo in contatto con i suoi “colleghi” Joe Adonis e Franck Costello, nonché Vito Genovese e altri; tutti insieme questi “gentiluomini”, tramite oscure ramificazioni che erano sopravvissute ai duri colpi inflitti dal prefetto Mori, e tra questi Calogero Vizzini, indiscusso capo della mafia siciliana, si attivarono per favorire il programma predisposto dal controspionaggio americano. Vizzini garantì alloggi e assistenza ad alcune centinaia di agenti americani paracadutati o sbarcati nell’isola e fornì loro informazioni militari di tale importanza che questi agenti, la notte dello sbarco, riuscirono ad uccidere la maggior parte delle sentinelle che vigilavano sui centri di comunicazione e di direzione delle artiglierie costiere.
Una delle funzioni di Adonis era identificare e reclutare italo-americani con collegamenti in Sicilia. Nel maggio 1943 fu creata la “Sezione F” che aveva il compito di radunare e selezionare la massa di dati che venivano raccolti. Sempre in quel mese l’ammiraglio Hewit scoprì che non aveva ufficiali che parlassero italiano. Hewit contattò prontamente Washington, chiedendo che gli venissero forniti ufficiali qualificati per questo compito. La richiesta fu accolta e vennero selezionati quattro ufficiali in possesso delle qualifiche richieste. Questi fecero parte della prima ondata di sbarco e presero terra nella fascia tra Gela e Licata. La loro missione consisteva nel raccogliere informazioni sui campi minati e sui depositi militari dell’Asse.
Al momento dello sbarco gli ufficiali americani della “Sezione F” erano in possesso di un elenco di personaggi siciliani fornito dalla mafia di New York. La maggior parte dei nomi dell’elenco risultarono essere personaggi della malavita siciliana, come a guerra finita testimoniò uno degli ufficiali: il tenente Paul A. Alfieri.
   Ė opportuno citare almeno l’opera disgregatrice effettuata dai gruppi di separatisti guidati da Finocchiaro Aprile. Questi poteva contare sull’aiuto di personalità della nobiltà terriera siciliana che notoriamente aveva, sin dai tempi di Nelson, forti legami con l’Inghileterra. Questi gruppi antifascisti operarono dal 1942 con una serie di sabotaggi, il più notevole dei quali fu condotto contro l’aeroporto di Gerbini, sede della caccia tedesca.
   Lo stesso clero siciliano – o almeno la maggior parte di esso – non fu secondo nell’opera di disgregazione morale e di aiuto alle iniziative alleate tese a svilire lo spirito combattivo dei militari.
   Se fino all’autunno del 1942 le intenzioni degli strateghi angloamericani erano distanti dal solo esaminare la possibilità di un attacco alla Sicilia, in quanto gli italiani, a detta di Alexander e di Montgomery, si erano battuti bene in Africa, a maggior ragione, ritenevano,  avrebbero difeso con più forte motivazione il proprio territorio. E questo era sostenuto anche dalla stampa internazionale. Ma ciò che, a nostro avviso, convinse ancor più gli Alleati che la Sicilia era un obiettivo invitante, e dai rischi strettamente militari relativamente circoscritti, era il fatto che “Supermarina” già da alcuni mesi (esattamente dal 6 dicembre 1942) aveva spostato la ancora temibilissima flotta italiana dai porti del sud Italia a quelli, ben più distanti, al nord. La motivazione era di allontanarla da facili offese aeree. E’ un fatto che gli alleati, dopo l’occupazione del nord Africa, pur disponendo, quindi, di basi aeree tali da portare attacchi in qualsiasi area del bacino del Mediterraneo, non sganciarono alcuna bomba sulla flotta italiana.
   Solo lo sviluppo delle situazioni sopra riportate convinse Churchill e Roosevelt che la Sicilia era un obiettivo appetibile perché di rischi limitati: anche se, poi, le cose non andarono esattamente come gli angloamericani si aspettavano.
Le responsabilità dei personaggi incontrati in questo capitolo furono notevoli, perché senza le loro manovre la guerra si sarebbe decisa altrove, non avrebbe devastato il nostro Paese e non avremmo subito l’8 settembre con tutto ciò che quella data ancor oggi rappresenta.
   L’invasione della Sicilia venne preceduta da mesi di terrorismo aereo, coinvolgendo in questa operazione città piccole e grandi. Scrive Antonio Falcone (“StoriaVerità”, N° 22): I bombardamenti a tappeto subiti da Messina furono di tale intensità che alla fine non restava più da bombardare che le macerie, cosa che gli alleati continuarono a fare con particolare accanimento. Palermo arrivò a subire ben dodici incursioni nello spazio di 120 minuti: le “fortezze volanti” si succedevano in formazioni di 50 per volta e aravano la città in lungo e in largo scaricando a casaccio tonnellate di esplosivo. Nei primi di luglio le incursioni diventarono ininterrotte, con il bombardamento contemporaneo di Palermo, Catania, Messina, Siracusa, Agrigento, Trapani, Augusta ed altri centri. Poi fu la volta dei centri minori, e poi anche quella dei villaggi e persino delle campagne, dove gli incursori si divertivano a mitragliare perfino i contadini intenti ai lavori. Il giorno e la notte precedenti lo sbarco, l’offensiva raggiunse il massimo di intensità, tanto che i pochissimi aerei italiani ancora in grado di combattere riuscirono ad abbattere 58 apparecchi nemici in 48 ore. Come racconterà poi uno di questi ultimi difensori del cielo siciliano, le formazioni nemiche erano così massicce che bastava sparare nel mucchio, alla cieca, per essere sicuri di colpire. Al momento dello sbarco, l’isola era dunque completamente disarticolata>.
Veniva messa in pratica anche in Sicilia quella “metodologia” studiata nei dipartimenti di Buchinghamshire, procedura da adottare per la distruzione delle città nemiche. L’insediamento avvenne nel marzo 1940: il Quartier Generale del “Bomber Command”, costituitosi ufficialmente sin dal 14 giugno 1936 presso Uxbridge. Uno degli organizzatori della nuova tecnica di guerra fu il già ricordato Sir Arthur Harris, tristemente definito proprio dai suoi “the Butcher”, cioé “il macellaio”.
   Fu proprio sulla Sicilia che vennero usate, verso la fine del 1942, le prime bombe “block-buster” da 8.000 libre. Oltre alla morte che proveniva dal cielo, si doveva lamentare la quasi totale distruzione degli impianti, delle comunicazioni, della rete stradale e ferroviaria e, di conseguenza, i rifornimenti dal continente si ridussero vicino allo zero e l’amministrazione militare dovette provvedere a sfamare i civili. Edda Ciano, la figlia del Duce, in quel momento si trovava in Sicilia quale crocerossina e scrisse una lunga lettera al padre evidenziando le spaventose carenze alimentari, mediche alle quali erano sottoposti i siciliani che, a suo dire, si comportavano ugualmente con coraggio di fronte ai bombardamenti.
Lo scopo della “guerra totale” si stava raggiungendo in quanto la popolazione esausta, affamata, attendeva l’arrivo degli invasori come la fine di un incubo, come una “liberazione”.
Quanto sopra riportato è confermato dai verbali segreti riguardanti una riunione presieduta da Hitler del 20 maggio 1943; riunione a cui parteciparono von Keitel, Rommel, Neurath e parecchi altri alti ufficiali; il manoscritto della riunione è custodito nella biblioteca dell’Università della Pennsylvania. Hitler chiede notizie sulla situazione in Sicilia a Neurath e questi risponde: “Sì, mio Führer, ci sono stato e ho parlato col generale Roatta (in quel momento comandante della 6° armata italiana in Sicilia, nda). Tra l’altro Roatta mi ha detto di non aver troppa fiducia nella difesa della Sicilia. Ha sostenuto d’essere troppo debole e di avere truppe male equipaggiate. Soprattutto ha una sola divisione motorizzata; le altre sono fisse. Ogni giorno gli inglesi fanno del loro meglio per bombardare le locomotive delle ferrovie siciliane, perché sanno benissimo che è quasi impossibile portare materiale per sostituirle o ripararle, quando non sia impossibile del tutto (…). Delle navi traghetto – credo che ce ne fossero sei -  n’è rimasta soltanto una (…)”.
   In questa situazione, appena sufficientemente tracciata, il 10 luglio 1943 le forze alleate mettevano piede sull’isola. Per la precisione, i primi a toccare terra furono gli uomini di una Brigata aerotrasportata britannica e un reggimento di paracadutisti americani dell’82° Divisione partiti da Tunisi. Quest’operazione si sviluppò la sera  del 9 luglio, cioè sette ore prima degli sbarchi; l’intento era di prendere alle spalle le difese costiere italiane. L’operazione risultò disastrosa per gli alleati: 61 velivoli vennero abbattuti (alcuni addirittura dal “fuoco amico”), altri dovettero rientrare alle basi o andarono dispersi. Solo dodici alianti britannici e circa duecento paracadutisti americani poterono prender terra nei punti stabiliti. Ma la maggior parte di essi venne catturata.
   La mattina del 10 luglio, improvvisamente, la battaglia divampò sul mare, nel cielo, e nella striscia di territorio costiero corrispondente all’angolo sud-orientale della Sicilia, tra Licata e Augusta


    Che la tensione nervosa e il timore dell’ignoto degli invasori fossero elevati è l’unica giustificazione che si può concedere per le atrocità messe in atto sin dai primi momenti degli sbarchi.
   Si deve ad un paracadutista americano l’aver portato a termine la prima “operazione bellica”: toccata terra nella campagna di Vittoria (Ragusa), pugnalò un pastore accanto alle sue pecore.    Questo non fu che l’inizio delle efferatezze compiute dalle forze Alleate – come documenteremo nel corso di questo volume – ricordandone le più eclatanti, anche se poco o affatto conosciute.
    Il maestro Rocco Tignino di Licata, ben noto nel paese per il suo antifascismo, capì subito che se gli americani entravano nel paese la guerra era finita. Il maestro esce sul balcone esultante e per tre volte urla: viva la libertà. Una raffica di mitra, sparata dagli americani, lo fulmina all’istante.
   Il podestà di Biscari Salvatore Mangano, suo figlio Valerio, studente liceale, il fratello Ernesto, ufficiale medico in licenza dal fronte russo, decisero di portare le proprie donne lontano dalla zona di sbarco e di combattimento. Il prefetto indossava la divisa delle autorità fasciste per facilitare . Tutti presero posto nella “Balilla” di proprietà del prefetto e si avviarono a Modica, piccolo centro in provincia di Ragusa. . Gli americani fecero scendere gli occupanti; gli uomini da una parte, le donne dall’altra. Benché disarmati furono fucilati sia il Podestà che il figlio Valerio.   e gratuita morte del padre. Raccontano anche che sia stato trovato abbracciato al padre col volto imberbe sfregiato da un’arma da taglio (forse un colpo di baionetta)”.Certamente anche il capitano medico Ernesto Mangano venne ucciso “insieme a parecchi altri “ritenuti pericolosi””, in quanto “di lui non si ebbero mai più notizie”.
   Carlo D’Este, nome italiano di un ufficiale americano, autore del libro “1943: lo sbarco in Sicilia”, scrive che la difesa italo-tedesca fu costretta ad arretrare e a concentrarsi intorno agli aeroporti di Comiso e Biscari. Alla difesa partecipavano soprattutto i militari della “Livorno” e reparti della 219° Divisione Costiera. L’attacco era portato dagli americani della 45° Divisione, comandata dal generale Patton, e in particolare su Biscari operavano i fanti del 180° Reggimento. Carlo D’Este a pagina 254 e seguenti scrive: “La lotta prolungata per la conquista del campo d’aviazione di Biscari diede origine al primo ripugnante incidente della campagna. In due episodi separati, settantatre prigionieri di guerra italiani, furono massacrati da un capitano e da un sergente del 180° Reggimento della 45° Divisione. Gli scontri, che erano iniziati il giorno D tra le due forze avversarie, si erano fatti accaniti intorno alla strada provinciale 115. Prima dell’invasione, Patton aveva parlato personalmente all’intera divisione e aveva avvertito le sue truppe di ciò che le aspettava in Sicilia: (dalla documentazione che più avanti presenteremo, Patton) ammonì (i suoi uomini, nda) di fare molta attenzione nei casi in cui i tedeschi o gli italiani avessero alzato le mani mostrando l’intenzione di arrendersi. Affermò che qualche volta il nemico si comportava in quel modo per far abbassare la guardia ai soldati. Patton avvertì i membri della 45° Divisione di stare attenti a quell’insidia e di ‘uccidere quei figli di puttana’, a meno che non fossero certi della loro reale intenzione di arrendersi””. Da parte sua il colonnello Federeck E. Coockson, della 180°, affermò che le parole del generale Patton bisognava interpretarle nel giusto significato: killers e che durante i combattimenti non dovevamo prendere prigionieri>.
   Continua D’Este: <Vicino all’aeroporto di Biscari, il 14 luglio una forza di fanteria incominciò a essere bersagliata dall’artiglieria pesante e dal fuoco dei tiratori scelti. Durante lo scontro che ne seguì dodici uomini furono feriti dalle granate prima che la piccola forza nemica si arrendesse. Risultò che si trattava di un gruppo di trentasei italiani, parecchi dei quali indossavano abiti civili. Il comandante della compagnia di fanteria ordinò di uccidere i prigionieri, al che essi furono allineati sull’orlo di una vicina fossa e giustiziati da un plotone di fanteria. Lo stesso giorno un’altra compagnia di fanteria catturò quarantacinque italiani e tre tedeschi>. Un sottufficiale americano ricevette l’ordine di scortare i prigionieri nelle retrovie per essere interrogati. “Dopo circa un chilometro e mezzo di strada il sergente ordinò al gruppo di fermarsi e di spostarsi verso la carreggiata dove furono allineati. Spiegando che avrebbe ucciso quei “figli di puttana”, il sergente si fece dare un fucile mitragliatore Thompson dal suo caporal maggiore e freddamente eliminò gli sventurati italiani”.
   Gli ispiratori e gli autori di questo massacro furono, oltre al generale Patton, il capitano Jhon T. Campton che impartì l’ordine, e il sergente Horace T. West che l’eseguì. Lo stesso sergente West, nel corso del giudizio, affermò “che nel corso del trasbordo, fecero ricorso all’uso di droghe”. Lo stesso sergente, sempre nel corso dell’inchiesta, fra l’altro disse: “Sin dai primi combattimenti, ebbe l’impressione che i soldati tedeschi fossero molto crudeli; ma non da meno furono i soldati americani che, alle prime case che visitarono, rastrellarono e rubarono tutto ciò che era commestibile e violentarono le donne che vi vivevano, alla presenza dei bambini”.
I due episodi non passarono inosservati e il generale Omar Nelson Bradley, comandante del Secondo Corpo d’Armata, ordinò che gli autori fossero immediatamente deferiti alla Corte Marziale, con l’accusa di “premeditato assassinio di 84 prigionieri di guerra”.
La Corte Marziale a fine agosto 1943 sentenziò la non colpevolezza del generale Patton e del capitano Campton; mentre il sergente West fu condannato all’ergastolo. Dopo un anno di prigione,  la condanna del sergente fu commutata in servizio di prima linea. Il capitano Campton, ripreso servizio, morì durante un’azione di guerra.
   E non abbiamo accennato alle prodezze dei marocchini del generale francese Alphonse Juin, o delle americanate compiute a Pantelleria o a Castelnuovo delle Marche, o la teoria del Moral Bomber. E – a proposito – quando si parlerà dei barili di gas nervino (made in Usa) che ancora, pericolosissamente, giacciono sul fondale di Bari?
   Ne riparleremo!
   Dopo essere stati liberati e soggiogati da cotanti manigoldi e essere ancora sottomessi al loro america way of living, ci chiediamo ancora COME SIAMO CADUTI COSI’ IN BASSO?
   Nel 2002 mi recai in Sicilia nelle zone dove avvennero i fatti. Raccolsi varie testimonianze e al ritorno, per accrescere la documentazione scrissi  al Department of the Army di Arlington in Usa, al quale chiesi tutta la documentazione del caso. In data 8 ottobre 2002 il Dipartimento mi inviò quanto richiesto, cioè il processo a carico degli autori del massacro. Il tutto, tradotto in italiano, è contenuto in appendice nel mio volume sopra citato.

Termino questo articolo oggi, 27 luglio 2012, quando hanno inizio le olimpiadi. Solo per curiosità: quanti sanno che nelle Olimpiadi del 1932 l’Italia Fascista nel medagliere fu seconda solo dietro agli Stati Uniti e nel 1936 si piazzò terza?

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