lunedì 30 settembre 2013

Le 4 gionate di Napoli che non ci furono - parte essenziale


di Enzo Erra

Fatti che si sono verificati negli ultimissimi giorni della presenza tedesca a Napoli durante le cosiddette quattro giornate. 

Io ho scritto un libro "Napoli 1943 - le quattro giornate che non ci furono" per confutare la storiografia ufficiale e nessuno ha potuto smentire quello che ho detto.
Neppure l'attuale Assessore alla Cultura del Comune di Napoli che ha scritto di recente un libro sull'argomento ha potuto confutare le mie tesi che si basano soprattutto sul fatto che Kesselring diede l'ordine generale di ritirata da Salerno al Volturno - vale a dire da 30 km a Sud di Napoli a 30 km a Nord di Napoli - il 16 settembre e questo è certissimo e risulta da tutte le fonti. 

Se il 16 viene dato l'ordine di ritirata all'esercito tedesco, com'è possibile "scacciare dalla città a furor di popolo" il 28 e il 29 le forze germaniche?. 
Che cosa avvenne in realtà?
Quei moti iniziarono con atti di lotta fratricida.

Il primo si verifica il 27 sera alla contrada Pagliarone al Vomero Vecchio.
Ecco che cosa avvenne. 
Si sparge la voce che gli americani stanno per arrivare in città ed allora dalla fattoria Pagliarone escono un gruppo di persone che vi si erano nascoste per sfuggire ai bandi del colonnello Scholl emanati il 22 sul servizio obbligatorio del lavoro. 

Escono e prima di rendersi conto che gli americani ancora non sono in città, incontrano un noto fascista, Vincenzo Calvi, lo afferrano, gli tolgono la camicia e a colpi di frusta lo spingono verso la masseria per fucilarlo.
Vi dico questo perché tutta la storia successiva fino a Piazzale Loreto è piena di gente che si arroga il diritto di fucilare cittadini italiani senza averne alcun titolo per farlo e si comincia addirittura il 27 settembre quando non c'era ancora niente: i tedeschi non avevano sparato neanche una fucilata e già quei signori volevano ammazzare un fascista. 
Passa un tedesco in motocicletta, si ferma perché vede questa scena e viene ucciso, al colpo arrivano altri due tedeschi, questa volta con una motocarrozzetta, e vengono anche loro colpiti, ma uno di loro, ferito, riesce a fuggire.
Arriva un grosso pattuglione di tedeschi che spara: gli armati fuggono a terra restano 5 passanti, poi i soldati rastrellano la zona. 

La storia della resistenza, o della cosiddetta resistenza, si svolge tutta così in questa sequenza:
una vile aggressione, un assassinio a tradimento, una reazione tedesca o fascista, i cosiddetti partigiani che scappano, la gente che ci va di mezzo. 

Per questo unico episodio il 27 viene addirittura preso come il primo delle quattro giornate.
Nella motivazione della Medaglia d'oro alla città di Napoli viene così citata.
Poi devono essersi vergognati ed hanno spostato le date dal 28 al I ottobre senza tenere conto che il I ottobre a Napoli c'erano già gli americani e non si capisce contro chi diavolo i "patrioti" si dovevano ribellare. 
Arriviamo al giorno 28.

Sul 28 io posso riferir un ricordo personale: ho attraversato l'intera città dopo aver dormito nella notte tra il 27 e il 28 in quella che viene definita la tana dell'orco, l'albergo Parco, dove era il comando di Scholl.
Non vidi neanche una sentinella davanti alla porta, neppure una. 
La mattina poi attraversai tutta la città fino a Piazza Carlo III senza sentire un solo colpo di fucile. Questo affermo in piena mia scienza. 
Nel pomeriggio poi, quello che successe me lo ha raccontato bene Franco Tilena, figlio di Domenico il quale (aveva forse otto anni) corse a vedere che fine stava per fare il padre nella Federazione che era stata spostata da poco in Via Cimarosa, angolo Via Luigi Sanfelice, perché la sede che era a Via Medina si era dovuta spostare a causa dello sgombro della fascia costiera entro i 300 metri.
Franco Tilena mi ha raccontato che le cose sarebbero cominciate non con un attacco ai tedeschi ma con un attentato con armi da fuoco contro i due militi che erano di guardia davanti alla porta della Federazione.
Uno dei due rimase ucciso: un ragazzo.
Ai colpi di arma da fuoco corsero i tedeschi e quindi ci furono i primi scontri.
A quel punto ci furono ancora numerosi disordini e alcune sparatorie fino alle 18 quando un violento acquazzone investì e disperse i ribelli. 

Su questi fatti ho avuto un dibattito con Max Vajro e Antonio Ghirelli al Circolo della Contea e lì dissi che i guerriglieri erano provvisti di armi ma non di ombrelli e perciò avevano dovuto rimandare la rivoluzione al giorno dopo causa il maltempo, e purtroppo è la verità.

Il giorno 29 poi ci furono una serie di scontri con ultimissime pattuglie tedesche che stavano uscendo dalla città, appunto per raggiungere il grosso sul Volturno: erano circa 150/200 uomini, i guastatori, gli artificieri, i genieri che stavano facendo saltare la centrale elettrica e quella del gas.
Per tutto il 29 ci furono altri scontri, il 30 non ve ne furono affatto. Perché il 30 mattina alle cinque il colonnello Scholl, come un buon comandante, ultimo, usciva dalla città. Dietro di lui non c'era nessuno.

Il 30 la città rimase in mano ad alcuni individui scatenati i quali, come Ciccio Fatica illustra nel suo libro, diedero la caccia al fascista che spesso si difese.
Ribadisco che il giorno 30 ci furono scontri soltanto tra questi pretesi insorti e i fascisti perché i tedeschi non c'erano più.

Quindi questo esordio di "lotta partigiana" comincia con un fratricidio, prosegue con un fratricidio e finisce con una serie di fratricidi.

Tratto da: http://pocobello.blogspot.it/2009/09/le-quattro-giornate-di-napoli-le.html

giovedì 26 settembre 2013

1917 Wilson (Usa) per la guerra



Dichiarazione Balfour di appoggio al Sionismo internazionale

(II Parte) -

Il comitato informale di Sionisti e Mark Sykes come rappresentante del governo britannico, si riunirono il 7 Febbraio 1917 nella casa di Moses Gaster, (A), il Rabbino Capo delle congregazioni Sefardite (spagnole e portoghesi) in Inghilterra.
Gaster aprì la riunione con un’affermazione che mise in rilievo il sostegno Sionista agli interessi strategici britannici in Palestina quale parte integrale in qualsiasi accordo fra di loro. Siccome questi interessi possono essere considerati di importanza vitale per gli statisti inglesi, il sostegno degli scopi Sionisti in loco, disse Gaster, era totalmente giustificato.
Il Sionismo si opponeva in modo irreversibile a qualsiasi proposta di internazionalizzazione, persino a un condominio anglo-francese. (113)
Herbert Samuel seguì con un’espressione di speranza che gli Ebrei in Palestina ricevessero un completo status nazionale che sarebbe stato condiviso dagli Ebrei della Diaspora. La questione del conflitto di nazionalità non fu menzionato e un successivo oratore, Harry Sacher, suggerì che la condivisione non doveva coinvolgere le implicazioni politiche della nazionalità. (114) Weizmann parlò della necessità di immigrazione senza restrizioni. E’ chiaro che il contenuto di ogni discorso fu attentamente preparato prima della riunione.
Sykes evidenziò gli ostacoli: le inevitabili obiezioni russe, l’opposizione degli arabi e forti pressioni della Francia di pretendere tutta la Siria, inclusa la Palestina. (115) Parlarono anche James de Rothschild e Nahum Sokolow, il leader Sionista internazionale.
I. L’incontro terminò con un riassunto degli obiettivi Sionisti:
II. Riconoscimento internazionale del diritto degli Ebrei alla Palestina
III. Status di nazione giuridica per la comunità ebraica in Palestina
IV. La creazione di una Compagnia Mercantile Ebraica in Palestina avente il diritto di acquisire terre
V. Un’amministrazione unica per la Palestina
VI. Status di extra-territorialità per i luoghi santi. (117)
I primi tre punti sono Sionisti, gli ultimi due erano destinati a rabbonire l’Inghilterra e la Russia rispettivamente (118) e probabilmente l’Italia e il Vaticano. Sokolow fu scelto per operare in qualità di rappresentante Sionista per negoziare con Sir Mark Sykes.
Ovviamente i Sionisti stavano coordinando le loro attività a livello internazionale. Lo stesso giorno della riunione di Londra, il Rabbino Stephen Wise negli Stati Uniti scrisse a Brandeis: “ Ho inviato il memorandum sulla nostra questione al Colonnello House e questi risponde dicendo di sperare che il sogno che abbiamo diventi presto realtà “. (118a)
Le notizie che arrivavano in Inghilterra sulla imminente dissoluzione dello stato russo rimossero praticamente la necessità dell’approvazione russa degli obiettivi Sionisti, ma questo rese ancora più urgente l’accettazione da parte francese e italiana. Ad ogni buon conto questo era il principio in cui credevano Sykes, Balfour, Lloyd George e Winston Churchill, i quali, come sostenuto nelle loro successive affermazioni, erano convinti che l’affermato sostegno Alleato agli obiettivi Sionisti avrebbe influenzato in particolar modo gli Stati Uniti. Gli avvenimenti in Russia resero molto più facile la cooperazione di gruppi ebraici con gli Alleati. In un incontro di massa del Marzo 1917 per celebrare la rivoluzione che era appena iniziata , il Rabbino Stephen Wise, che era succeduto a Brandeis come presidente del Comitato Provvisorio Sionista Americano dopo la nomina di Brandeis alla Corte Suprema, disse: “ Credo che tra tutte le conquiste del mio popolo, nessuna è stata più nobile della partecipazione da parte dei figli e delle figlie di Israele al grande movimento che culminò nella liberazione della Russia “ (119)
Trattative per una serie di prestiti ammontanti a 190 milioni di dollari da parte degli Stati Uniti al Governo Provvisorio russo di Alexander Kerensky ebbero inizio su consiglio dell’Ambasciatore americano in Russia, David R. Francis, che scrisse nel suo telegramma al Segretario di Stato Lansing: “ L’aiuto finanziario in questo momento dall’America sarebbe un colpo da maestro. Confidenziale. Smisuratamente importante per gli Ebrei affinché la rivoluzione riesca…” (120)
Il 22 Marzo 1917 Jacob H. Schiff della Kuhn, Loch & Co. scrisse a Mortimer Schiff: “ Dovremmo in un qualche modo essere prudenti per non sembrare ultra-zelanti ma potete telegrafare a Cassel che per via della recente azione della Germania (dichiarazione di guerra sottomarina senza limiti) e degli sviluppi in Russia, non continueremo ad astenerci dal finanziare i Governi Alleati non appena se ne presenti l’occasione “.
Egli inviò anche un telegramma di congratulazioni al Ministro degli Esteri del primo Governo Provvisorio, riferendosi al governo precedente come “ gli spietati persecutori dei miei correligionari “.
Nello stesso mese, Leiber Davidovich Bronstein, alias Leon Trotsky, un immigrato americano nato in Russia, aveva lasciato il Bronx, a New York, per andare in Russia con un manipolo di seguaci, mentre V.I. Ulyanov (Lenin) e una squadra di altri trenta partivano dalla Svizzera per la Russia passando via Germania e Scandinavia. Esistono prove che Schiff e altri finanziatori, come Helphand, sostennero finanziariamente questi rivoluzionari.
Nel Marzo 1917, il Presidente Wilson definì “un piccolo gruppo di uomini cocciuti” i non interventisti che facevano ostruzionismo ad una proposta di legge sostenuta dall’Amministrazione che avrebbe conferito a Wilson i poteri per intraprendere una guerra navale non dichiarata contro la Germania. L’opposizione a Wilson era guidata dai Senatori La Follette e Norris.
Il 5 Aprile, il giorno prima che il Congresso degli Stati Uniti adottasse una risoluzione di guerra, Schiff era stato informato dal Barone Gunzburg dell’effettiva firma dei decreti che toglievano ogni restrizione sugli Ebrei in Russia.
In una sessione speciale del Congresso, il 2 Aprile 1917, il Presidente Wilson fece riferimento alle navi mercantili americane che portavano rifornimenti agli Alleati che erano state affondate nei mesi precedenti dai sottomarini tedeschi (che operavano un contro-blocco in quanto le flotte inglesi e francesi avevano già messo in atto i blocchi navali contro le Potenze Centrali fin dall’inizio della guerra), e poi disse al Congresso che “In Russia nelle ultime settimane erano successe cose meravigliose e incoraggianti”.
Egli richiese una dichiarazione di guerra con una missione:
per la democrazia, perché coloro che sono sottomessi all’autorità abbiano voce in capitolo nei loro governi, per i diritti e le libertà delle piccole nazioni, per un dominio universale del diritto da parte dell’insieme dei popoli liberi in quanto porterà pace e sicurezza a tutte le nazioni e renderà alla fine libero il mondo stesso.
Ad un tale compito noi possiamo dedicare le nostre vite e i nostri avere, ogni cosa che noi siamo e che possediamo, con l’orgoglio di coloro che sanno che è venuto il giorno del privilegio per l’America di versare il proprio sangue e la propria forza per i principi che la fecero nascere e per la felicità e la pace di cui ha fatto tesoro. Dio l’aiuti, essa non può fare altrimenti.
Quella notte folle di persone riempirono le strade, marciando, urlando, cantando “Dixie” oppure “The Star Spangled Banner”. Wilson si rivolse al suo segretario, Tumulty, dicendo: “Pensa un po’, gli applausi! Quello di stasera era un messaggio di morte. Com’è strano che vanga applaudito!”
Così, entro sei mesi dal suggerimento specifico di Malcom a Sykes, gli Stati Uniti d’America, guidati da Woodrow Wilson, erano dalla parte degli Alleati nella Grande Guerra.
Ma Wilson fu guidato dalla neutralità alla guerra da Brandeis?
A Londra, il Ministero della Guerra guidato da Lloyd George, non perse tempo ad impegnare le forze britanniche in primo luogo ad occupare Gerusalemme e in secondo luogo ad espellere completamente i turchi dalla Palestina. L’attacco sull’Egitto, lanciato il 26 Marzo 1917 nel tentativo di prendere Gaza, finì in un fallimento. Alla fine di Aprile fu respinto un secondo attacco su Gaza ed divenne chiaro che su questo fronte non vi erano prospettive di un rapido successo.
Dal Cairo dove si recò nella speranza di seguire l’esercito nell’entrata a Gerusalemme con Weizmann, Sykes telegrafò al Ministero degli Esteri che se il Corpo di Spedizione Egiziano non fosse stato rinforzato, allora sarebbe stato necessario “lasciar perdere tutti i progetti Sionisti… I Sionisti a Londra e negli USA devono essere informati di questo tramite M. Sokolow…” (120a)
Tre settimane dopo Sykes fu informato che i rinforzi sarebbero arrivati da Salonicco. Il Ministero della Guerra decise anche di sostituire il comandante della Spedizione col Generale Allenby.
Sykes era il negoziatore ufficiale per l’intero progetto di assistenza ai Sionisti. Egli ag’ subito dopo l’incontro nella casa di Gaster chiedendo al suo amico M. Picot di incontrare Nahum Sokolow all’Ambasciata francese a Londra nel tentativo di indurre i francesi a dare spazio sulla questione della sovranità britannica in Palestina. (121) A james Malcom fu chiesto di andare da solo a Parigi per allestire un colloquio per Sokolow direttamente col Ministro degli Esteri francese. In precedenza Sokolow era stato incapace di ottenere il sostegno dell’ebraismo francese ad un incontro col Ministro, in quanto gli ebrei più ricchi e più influenti negli Stati Uniti e in Inghilterra, con la nota eccezione dei Rothschilds, che avrebbero potuto organizzare tale incontro, si opponevano alle implicazioni politiche del Sionismo. A Parigi la potente Alliance Israélite Universelle aveva fatto ogni sforzo per dissuaderlo dalla sua missione. (122) Non che i Sionisti non avessero altri sostenitori in Francia che Edmond de Rothschild, (B) ma il Ministero degli Affari Esteri non aveva alcuna ragione di impegolarsene. (123) Ora James Malcolm aprì loro direttamente la porta come aveva fatto a Londra.
La rapina Rothschild-Sykes-Picot
Sykes raggiunse Malcolm e Sokolow a Parigi. Sykes e Malcolm, a parte la considerazione del Sionismo e il futuro appoggio americano alla guerra, erano preoccupati della possibilità di una intesa arabo-ebraico-armena la quale, tramite relazioni amichevoli fra popoli islamici, ebraici e cristiani, avrebbe portato la pace, stabilità ed un nuovo brillante futuro per gli abitanti di quell’area dove Europa, Asia Minore e Africa si incontrano. Sokolow andò avanti sulla strada diplomatica ma in una lettera a Weizmann (20 Aprile 1917) scrisse: “Considero l’idea veramente fantastica. E’ difficile raggiungere un intendimento con gli arabi ma dovremo provarci. Non ci sono conflitti fra Ebrei e Armeni in quanto non ci sono comuni interessi) (C) (124)
Si tennero vari colloqui con Picot, incluso quello del 9 Aprile quando altri funzionari, come Jules Cambon, Segretario generale del Ministero degli Esteri e il Capo di gabinetto del Ministero. Quali assicurazioni furono esattamente date a Sokolow non è dato a conoscere, ma egli scrisse a Weizmann “che in linea di massima accettano il riconoscimento della nazionalità ebraica in termini di focolare nazionale, autonomia locale ecc.” (125) A Brandeis e a Tschlenow telegrafò tramite canali ufficiali francesi: “ Ho piena fiducia che la vittoria Alleata realizzerà le nostre aspirazioni Sioniste sulla Palestina “. (126)
Sokolow si mise in viaggio per Roma e il Vaticano. “ Laggiù, grazie alle conoscenze di Fitzmaurice, da una parte, e all’aiuto del Barone Sidney Sonnino (D), dall’altra, “ furono organizzate velocemente un udienza papale e dei colloqui con importanti funzionari del Ministero degli Esteri. (127)
Quando Sokolow tornò a Parigi, richiese e ricevette una lettera dal Ministero degli Esteri datata 4 Giugno 1917 sostenente la causa Sionista in termini generali. Scrisse rapidamente due telegrammi che diede a M. Picot per il loro invio tramite i canali diplomatici ufficiali. Uno era indirizzato a Louis D. Brandeis negli Stati Uniti. Diceva: “ Adesso potete muovervi. Abbiamo l’assicurazione formale del governo francese “. (E) (128)
“Dopo tanti anni” – scrisse M. Picot – “sono ancora commosso dei ringraziamenti che mi rivolgeva mentre mi dava i due telegrammi…non dico che fu la causa del grande aumento di entusiasmo che si verificò negli Stati Uniti, ma intendo dire che il Giudice Brandeis, al quale era indirizzato questo telegramma, era certamente uno degli elementi che determinava la decisione del Presidente Wilson”. (129)
Ma Wilson aveva dichiarato guerra un mese prima!
E’ naturale che M. Picot volesse credere di aver svolto un ruolo significante nel portare l’America in guerra e quindi contribuire alla vittoria del suo paese. Le prove dimostrano con certezza la sua partecipazione al contributo della vittoria Sionista.
Il loro obiettivo era in vista, ma doveva essere conquistato e mantenuto.
Sebbene gli Stati Uniti fossero ora dei belligeranti, nessuna dichiarazione di sostegno era stata fatta per il programma Sionista in Palestina, ne dall’Inghilterra ne dagli USA, ed alcuni dei più ricchi e potenti ebrei in entrambi i paesi erano contrari.
L’eccezione fra questi ricchi mercanti ebraici era, ovviamente, la Casa dei Rothschild. Da Londra, il 25 Aprile 1917, James de Rothschild telegrafò a Brandeis che Balfour stava venendo negli Stati Uniti e sollecitava che l’ebraismo americano sostenesse “ una Palestina ebraica sotto tutela britannica “ ed esercitare pressioni sul governo affinché lo facesse. Consigliò a Brandeis di incontrare Balfour. (134) L’incontro avvenne ad un pranzo ufficiale alla Casa Bianca. “ Lei è uno degli americani che volevo incontrare “ disse Segretario agli Esteri britannico. (135) Brandeis telegrafò a Louis de Rothschild: “ Ho avuto un colloquio soddisfacente col Sig. Balfour, e anche col Nostro Presidente. Questo non è da pubblicare “. (136)
D’altro canto, una lettera datata 17 Maggio 1917 fu pubblicata sul The Times (Londra) firmata dal Presidente dell’Ufficio dei Delegati Ebraici e dal Presidente dell’Associazione Anglo-Ebraica (Alexander e Montefiore, entrambi uomini ricchi e di spessore) riportante la loro approvazione sull’insediamento ebraico in Palestina come fonte di ispirazione per tutti gli Ebrei, ma aggiungendo che non potevano favorire lo schema politico Sionista. Credevano che gli Ebrei erano una comunità religiosa e si opponevano alla creazione di una “nazionalità secolare ebraica assunta su un oscuro e vago principio di razza e di peculiarità etnologica”.
Essi muovevano obiezione in particolare alla pressione Sionista per una compagnia mercantile ebraica investita di privilegi economici e politici dei quali solo gli Ebrei ne erano partecipi, in quanto ciò era incompatibile con le aspirazioni dell’ebraismo mondiale per eguali diritti ovunque essi vivevano. (137)
Una controversia risultata poi nella stampa britannica, nelle associazioni ebraiche e nei corridoi del governo, fra Ebrei Sionisti e non Sionisti. In tutto ciò, Weizmann aveva veramente poco peso, ma mobilitò la squadra più potente. Il Rabbino-Capo si dissociò dall’affermazione non Sionista ed accusò che la lettera di Alexander e Montefiore non rappresentava le opinioni delle loro oraganizzazioni. (138)
Lord Rothschild scrisse: “Noi Sionisti non vediamo come la creazione di uno Stato Ebraico autonomo sotto l’egida di una delle Potenze Alleate possa essere sovversivo alla lealtà degli Ebrei nei paesi in cui essi ne erano cittadini. Nella lettera da Voi pubblicata viene anche levata la questione di una compagnia mercantile. Noi Sionisti abbiamo sempre ritenuto che se la Palestina deve essere colonizzata dagli Ebrei, bisogna pur mettere in piedi un sistema per ricevere gli immigrati, insediarli sulle terre per svilupparle ed agire in genere come un agenzia di sviluppo. Posso solo sottolineare di nuovo che noi Sionisti non desideriamo privilegi a spese di altre nazionalità ma desideriamo solamente poter decidere dei nostri destini al fianco di altre nazionalità in uno stato autonomo sotto la sovranità di una delle Potenze Alleate” (139)
Questa lettera metteva l’accento sull’aspetto colonialista del Sionismo ma sminuiva la forte dichiarazione statalista di Weizmann. L’entità Sionista in Palestina doveva essere di carattere più organizzativo per la comunità Ebraica.
Weizmann inviò anche questa corrispondenza al Times, forse sentendo che la sua affermazione era stata un po’ troppo forte per un’accettazione da parte progressista. Scrivendo come Presidente della Federazione Sionista Inglese, per prima cosa sostenna che:
“E’ strettamente un dato di fatto che gli Ebrei sono una nazionalità. Una stragrande maggioranza di loro aveva sempre avuto la convinzione di essere una nazionalità, che è stata condivisa dai non Ebrei in tutti i paesi”.
La lettera continuava:
“ I Sionisti non chiedono monopoli in Palestina o esclusivi privilegi, e non chiedono nemmeno che una qualsiasi parte della Palestina venga amministrata da una compagnia mercantile a discapito di altri. E’ sempre stato e rimane un principio cardinale del Sionismo, in quanto movimento democratico, che tutte le razze e le religioni in Palestina debbano godere di completa giustizia e libertà, ed i Sionisti sono fiduciosi che la nuova sovranità, che sperano la Palestina acquisisca come conseguenza della guerra, venga, nell’amministrazione del paese, guidata dallo stesso principio”. (140)
La corsa per avere l’attenzione del pubblico e dell’ebraismo britannico da parte dei Sionisti e degli oppositori ebraici continuava sulla stampa e nelle loro varie riunioni speciali. Un manifesto di solidarietà, con le opinioni di Alexander e Montefiore, fu inviato al The Times il 1° Giugno 1917; e nello stesso mese, a Buffalo nello stato di New York, il Presidente della Convenzione Annuale della Conferenza Centrale dei Rabbini d’America aggiunse la sua enfasi contro il nazionalismo ebraico: “ Non sono qui per litigare col Sionismo. La mia è solo l’intenzione di dichiarare che noi, come rabbini, consacrati al servizio del Signore, non abbiamo posto in un movimento nel quale gli Ebrei fanno causa comune su argomenti nazionali o razziali, e per uno Stato politico o persino per un Focolare legalmente riconosciuto “. (141)
Ma mentre la controversia continuava, i Sionisti si davano molto da fare per produrre una bozza di documento che potesse rappresentare una dichiarazione accettabile per gli Alleati, in particolare Gran Bretagna e Stati Uniti e che sarebbe stata nella natura di un atto istitutivo di status internazionale per i loro obiettivi in Palestina. Ciò fu trattato con la massima priorità in quanto Weizmann credeva che avrebbe rimosso il sostegno proveniente dagli Ebrei non Sionisti (142) e che avrebbe dato sicurezza contro le incertezze inseparabili dalla guerra.
Il 13 Giugno 1917 Weizmann scrisse a Sir Ronald Graham al Ministero degli Esteri che “sarebbe auspicabile da ogni punto di vista che il governo britannico esprimesse la sua simpatia e sostegno alle richieste Sioniste sulla Palestina. Infatti basterebbe solo confermare l’opinione che eminenti membri rappresentativi del governo hanno espresso molte volte nei nostri confronti…” (143)
Ciò fu calcolato per coincidere con una bozza della stessa data di uno dei consiglieri di Balfour nella quale si affermava che l’ora era arrivata “quando potremo aderire ai desideri dei Sionisti e dare loro l’assicurazione che il Governo di Sua Maestà è in linea con le loro aspirazioni”. (144)
A ciò Balfour osservò: “Personalmente, preferirei ancora associare gli USA nel Protettorato, sempre che riusciamo ad assicurarcene l’appoggio”. (145)
 Il carteggio Rothschild-Balfour
I Sionisti dovettero anche contrastare i progetti provvisori britannici e americani di cercare una pace separata con la Turchia. Quando Weizmann, per i Sionisti, insieme a Malcolm, per gli americani, andarono il 10 Giugno al Ministero degli Esteri per protestare contro questo progetto, Weizmann consigliò largamente che i leaders Sionisti in Germania venissero corteggiati dal governo tedesco e affermò, per aumentarne la credibilità, che i contatti con loro venissero presi per il tramite del Dr. Lepsius.
Probabilmente la verità è che l’Esecutivo Sionista di Berlino stava riprendendo i contatti col governo tedesco così da dare un peso alla perorazione delle loro contro controparti a Londra che il rischio della competizione tedesca non poteva non essere presa in esame. Lepsus era in verità un importante religioso evangelico, noto per la sua difesa degli Armeni che a quell’epoca venivano massacrati in Turchia. Quando Leonard Stein esaminò i documenti dell’Esecutivo Berlinese dopo la guerra, il suo nome non si trovava ed il Sig. Lichtheim dell’Esecutivo non aveva alcun ricordo di un qualsiasi approccio da parte di Lepsius. (146)
Negli Stati Uniti, nel Luglio 1917, una missione speciale composta da Henry Morgenthau Sr. Ed il nipote del Giudice Brandeis, Felix Frankfurter, fu incaricata dal Presidente Wilson di recarsi in Turchia, contro la quale gli Stati Uniti non dichiararono guerra, per sondare la possibilità di negoziati di pace fra la Turchia e gli Alleati. In tutto ciò, Wilson poteva essere stato particolarmente motivato dalla sua intenzione di fermare i massacri di cristiani armeni e greci che avevano luogo all’epoca in Turchia e per i quali espresse molta preoccupazione in molte occasioni. Weizmann, comunque, accompagnato dal Sionista francese M. Weyl, e preavvisato, riuscì a raggiungerli a Gibilterra e a convincerli a tornarsene indietro. (147) Durante il 1917 e il 1918 altri cattolici vennero massacrati in Turchia. Se Morgenthau e Frankfurter avessero portato a termine la loro missione con successo, forse tutto ciò si sarebbe potuto evitare.
Questo racconto appare nel libro di William Yale: The Near East: A Modern History (il Vicino Oriente: una storia moderna). Questi era un agente speciale del Dipartimento di Stato nel Vicino Oriente durante la Prima Guerra Mondiale. Quando cenai con lui, il 12 Maggio 1970 all’Hotel Baltimore a New York, gli chiesi se Weizmann gli aveva detto di come la missione speciale era stata fatta fallire. Rispose che Weizmann disse che il Governatore di Gibilterra aveva offerto un banchetto speciale in loro onore, ma alla fine tutti i funzionari britannici si ritirarono discretamente, lasciando i quattro Ebrei da soli. “Allora” – disse Weizmann – “ci pensammo noi”.
La stessa sera mi disse qualcosa che asseriva non aver mai detto a nessun altro e che era nelle sue carte segrete da aprirsi solo dopo la sua morte. In seguito mi scrisse, dopo aver letto The Palestine Diary, dicendo che avrebbe voluto che mi occupassi di quelle carte.
Uno degli incarichi di Yale era di seguire la preferenza di Wilson di avere colloqui privati con personaggi-chiave in grado di influenzare il corso degli eventi. Fece questo con Lloyd George, il Gen. Allenby ed il Col. T.E. Lawrence, ad esempio. Yale disse di avere avuto un colloquio con Weizmann “da qualche parte nel Mediterraneo nel 1919” e gli chiese che cosa potrebbe accadere se i britannici non sostenessero un focolare nazionale per gli Ebrei in Palestina. Weizmann picchiò il pugno sul tavolo facendo sobbalzare le tazze del thè, “ Se non lo faranno” – disse – “ frantumeremo l’Impero Britannico come frantumammo l’Impero Russo”.
Brandeis era a Washington durante l’estate del 1917 e conferiva di volta in volta col Segretario di Stato Robert S. Lansing sui rapporti turco-americani e sul trattamento degli Ebrei in Palestina. (148) Egli si occupò in particolare di bozze di ciò che più tardi divenne la Dichiarazione Balfour e il Mandato Britannico per la Palestina, ottenendo l’approvazione americana per entrambi. (149) Un considerevole numero di bozze furono preparate a Londra e trasmesse negli Stati Uniti tramite i canali del Ministero della Guerra, ad uso del Comitato Politico Sionista Americano. Alcune erano dettagliate ma il governo britannico non voleva impegnarsi oltre ad una generale affermazione di principi.
Il 18 Luglio, tale dichiarazione, approvata negli Stati Uniti, fu spedita da Lord Rothschild a Lord Balfour. Si leggeva quanto segue:
“Il Governo di Sua Maestà, dopo aver considerato gli obiettivi dell’Organizzazione Sionista, accetta il principio di riconoscere la Palestina come Focolare Nazionale (E) del popolo Ebraico ed il diritto del popolo Ebraico di costruire la propria vita nazionale in Palestina sotto un protettorato da stabilirsi alla conclusione di pace a seguito del vittorioso esito di guerra.

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22318





La Dichiarazione Balfour


di: Robert John

La Dichiarazione Balfour potrebbe essere il documento più straordinario mai esibito da un qualsiasi governo nella storia del mondo. Prese la forma di una lettera del Governo di Sua Maestà Britannica Re Giorgio V°, il Governo del più vasto impero che il mondo abbia mai conosciuto, sul quale, una volta, non tramontava mai il sole. Una lettera ad un finanziere internazionale dell’istituto bancario dei Rothschild che era diventato un Pari del Regno.
Arthur Koestler scrisse che nella lettera “una nazione prometteva solennemente ad una seconda nazione il territorio di una terza”. Come se ciò non bastasse, quel territorio era ancora parte dell’Impero di una quarta nazione, cioè la Turchia.
Ecco il testo:
Ministero degli Esteri, 2 Novembre 1917

Egregio Lord Rothschild,
ho il grande piacere di trasmetterLe da parte del Governo di Sua Maestà la seguente dichiarazione di solidarietà con le aspirazioni Ebraico-Sioniste, che è stata sottoposta e approvata dal Governo:
“ Il Governo di Sua Maestà vede favorevolmente la creazione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo Ebraico e si avvarrà del suo impegno per facilitare il raggiungimento di questo obiettivo, restando ben chiaramente sottointeso che niente dovrà pregiudicare i diritti civili e religiosi delle già esistenti comunità non Ebraiche in Palestina o i diritti e lo status politico goduti dagli Ebrei in qualsiasi altro paese”
Sarei grato se voleste portare detta Dichiarazione alla conoscenza della Federazione Sionista.
Sinceramente Vostro
Arthur James Balfour (1)

Fu deciso da Lord Allenby che la “Dichiarazione” non venisse pubblicata in Palestina dove le sue forze erano ancora a sud della linea Gaza-Beersheba. Ciò non fu fatto fin dopo la creazione dell’Amministrazione Civile nel 1920
Allora perché la “Dichiarazione” fu fatta un anno prima della fine di quella che venne chiamata La Grande Guerra?
“Alla gente” fu raccontato all’epoca che essa fu data in cambio di un debito di gratitudine che si riteneva ci fosse nei confronti del leader Sionista (e primo Presidente d’Israele), Chaim Weizman, nato in Russia e immigrato in Inghilterra dalla Germania del quale si diceva che avesse inventato un processo di fermentazione di castagne da trasformare in acetone, difficile da reperire, per la produzione di esplosivi da parte del Ministero degli Armamenti.
Questa creazione della propaganda delle castagne non fu rimossa dalla testa della gente nemmeno dalla breve entrata in scena di un’altra storia che venne ufficialmente usata tra le due guerre.
Quindi archiviamo e seppelliamo per sempre le castagne.
Per sapere dove cercare dobbiamo fare un passo indietro ed esaminare alcune parti del relativo bagaglio storico. Il terreno è vasto e il fango profondo, quindi cercheremo di procedere mettendo in evidenza gli indicatori.


Teodoro Herzl
sul problema ebraico

Il sostegno per un “focolare nazionale” per gli Ebrei in Palestina, da parte del governo del più grande impero del mondo, era in parte un adempimento degli sforzi e delle trame di Theodore Herzl (1860-1904), di discendenza Sefardita (da parte del ricco padre), che aveva pubblicato Der Judenstaat (lo stato ebraico) a Vienna nel 1896. Esso descriveva i fattori che credeva avessero creato un problema ebraico universale e proponeva un programma per regolamentarlo tramite l’esodo di Ebrei infelici e non desiderati verso un territorio autonomo per conto loro in un contesto nazionalsocialista.
Herzl propose la realizzazione di un movimento Sionista che fu fondato a Odessa nel 1881, che si diffuse velocemente in tutte le comunità ebraiche della Russia, e piccole affiliazioni che erano sorte in Germania, Inghilterra e altrove. Sebbene “Sion” si riferiva ad una località geografica, esso funzionò come concezione utopica nei miti dei tradizionalisti, modernisti e Sionisti. Era l’opposto di tutto ciò che veniva rifiutato nella vera e propria situazione ebraica nella “Diaspora”, sia che fosse oppressione o assimilazione.
Nel suo diario Herzl descrive la presentazione delle sue bozze di proposta al Consiglio della Famiglia Rothschild, evidenziando: “ Porto ai Rothschilds e ai grandi Ebrei la loro storica missione. Saluterò tutti gli uomini di buona volontà, dobbiamo essere uniti e schiacciare tutti quelli di cattiva volontà” (2)
Lesse il suo manoscritto “indirizzato ai Rothschilds” ad un amico, Meyer-Cohn, il quale disse: “Finora ho creduto che non fossimo una nazione, ma più di una nazione. Ho creduto che avessimo la storica missione di essere gli interpreti dell’universalismo fra le nazioni e che quindi fossimo più che un popolo identificato con una terra specifica”.
Herzl rispose:
“Niente ci impedirà di essere e rimanere gli interpreti di una umanità unita, quando avremo una nazione per nostro conto. Per adempiere a questa missione non dobbiamo restare letteralmente trapiantati in mezzo alle nazioni che ci odiano e ci disprezzano. Se, nelle circostanze attuali, volessimo determinare l’unità del genere umano senza più confini nazionali, dovremmo allora combattere l’idea del patriottismo. Quest’ultimo, tuttavia, si dimostrerà più forte di noi per molti futuri anni” (2a)

In quell’epoca c’erano un certo numero di gruppi Cattolici e Messianici che aspettavano un “ritorno” ebraico. Uno di questi era il cappellano protestante presso l’Ambasciata Britannica a Vienna che aveva pubblicato nel 1882 il libro: The Restoration of the Jews to Palestine According to the Prophets (la restituzione degli ebrei alla Palestina secondo i profeti). Tramite Lui, Herzl ottenne un colloquio con Gran Duca di Baden e mentre aspettavano di andare al castello per l’appuntamento, Herzl disse al Cappellano Hechler: “quando andrò a Gerusalemme la porterò con me”.
Il Duca prese in considerazione la proposta di Herzl e concordò con la richiesta di Herzl di potervi fare riferimento nei suoi colloquio fuori da Baden. Poi se ne avvalse per aprire la strada verso i livelli più alti del potere.
Tramite intermediari riuscì ad ingraziarsi le simpatie del Sultano di Turchia in seguito agli impegni mirati a ridurre le agitazioni da parte di Comitati Armeni a Londra e Bruxelles che richiedevano riforme alla Turchia e la cessazione dell’oppressione (A) ed iniziò una campagna di stampa per calmare l’opinione pubblica di Londra sulla questione Armena. Ma quando offrì denaro per la Palestina, il Sultano rispose che il suo popolo si era guadagnato l’Impero col sangue ed era di sua proprietà. “Gli Ebrei possono spendere i loro soldi. Quando l’Impero sarà diviso forse potranno avere la Palestina per niente. Ma solo il nostro cadavere può essere diviso ma non lo permetteremo mai da vivi” (2b)

Herzl incontrò il Nunzio Papale a Vienna e promise l’esclusione di Gerusalemme, Betlemme e Nazaret dallo stato ebraico. Inaugurò un giornale Sionista, Die Welt (il mondo) e fu lieto di apprendere dagli Stati Uniti che un gruppo di rabbini guidati dal Dr. Gustave Gottheil erano a favore del movimento Sionista. Tutto questo, e anche di più, in pochi mesi.
Fu Herzl a indire il primo Congresso Sionista a Basilea (Svizzera) il 29-31 Agosto 1897, (B). C’erano 197 “delegati”, alcuni erano ortodossi, altri nazionalisti, liberali, atei, culturalisti, anarchici, socialisti e alcuni capitalisti.
Herlz dichiarò: “Vogliamo porre la prima pietra della casa che ospiterà la nazione ebraica” e “Il Sionismo cerca di ottenere una nazione in Palestina, pubblicamente riconosciuta e legalmente garantita per il popolo ebraic”. E il suo detto anti-assimilazionista che “il Sionismo è un ritorno all’ovile ebraico prima ancora di essere un ritorno alla terra ebraica”, era un espressione in base alla sua esperienza che fu estesa al capitolato ufficiale del Sionismo con lo scopo di “rafforzare il sentimento nazionale Ebraico e la consapevolezza nazionale” (3)

Un'altra figura di spicco che parlò al Congresso fu Max Nordau, un medico e scrittore ebreo ungherese che fece una polemica contro gli Ebrei assimilati. “Per la prima volta il problema ebraico è stato presentato efficacemente davanti ad un pubblico europeo”, scrisse Weizmann. Ma gli Ebrei russi pensavano che Herzl li trattasse con condiscendenza come Askenazi. Ritennero che la sua dignità occidentale non si adattava al loro realismo russo-ebraico; e senza volerlo, non potevano essere di aiuto irritandolo. (4)
In conseguenza al Congresso, il “Protocollo di Base”, chiave di volta del movimento Sionista mondiale, venne approvato come segue:
Il Sionismo si impegna a creare per il popolo ebraico un focolare in Palestina avvalorato dal pubblico diritto. Il Congresso contempla i seguenti mezzi per il raggiungimento dello scopo:
1 – La promozione su basi idonee della colonizzazione della Palestina da parte di operai e agricoltori
2 - L’organizzazione ed il consolidamento dell’insieme dell’Ebraismo tramite appropriate istituzioni, locali ed internazionali, in conformità alle leggi di ciascun paese.
3 – Il rafforzamento e l’incoraggiamento della consapevolezza e del sentimento nazionale ebraico
4 – La preparazione dei presupposti per avere un consenso governativo, dove necessario, per il raggiungimento dello scopo del Sionismo (5)

L’Associazione Britannica Chovevei-Zion declinò un invito di presentarsi al Congresso ed il Comitato Esecutivo dell’Associazione dei Rabbini in Germania protestò dicendo che:
1 – Gli sforzi dei così detti Sionisti per fondare uno stato nazionale ebraico in Palestina contraddicono la promessa messianica del Giudaismo come contenuto nella Sacra Scrittura e nelle successive fonti religiose
2 – Il Giudaismo obbliga i suo adepti a servire con tutta la devozione la Patria alla quale appartengono e a promuovere i suoi interessi nazionali con tutto il loro cuore e la loro forza.
3 – Tuttavia, quei nobili obiettivi indirizzati verso la colonizzazione della Palestina da parte di contadini e agricoltori Ebrei non sono in contraddizione con questi obblighi, in quanto questi non sono affatto in relazione con la fondazione di uno stato nazionale (6)
La vigilia della “Grande Promessa”
Conversando con un delegato al Primo Congresso, Litman Rosenthal, Herzl disse:
“Può darsi che la Turchia si rifiuti di capirci o non sia in grado di farlo. Questo non ci scoraggerà. Cercheremo ogni mezzo per arrivare all’obiettivo. La questione Orientale è ora all’ordine del giorno. Prima o poi porterà ad un conflitto tra le nazioni. Una guerra europea è imminente. La grande guerra europea deve arrivare. Mentre guardo l’orologio attendo questo terribile momento. Dopo la fine della grande guerra europea verrà indetta una Conferenza di Pace. Per quel momento dobbiamo essere pronti. Verremo sicuramente invitati a questa grande conferenza delle nazioni e dobbiamo dimostrare loro l’impellente importanza di una soluzione Sionista alla Questione Ebraica. Dobbiamo dimostrare loro che il problema Orientale e della Palestina è uno solo assieme a quello ebraico, entrambi devono essere risolti insieme. Dobbiamo dimostrare loro che il problema ebraico è un problema mondiale e che un problema mondiale deve essere risolto dal mondo. E la soluzione deve essere il ritorno della Palestina al popolo Ebraico”. (American Jewish News, 7 Marzo 1919)
Alcuni mesi più tardi, in un messaggio durante una conferenza ebraica a Londra, Herzl scrisse: “fin dal primo momento in cui entrai nel Movimento, i miei occhi erano puntati verso l’Inghilterra perché, in base alla generale situazione delle cose in quel paese, vidi il punto Archimedeo dove poter far leva”. Herzl mostrò il suo desiderio di trovare credito in Inghilterra e forse anche il suo rispetto per Londra come il centro della finanza mondiale, creando il Jewish Colonial Trust (fondo d’investimento coloniale ebraico) che sarebbe diventato il principale strumento finanziario del suo Movimento e che sarebbe stato incorporato nel 1899 come un’azienda inglese.
Herzl era instancabile. Offrì al Sultano della Turchia il suo aiuto nel riorganizzare i suoi affari finanziari in cambio di sostegno per l’insediamento ebraico in Palestina (7).
Al Kaiser, che visitò la Palestina nel 1888 e ancora nel 1898, (C), promise il suo sostegno per promuovere gli interessi tedeschi nel Vicino Oriente. Un’offerta simile fu fatta a Re Edoardo VII d’Inghilterra; e promise al Papa di rispettare i luoghi santi del cristianesimo in cambio del sostegno del Vaticano (D). Ma solo dallo Zar ricevette, tramite il Ministro degli Interni, un impegno di “assistenza morale e materiale riguardo alle misure prese dal movimento che avrebbero portato ad una diminuzione della popolazione ebraica in Russia” (8)
Fece un rapporto del suo lavoro al Sesto Congresso Sionista di Basilea il 23 Agosto 1903, ma affermò: “Zion non è e non potrà mai essere. E’ semplicemente un espediente per scopi di colonizzazione, ma, sia ben chiaro, un espediente fondato su una base politica e nazionale” (9)

Quando venne sollecitato sulla colonizzazione ebraica della Palestina, la Sublime Porta Turca (ossia l’Impero Ottomano) offrì un documento di concessione per qualsiasi altro territorio turco (con accettazione da parte dei coloni della cittadinanza ottomana) che Herzl rifiutò (11). Il Governo Inglese, al corrente delle attività di Herzl grazie alla sua presenza di fronte alla Commissione Reale sull’ Immigrazione Straniera, (E) e influenti organi di stampa come il Daily Chronicle e la Pall Mall Gazzette che chiedevano una conferenza delle Potenze per considerare il programma Sionista, (12) aveva curiosamente dimostrato una disponibilità a negoziare circa una colonia ebraica nel territorio egiziano di El-‘Arish sulla frontiera turco-egiziana nella Penisola del Sinai. Ma il Governo Egiziano fece obiezione nel rendere le acque del Nilo disponibile per l’irrigazione; il Governo Turco, tramite il suo Commissario al Cairo, fece obiezione; e l’Agente Britannico al Cairo Lord Cromer, alla fine caldeggiò il rifiuto del progetto (13).

Intanto, di ritorno da una visita nell’Africa Orientale Britannica nella primavera del 1903, il Primo Ministro Joseph Chamberlain propose a Herzl l’idea di un insediamento ebraico in quella che presto sarebbe diventata la Colonia del Kenya, ma in seguito ad un malinteso, Herzl credeva che si intendesse l’Uganda e quindi diventò il “Progetto Uganda”. Della parte della conversazione circa la proposta di El-‘Arish, Herzl scrisse nel suo diario di aver detto a Chamberlain che alla fine raggiungeremo i nostri scopi “non con la buona volontà ma con l’invidia delle Potenze” (14).
Col fallimento della proposta di El-‘Arish, herzl autorizzò la preparazione di una bozza di proposta per l’insediamento in Africa Orientale. Questa venne preparata dall’ufficio legale di Lloyd George, Roberts & Company, su disposizioni del tramite di Herzl presso il Governo Britannico, Leopold Greenberg (15).

Herzl sollecitò l’accettazione del “Progetto Uganda”, favorendolo come un rifugio temporaneo, ma ebbe opposizione da tutte le parti e morì improvvisamente di attacco cardiaco il 3 Luglio 1904. La morte di Herzl sbarazzò i Sionisti di un “alieno”, e fu sostituito da David Wolffsohn (The Litvak) (F). (16)

La “proposta Uganda” divise il movimento Sionista. Coloro che erano a favore formarono l’Organizzazione Territoriale Ebraica, sotto la dirigenza di Israel Zangwill (1864-1926). Per questi territorialisti, la rinuncia a “Zion” non veniva in genere percepita come un sacrificio ideologico; anzi essi sostenevano che l’ubicazione di un focolare nazionale ebraico non doveva essere determinato da pretese mistiche di “legame storico” ma dalle attuali condizioni. (17)
In Turchia, la rivoluzione dei “Giovani Turchi “ (Comitato per l’Unione e il Progresso) del 1908 fu apparentemente un movimento popolare che si opponeva all’influenza straniera. Comunque, Ebrei e cripto-Ebrei, conosciuti come Dunmeh ebbero una parte importante nella Rivoluzione. (19)

I Sionisti aprirono una filiale della Banca Anglo-Palestinese nella capitale turca e la banca divenne il quartier generale della loro attività nell’Impero Ottomano. Victor Jacobson (G) venne portato da Beirut “apparentemente per rappresentare la Compagnia Anglo-Palestinese, in verità per fare della propaganda Sionista fra gli Ebrei turchi” (20). I suoi contatti includevano partiti politici, discussioni con membri arabi del Parlamento di Siria e Palestina e un generico approccio a giovani intellettuali ottomani tramite un giornale stampato dall’ufficio Sionista (21). In Turchia, così come in Germania, “gli Ebrei nativi del posto erano risentiti del tentativo di segregarli in quanto Ebrei e si erano opposti all’intrusione del nazionalismo ebraico nei loro affari locali”. Sebbene vari periodici in lingua francese “fossero sovvenzionati” dall’ufficio Sionista sotto la direzione di Victor Jacobson, (22) (il primo Sionista che aspirava a non essere un leader Sionista ma un diplomatico di “carriera”) e nonostante avesse costruito buone relazioni politiche tramite contatti sociali, “sempre evitando la crudezza dello scontro diretto e aspettando con paziente fare orientale che gli insidiosi frutti della propaganda dessero i suoi risultati” (23), alcuni di coloro che erano impegnati nell’attività, specialmente Vladimir (Zev) Jabotinsky (1880-1940), disperavano del successo fintanto che l’Impero Ottomano controllava la Palestina. Da quel momento essi riposero le loro speranza sul suo crollo (24).
 La forzatura “diplomatica” sionista
Wezmann, nell’ultimo Congresso Sionista pre-bellico, disse “Dopo molti anni di lotta, si impose in noi la convinzione di trovarci davanti ad un muro che ci era impossibile oltrepassare con normali mezzi politici”. Ma la forza della volontà nazionale costruì per se stessa due strade principali verso il suo obiettivo: la graduale estensione e rafforzamento del nostro Yishuv (in ebraico, letteralmente, “insediamento”, un nome generico per i coloni ebrei) in Palestina e la diffusione in lungo e in largo dell’idea Sionista fra l’Ebraismo. (29)
I Turchi facevano quello che potevano per tenere fuori gli Ebrei dalla Palestina. Ma questa barriera la si poteva aggirare di nascosto, in parte grazie alla venalità dei funzionari Turchi, (30) (come discretamente indicato nel rapporto Sionista: “ era sempre possibile girare intorno al singolo funzionario con un piccolo artificio “); (32) e in parte grazie alla diligenza dei consoli Russi in Palestina che proteggevano gli Ebrei Russi evitando loro l’espulsione. (33)

Ma se il Sionismo doveva riuscire nelle sue ambizioni, il governo Ottomano della Palestina doveva finire. L’indipendenza araba poteva essere prevenuta dall’intervento dell’Inghilterra e Francia, Germania o Russia. Gli Ebrei dell’Est odiavano la Russia zarista. Con in essere la Entente Cordiale (intesa cordiale), sarebbe toccato alla Germania o all’Inghilterra, con un leggero vantaggio a favore dell’Inghilterra a potenziale sostegno dell’obiettivo Sionista in Palestina, nonché per quanto riguarda la forza militare. (I). D’altra parte, il Sionismo stava attirando alcuni Ebrei tedeschi e austriaci con importanti interessi finanziari e doveva tenere in considerazione una forte opinione ebraica anti-sionista in Inghilterra.
Ma prima che il Sionismo avesse infine considerato che non avrebbe ottenuto alcuna particolare considerazione in Palestina dalla Turchia, il corrispondente del The Times riuscì a raccontare in un messaggio pubblicato il 14 Aprile 1911, della “violenta ostilità verso l’Inghilterra” dell’organo Sionista Jeune Turc (J) ed “il suo entusiasmo germanofilo” e della propaganda fatta tra gli Ebrei turchi da parte di “agenti Sionisti tedeschi”. Quando la linea politica cambiò, questa impressione in Inghilterra doveva essere cancellata (34). La preoccupazione della maggioranza di ricchi Ebrei inglesi non fu dissipata dagli articoli del Jewish Chronicle, pubblicato da Leopold Greenberg, che evidenziava che nel programma di Basilea non c’era “una sola parola di un qualsiasi stato ebraico autonomo” (35) e nel Die Welt, l’organo ufficiale del Movimento, l’articolo di Nahum Sokolow, l’allora Segretario Generale dell’Organizzazione Sionista, nel quale protestava che non c’era alcuna verità nell’affermazione che il Sionismo puntava alla creazione di uno stato ebraico indipendente. (36). Persino all’11° Congresso nel 1913, Otto Warburg, parlando come presidente dell’Esecutivo Sionista, diede assicurazioni di lealtà alla Turchia, aggiungendo che colonizzando la Palestina e sfruttando le sue risorse, i Sionisti sarebbero un valido contributo al progresso dell’Impero Turco. (37)
Fino alla metà del 1914 l’andamento delle relazioni diplomatiche europee era tranquillo, rispecchiante accordi su questioni coloniali e altre, negoziati con successo. Ma alcuni giornalisti britannici furono accusati dai loro colleghi “di avere deliberatamente iniziato ad avvelenare le relazioni anglo-tedesche e a creare con il loro allarmismo un clima tale nell’opinione pubblica che una guerra fra le due Grandi Potenze fosse “inevitabile” (The Scaremongers: The Advocacy of War and Rearmament 1896-1914), (Gli allarmisti: il sostegno alla guerra e al riarmo 1896-1914), A.J.A. Morris, Routledge & Kegan Paul, 1984.
Furono pagati o fu un puro caso? Ogni diatriba anti-tedesca sui giornali britannici aggiungeva preoccupazione al governo tedesco sul fatto se questo fosse parte di una politica istigata o tollerata da Downing Street. Inoltre, c’erano gruppi in ogni importante paese europeo che vedevano solo nella guerra il mezzo possibile per favorire i loro interessi o contrastare le ambizioni dei loro avversari. Questo è il motivo per il quale l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando, erede legittimo al trono Austro-Ungarico, il 28 Giugno a Sarajevo, incendiò presto l’Europa, un incendio che si propagò in modo naturale attraverso le linee di comunicazione fino a lontani territori coloniali come la Cina.
Al Decimo Congresso Sionista nel 1911, David Wolffsohn, che era successo a Herzl, nel suo discorso presidenziale disse che quello che volevano i Sionisti non era uno stato ebraico ma un focolare, una terra natia, (26) mentre Max Nordau denunciava gli “infami calunniatori” che supponevano che “i Sionisti volessero insinuarsi furtivamente in Turchia per prendersi la Palestina. E’ nostro dovere convincerli (i Turchi) che al mondo non hanno amici più generosi e pieni di abnegazione dei Sionisti” (H) (27).
La timida simpatia che i Giovani Turchi avevano nutrito per il Sionismo fu sostituita dal sospetto man mano che i crescenti disordini nazionali minacciavano l’Impero Ottomano, specialmente nei Balcani. La politica Sionista allora si spostò verso gli arabi, in modo che questi giudicassero il Sionismo come un eventuale contrappeso contro i Turchi. I Sionisti si accorsero presto che la loro accettazione presso gli arabi cresceva man mano che gli arabi rimanevano delusi nelle loro speranze di ottenere concessioni dai Turchi, ma si raffreddò presto quando queste speranze si riaccesero. Gli oltre 60 delegati parlamentari arabi a Costantinopoli (l’attuale Istanbul) e la stampa araba di recente attività alzò un “fuoco tambureggiante di lamentele” contro l’immigrazione ebraica, l’acquisto di terreni e l’insediamento in Palestina. (28)
 Deflagra la Grande Guerra. Il fine segreto? Smembrare l’Impero turco
Il 28 Luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia. La Germania inviò un ultimatum alla Russia minacciando di ostilità se non fossero stati revocati gli ordini per la totale mobilitazione dell’esercito e della marina russi.
Un telegramma datato 29 Luglio 1914 dello Zar Nicola all’Imperatore Guglielmo, con la proposta di affidare la disputa austro-serba al Tribunale dell’Aja, rimase senza risposta. Nel contempo la Germania inviò un messaggio alla Francia chiedendole se essa rimaneva neutrale, ma la Francia che aveva incamerato varie emissioni di buoni delle ferrovie russe assieme ad altri problemi, stava inequivocabilmente dalla parte della Russia. Fra tensione in aumento e violazioni di frontiera, la Germania dichiarò guerra alla Russia e alla Francia.
Il Capo di Stato Maggiore francese, generale Joseph Joffre, era pronto a marciare sul Belgio se i tedeschi ne avessero violato per primi la neutralità (38) la quale era stata garantita dalla Gran Bretagna, Francia, Prussia, Austria e Russia. Le truppe tedesche varcarono la frontiera belga (il 4 Agosto alle ore 8 del mattino) ed il Regno Unito dichiarò guerra alla Germania.

La Prima
Promessa

Lord Kitchener, che era partito da Londra alle ore 11.30 del mattino del 3 Agosto per ritornare in Egitto, appena dopo la partenza fu fermato a Dover e nominato al Ministero della Guerra. (39) Alla prima riunione del Consiglio di Guerra egli avvertì i suoi colleghi di una lunga lotta che non sarebbe stata vinta in mare ma in terra, per la quale la Gran Bretagna doveva organizzare un esercito di milioni di uomini e mantenerli sul campo per vari anni. (40) Quando la difesa dell’Egitto fu discussa alla riunione, Winston Churchill suggerì che il metodo ideale per difendere l’Egitto era di attaccare la penisola di Gallipoli, che, nel caso di successo, avrebbe dato all’Inghilterra in controllo dei Dardanelli. Ma l’operazione era molto difficile e richiedeva grosse forze. Così preferì l’alternativa di un finto attacco a Gallipoli e uno sbarco ad Haifa o in qualsiasi altro punto della costa siriana.
In Turchia il Sultano aveva preso il titolo di Khalif-al-Islam, ossia leader supremo di tutti i Musulmani e vennero inviati emissari presso capi arabi con le istruzione che nel caso la Turchia fosse coinvolta nelle ostilità europee, avrebbero dovuto dichiarare una jihad, cioè una guerra santa musulmana. Una forza fisica e psicologica che Kitchener di Khartoum, il vendicatore della morte del Generale Gordon, comprese molto bene.
Kitchener progettò di giocare la carta della jihad che poteva nuocere alle forze indiano-britanniche e il dominio all’Est promuovendo una rivolta araba con a capo Hussein il quale era stato autorizzato dai turchi di assumere il suo titoloe rdeitario di Sceriffo della Mecca e governatore titolare di Hejaz. Kitchener telegrafò a suo figlio Abdullah, alla Mecca, il 13 Ottobre 1914, dicendo che se la nazione araba avrebbe aiutato l’Inghilterra in questa guerra, l’Inghilterra avrebbe garantito che non ci sarebbe stato alcun intervento interno in Arabia ed avrebbe dato agli arabi ogni assistenza contro aggressioni esterne.
Una serie lettere furono scambiate fra lo Sceriffo Hussein ed il Governo britannico, tramite Sir Henry McMahon, Alto Commissario per l’Egitto, intese per assicurare il sostegno arabo agli inglesi nella Grande Guerra. Una, datata 24 Ottobre 1915, impegnava il Governo di Sua Maestà all’inclusione della Palestina entro i confini dell’indipendenza araba dopo la guerra, ma escludeva l’area conosciuta oggi come Libano. Questo viene chiaramente riconosciuto in un “Memorandum segreto sugli Impegni britannici verso Re Hussein” preparato per il gruppo interno alla Conferenza di Pace nel 1919. (Vedi appendice). Ne trovai una copia nel 1964 fra le carte del Prof. Wm. Westermann che era stato consigliere sugli affari turchi presso la Delegazione Americana alla Conferenza di Pace.

La Seconda
Promessa

In qualità di principale alleato, le richiesta preferenziali della Francia sulla Siria non potevano essere ignorate. Il Ministro degli Esteri britannico, Sir Edward Grey, informò l’Ambasciatore Francese a Londra, Mr. Paul Gambon, il 21 Ottobre 1915, degli scambi di corrispondenza con lo Sceriffo Hussein e suggerì che i due governi arrivassero ad una intesa con il loro alleato russo sui loro futuri interessi nell’Impero Ottomano.
Il Sig. Picot fu nominato rappresentante francese assieme a Sir Mark Sykes, ora Segretario del Gabinetto britannico della Guerra, per definire gli interessi dei loro paesi ed andare in Russia per includere le opinioni di quel paese nel loro accordo.
Nelle successive discussioni segrete col Segretario agli Esteri Sazonov, alla Russia fu concessa l’occupazione di Costantinopoli, entrmabe le sponde del Bosforo e alcuni parti dell’Armenia “turca”. (A). la Francia chiese il Libano e la Siria ad est di Mosul. La Palestina aveva abitanti e luoghi santi di chiese greche, russo-ortodosse e armene e in un primo momento la Russia richiese i diritti in quell’area come sua protettrice. La cosa fu contrastata da Sykes e Picot e la richiesta fu ritirata al punto che la Russia, consultandosi con gli altri Alleati, avrebbe dato la sua partecipazione solamente nel decidere una forma di amministrazione internazionale della Palestina.
L’Accordo Sykes-Picot era incompatibile con le promesse fatte agli Arabi. Quando i turchi diedero a Hussein i dettagli dell’Accordo dopo la Rivoluzione Russa, egli limitò la sua azione ad un ripudio formale.
Come la corrispondenza Hussein-McMahon, l’Accordo del Tripartito non faceva alcuna menzione delle concessioni al Sionismo sul futuro della Palestina, ne tantomeno la menzione della parola “Ebreo”. Comunque oggi è risaputo che prima della partenza di Sykes (B) per Pietrogrado il 27 Febbraio 1916 per incontrare Sazonov, egli venne contattato con una proposta da Herbert Samuel che aveva un seggio al Ministero come Presidente dell’Ente Governativo Locale e che aveva forti simpatie per il Sionismo di Herzl. (41)

Il progetto portato avanti da Samuel era sotto forma di memorandum che Sykes ritenne prudente imparare a memoria e distruggere. Commentandolo, Sykes scrisse a Samuel suggerendo che se il Belgio avesse assunto l’amministrazione della Palestina, sarebbe stato più accettabile per la Francia come alternativa all’amministrazione internazionale che essa voleva ma che i Sionisti non volevano. (42) Dei confini segnati su una mappa allegata al memorandum, scrisse: “ escludendo Hebron e a Est del Giordano c’è poco da discutere con i musulmani in quanto la Moschea di Omar diventerebbe il solo argomento di vitale importanza da discutere con loro ed inoltre eliminerebbe ogni contatto con i beduini i quali non attraversano mai il fiume tranne che per scambi commerciali. Immagino che l’obiettivo principale del Sionismo sia la realizzazione dell’ideale di un centro di nazionalità anziché di confini o di estensione di territorio. Appena ritorno vi farò sapere come stanno le cose “ (43)
Tuttavia, conversando sia con Sykes che con l’ambasciatore francese, Sazonov fece attenzione a non impegnarsi personalmente al riguardo dell’entità dell’interesse russo in Palestina, ma disse chiaramente che la Russia dovrà insistere che non solo i luoghi santi, ma tutte le città e le località nelle quali c’erano edifici religiosi appartenenti alla Chiesa Ortodossa, dovevano essere poste sotto amministrazione internazionale, con una garanzia di libero accesso al Mediterraneo. (44)
La Russia Zarista non avrebbe aderito alla formula Sionista per la Palestina, ma i suoi giorni erano contati.

La Terza
Promessa

Nel 1914 l’ufficio centrale dell’Organizzazione Sionista e la sede della sua direzione, l’Esecutivo Sionista, erano a Berlino. Contava già aderenti nella maggior parte delle comunità ebraiche dell’Est, inclusi tutti i paesi in guerra, sebbene la sua forza principale fosse in Russia e nell’Austria-Ungheria. (45) Alcune importanti istituzioni, come il Jewish Colonial Trust (consorzio coloniale ebraico), la Compagnia Anglo-Palestinese ed il Fondo Nazionale Ebraico, furono incorporate in Inghilterra. Dell’esecutivo, due membri (Otto Warburg (A) e Arthur Hantke) erano cittadini tedeschi, tre (Yechiel Tschlenow, nahum Sokolow e Victor Jacobson) erano russi ed uno (Shmarya Levin) aveva recentemente cambiato la sua nazionalità russa in quello austro-ungarica. I 25 membri del Consiglio Generale includevano 12 dalla Germania e Austria-Ungheria, 7 dalla Russia, Chaim Weizmann e Leopold Kessler dall’Inghilterra e uno dal Belgio, Francia, Olanda e Romania. (46)
Alcuni Sionisti tedeschi di spicco si associarono ad una organizzazione fondata da poco, conosciuta come Komitee fuer den Osten (Comitato per l’Est), i cui scopi erano: “ mettere a disposizione del governo tedesco la particolare conoscenza dei fondatori e le loro relazioni con gli Ebrei dell’Europa Orientale e dell’America in modo da contribuire al rovesciamento della Russia Zarista ed assicurare l’autonomia nazionale degli Ebrei “. (47)
Autorevoli Sionisti al di fuori delle Potenze Centrali furono disturbati dalle attività di tale Comitato per l’Est ed erano preoccupati che il movimento Sionista non venisse compromesso. Il consiglio di Weizmann era di trasferire l’ufficio centrale da Berlino e che la conduzione degli affari Sionisti durante la guerra fosse affidata ad un comitato esecutivo provvisorio per gli affari Sionisti generali negli Stati Uniti.
Ad una conferenza a New York il 30 Agosto 1914, questo comitato fu allestito sotto la direzione di Louis D. Brandeis, assieme al Dr. Richard Gottheil e Jacob de Haas, il Rabbino Stephen Wise e Felix Frankfurter, suoi principali collaboratori. Per Shmarya Levin, il rappresentante dell’Esecutivo Sionista negli Stati Uniti, e il Dr. Judah Magnes, ai quali l’alleanza dell’Inghilterra e della Francia con la Russia pareva “sacrilega”, lo Zarismo russo era il nemico contro il quale dovevano concentrarsi i loro sforzi. (48) Ma il 1° Ottobre 1914 Gottheil, primo Presidente dell’Organizzazione Sionista d’America, scrisse dalla Sezione Lingue Semitiche della Columbia University, a Brandeis a Boston accludendo un memorandum su ciò che l’organizzazione pianificava di richiedere dai belligeranti per quanto riguarda gli Ebrei russi:
“ Dobbiamo essere pronti a lavorare sotto i governi di qualunque Potenza e sarei grato di avere un vostro parere circa questo memorandum e di sapere se questi può essere soggetto alla vostra approvazione. Riconosco che non avrei dovuto presentarlo senza prima consultarvi, ma le esigenze della situazione richiedevano un azione immediata. Dovremmo essere totalmente pronti ad approfittare di qualsiasi occasione venga offerta “. (49)
In un discorso il 9 Novembre, quattro giorni dopo la dichiarazione di guerra della Gran Bretagna alla Turchia, il Primo Ministro Asquith disse che la tradizionale politica orientale era stata abbandonata e che lo smembramento dell’Impero Turco era diventato un obiettivo di guerra. Egli dichiarò: “ E’ il Governo Ottomano e non noi ad avere suonato le campane a morto del dominio Ottomano non solo in Europa ma anche in Asia “. (50) Alla dichiarazione fece seguito una discussione sull’argomento ad una riunione di Gabinetto al mattino presto dello stesso giorno, alla quale sappiamo, dalle memorie di Herbert Samuel, che Lloyd George, che era stato in carica come consigliere legale dai Sionisti alcuni anni prima, (51) “ si riferì al definitivo destino della Palestina “. In un discorso con Samuel dopo la riunione, Lloyd George gli assicurò “ di essere molto entusiasta di vedere uno stato Ebraico stabilirsi in Palestina “.
Nello stesso giorno Samuel sviluppò maggiormente la posizione Sionista in un colloquio col Segretario agli Esteri Sir Edward Grey. Egli parlò delle aspirazioni Sioniste per la creazione in Palestina di uno stato Ebraico e dell’importanza della sua posizione geografica per l’Impero Britannico. Tale stato, disse, “non potrà essere grande abbastanza da difendersi “ e quindi sarebbe importante che fosse, per costituzione, neutrale. Grey chiese se la Siria nel suo insieme doveva andare necessariamente con la Palestina e Samuel rispose che questo non solo non era necessario ma anche sconsigliabile poiché avrebbe portato con sé una grossa popolazione araba inassimilabile. Disse che sarebbe stato meglio se il resto della Siria fosse annesso alla Francia in quanto, per uno paese come la Siria sarebbe molto meglio avere una Potenza Europea come vicino anziché i Turchi. (52)
Nel Gennaio 1915, Samuel presentò un memorandum Sionista sulla Palestina dopo vari colloqui con Weizmann e Lloyd George. Esso conteneva argomenti favorevoli all’annessione britannica della Palestina col sostegno britannico alle aspirazioni Sioniste, e terminava con la contrarietà a qualsiasi altra soluzione. (53) Samuel lo fece circolare tra i suoi colleghi nel Governo. Lloyd George era già un “sostenitore” Sionista; Lord Haldane, al quale Weizmann ebbe accesso, scrisse esprimendo un interesse amichevole; (54) il Marchese di Crewe, sebbene esprimesse privatamente simpatie Sioniste, probabilmente non espresse alcun parere nel Governo circa il memorandum. (55) Il Sionismo aveva una forte attrazione sentimentale per Grey (56) ma i suoi colleghi, incluso suo cugino Edwin Montagu, non gli diede un grande appoggio. Il Primo Ministro Asquith scrisse: “ Ammetto di non essere attirato dalla proposta che si aggiunge alle nostre responsabilità, ma si tratta di una curiosa illustrazione della massima preferita da Dissy (?) che la razza è tutto da trovare questo scoppio quasi entusiasmante proveniente dal cervello metodico e bene ordinato di H.S. “ (57)
Dopo altri colloqui con Lloyd George e Grey, (58) Samuel fece circolare nel Governo un testo revisionato alla metà di Marzo del 1915.
Non è dato a sapere se il memorandum fu preso formalmente in considerazione dal Governo, ma Asquith scrisse nel suo diario il 13 Marzo 1915 del “memorandum ditirambico” del quale Lloyd George era “l’unico altro sostenitore”. (59) Di sicuro, a quell’epoca, le richieste e le aspirazioni sioniste erano secondarie rispetto alla politica britannica verso la Russia a gli Arabi.
La Gran Bretagna, la Francia e la Germania davano molta importanza all’atteggiamento dell’Ebraismo nei loro confronti perché per la guerra erano necessari soldi e credito. Gli istituti bancari internazionali dei Fratelli Lazard, Eugene Mayer, J & W Seligman, Speyer Brothers e M.M. Warburg, portavano tutti avanti importanti operazioni negli Stati Uniti, come facevano i Rothschild tramite l’istituto bancario di New York di Kuhn, Loeb & Co. (B) Indipendentemente dalla loro benevolenza, i 3 milioni di voti della comunità ebraica americana erano importanti sul tema dell’intervento o del non intervento di quel paese nella guerra e sulle forniture militari. La grande maggioranza rappresentava un terzo degli Ebrei dell’Est Europa, inclusa la Russia, che avevano lasciato le loro terre per venire in America fra il 1880 e il 1914. Molti detestavano la Russia Zarista e desideravano vederla distrutta. Di questi Ebrei non più di 12.000 erano membri iscritti all’Organizzazione Sionista. (60)
La benevolenza dell’Ebraismo, ed in particolare degli Ebrei d’America, fu giudicata da ambo le parti nella guerra essere molto importante. Gli Ebrei dell’Europa Orientale, che erano una volta poveri, raggiunsero una posizione di dominio nell’industria dell’abbigliamento a New York ed erano diventati un’importante forza politica. Nel 1914 inviarono un socialista nato in Russia al Congresso degli Stati Uniti. Crearono dozzine di periodici Yiddish; patrocinavano numerosi teatri e sale musicali Yiddish; i loro figli e figlie riempivano i licei metropolitani e le università. (61)
Dall’inizio della guerra, all’Ambasciatore tedesco a Washington, Conte Bernstorff, fu assegnato, da parte del Comitato per l’Est, un consigliere sugli affari ebraici (Isaac Straus); e quando il capo dell’Agenzia Sionista a Costantinopoli si rivolse, nell’inverno del 1914, all’Ambasciata tedesca perché facesse il possibile per allentare la pressione sugli Ebrei in Palestina, un simile appello fu inoltrato a Berlino da Bernstorff (62). Nel Novembre del 1914, quindi, l’Ambasciata tedesca a Costantinopoli ricevette istruzioni di suggerire che i Turchi approvassero la riapertura della Banca della Compagnia Anglo-Palestinese, una istituzione-chiave Sionista. In Dicembre l’Ambasciata fece delle rimostranze che evitarono una pianificata deportazione di massa di Ebrei di nazionalità russa. (63) Nel Febbraio 1915 l’influenza tedesca permise di salvare un certo numero di Ebrei in Palestina dalla prigione o dall’espulsione e “una dozzina o venti volte” i tedeschi intervennero presso i turchi, su richiesta dell’ufficio Sionista in Turchia, “salvando e proteggendo così lo Yishuv “ (insediamento) (65) Le rimostranze tedesche rafforzarono quelle dell’Ambasciatore americano in Turchia (Henry Morgenthau). © (66) Inoltre, sia i consolati tedeschi in Palestina, sia il capo della missione militare tedesca del posto esercitarono spesso la loro influenza per conto degli Ebrei. (67)
Il rispetto tedesco per la benevolenza ebraica consentì all’Agenzia Sionista di Costantinopoli, a partire dal Dicembre 1914, di avvalersi del servizio di corriere diplomatico tedesco e del codice telegrafico per comunicare con Berlino e la Palestina. (68)

 Pressioni su Berlino
Il 5 Giugno 1915 Victor Jacobson fu ricevuto al Ministero degli Esteri tedesco dal Sottosegretario di Stato (von Zimmerman) ed iniziarono così relgolari contatti fra l’Esecutivo Sionista di Berlino (Warburg, Hantke e Jacobson) ed il Ministero degli Esteri tedesco. (69)
I propagandisti Sionisti in Germania elaborarono e divulgarono l’idea che la Turchia poteva diventare un satellite tedesco e che il suo Impero in Asia si era ampiamente aperto all’iniziativa tedesca; il sostegno per un “ritorno della vita ebraica in Palestina” avrebbe rappresentato un bastione di influenza tedesca in quella parte del mondo. (70) A ciò seguì l’invito del Ministero degli Esteri tedesco di notificare ai consoli tedeschi in Palestina l’interesse amichevole del Governo tedesco per il Sionismo. Questa linea fu appoggiata da von Neurath (D) quando Berlino gli chiese la sua opinione in Ottobre, e nel Novembre del 1915, il testo di tale documento fu concordato e fu fatto circolare dopo l’approvazione del Cancelliere tedesco (Bethmann-Hollweg). Fu stilato prudentemente e in modo vago per non provocare la suscettibilità turca, affermando ai consoli in Palestina che il governo tedesco vedeva favorevolmente le “attività ebraiche mirate a promuovere il progresso economico e culturale degli Ebrei in Turchia ed anche l’immigrazione e l’insediamento di ebrei provenienti da altri paesi” (71)
I Sionisti sentivano che era stato fatto un passo importante verso un fermo impegno tedesco nei confronti dei loro obiettivi, ma quando l’Esecutivo Sionista di Berlino sollecitò una pubblica promessa di simpatia e di sostegno, il Governo disse loro di aspettare fino alla fine della guerra, quando una Germania vittoriosa avrebbe dimostrato la sua benevolenza. (72)
Quando i leaders Sionisti in Germania incontrarono Jemal Pasha, grazie agli auspici del Ministero degli Esteri, durante la sua visita a Berlino nell’estate del 1917, fu loro detto che la esistente popolazione ebraica sarebbe stata trattata correttamente ma che non sarebbe stato consentito l’ingresso ad altri immigrati Ebrei. Gli Ebrei potevano stabilirsi ovunque ma non in Palestina. Jemal Pasha dichiarò che il governo turco non voleva nuovi problemi di nazionalità ne tantomeno era disposto a fare da antagonista agli Arabi Palestinesi, “che formavano la maggioranza della popolazione e erano all’unisono oppositori del Sionismo”. (73)
Alcune settimane dopo il colloquio, la pressione dei Sionisti di Berlino fu ulteriormente indebolita dalla scoperta da parte del controspionaggio turco di un’organizzazione spionistica Sionista che operava per la sezione di controspionaggio del Generale Allenby, un certo Aaron Aaronssohn. “ non c’è da stupirsi che i tedeschi tentassero, sulla base dei loro vantaggi, di indietreggiare dall’impegnarsi ad una dichiarazione pro-Sionista “. (74)
Fu di buon auspicio per il Sionismo che gli Ebrei americani, nel loro insieme, non mostrarono entusiasmo per la causa Alleata, scrisse Stein, segretario politico dell’Organizzazione Sionista dal 1920 al 1929, “ Se fossero stati per tutto il tempo amici affidabili, non ci sarebbe stato bisogno di prestare loro alcuna particolare attenzione “ (75)
Nel 1914 il governo francese aveva sponsorizzato una visita negli Stati Uniti del Prof. Sylvain Levy e del Gran Rabbino di Francia con lo scopo di influenzare l’opinione ebraica a loro favore, ma senza successo. Un anno dopo, cercò di replicare a rapporti scomodi provenienti dalla sua ambasciata di Washington circa le simpatie degli Ebrei americani (76) inviando un ebreo di origine ungherese (Prof. Victor Basch) negli Stati Uniti nel Novembre 1915. (77)
Apparentemente egli rappresentava il Ministero della Pubblica Istruzione, ma la sua vera missione era di influenzare gli Ebrei americani tramite il contatto con i loro leaders. (78) Sebbene provvisto di un messaggio per l’ebraismo americano da parte del Primo Ministro Briand, incontrò un ostacolo insuperabile: l’alleanza russa. “ Per la Russia c’è odio universale e diffidenza. Ci viene rimproverata una cosa sola, la persecuzione degli Ebrei russi che noi tolleriamo, una tolleranza che ci rende complici. E’ certo che qualsiasi misura a favore dell’emancipazione ebraica equivarrebbe ad una grande battaglia persa dalla Germania “. (79) Basch dovette comunicare al Presidente francese Poincare il fallimento della missione. (80)
Mentre Basch veniva mandato negli Stati Uniti, il governo francese approvava la creazione di un “ Comitato di propaganda francese presso gli Ebrei neutrali “ e Jacques Bigart, il Segretario dell’Alleanza Israelita, accettò la segreteria del Comitato. Bigart suggerì a Lucien Wolf, del Comitato Ebraico Estero Congiunto di Londra, di creare anche in loco un comitato simile. Wolf consultò il Ministero degli Esteri e fu invitato da Lord Robert Cecil a presentare un’esposizione delle sue opinioni. (81)
Nel Dicembre 1915 Wolf presentò un memorandum nel quale analizzava le caratteristiche della popolazione ebraica degli Stati Uniti e arrivò alla conclusione che “ la situazione, sebbene insoddisfacente, è lontana dall’essere non promettente”. Seppur smentendo il Sionismo, egli scrisse che in America, le organizzazioni Sioniste hanno di recente conquistato l’opinione ebraica. Se venisse fatta una dichiarazione di sostegno con le loro aspirazioni, ritengo che trasformerebbero l’intero ebraismo americano in una entusiasta fedeltà alla loro causa “ (82)
Agli inizi del 1916 un altro memorandum fu presentato al Ministero degli Esteri britannico come comunicazione formale da parte del Comitato Estero Ebraico Congiunto. Esso affermava che “ i Comitati di Londra (Congiunto) e di Parigi creati per influenzare l’opinione ebraica nei paesi neutrali in modo favorevole agli Alleati “ avevano concordato di fare le loro osservazioni ai loro rispettivi governi. Per prima cosa il governo russo doveva venire sollecitato ad alleggerire la posizione dei loro Ebrei dando immediate concessioni per l’autonomia culturale e nazionale. In secondo luogo, “ in considerazione della grande forza organizzata dei Sionisti negli Stati Uniti “, (infatti dei tre milioni di Ebrei negli USA, meno di 12.000 si erano iscritti nelle file Sioniste nel 1913), (83) le Potenze Alleate dovevano assicurare agli Ebrei le strutture in Palestina per l’immigrazione e la colonizzazione, il locale auto-governo per i coloni Ebrei, la creazione di una università ebraica ed il riconoscimento dell’ebraico come uno dei dialetti del territorio, nel caso della loro vittoria. (84)
Il 9 Marzo 1916 i Sionisti furono informati dal Ministero degli Esteri che “la formula da voi suggerita sta ricevendo l’attenta e dovuta attenzione di Sir Edward Grey, ma è necessario che il Governo di Sua Maestà consulti i propri Alleati sul tema “. (85) Un memorandum confidenziale fu di conseguenza inviato al Ministro russo per gli Affari Esteri a Pietrogrado, per verificare il suo parere, sebbene la sua paternità, vedendo che Asquith era ancora Primo Ministro, “rimane da accertarsi”. (86)
Nelle righe del Trattato Sykes-Picot
Non fu data alcuna risposta diretta, ma in una nota indirizzata agli ambasciatori britannico e francese quattro giorni dopo, Sazonov , per non obiettare all’insediamento di coloni ebraici in Palestina, approvava elusivamente, chiedendo garanzie per la Chiesa Ortodossa e il suo sistema. (87)
Di queste proposte non arrivò niente. Il 4 Luglio il Ministero degli Esteri informò il Comitato Congiunto che un annuncio ufficiale a sostegno era inopportuno. (88) Il tutto va considerato sulla base dell’Accordo Sykes-Picot che si stava negoziando e il perfezionamento effettivo del Carteggio Hussein-McMahon entro il 10 Marzo 1916, con la speranza che una rivolta araba e altre misure possano portare vicina la vittoria.
Ma il 1916 fu un anno disastroso per gli Alleati. “ Nella storia della guerra “ – scrisse Lloyd George – “ la fine del 1916 trovò le fortune degli Alleati al loro punto più basso . nelle offensive sul fronte occidentale avevamo perso 3 uomini per ogni 2 tedeschi. Oltre 300.000 truppe britanniche erano immobilizzate per mancanza di iniziativa o di equipaggiamento o a causa dei turchi in Egitto ed in Mesopotamia, e per la stessa ragione quasi 400.000 soldati Alleati si trovavano per vari motivi internati nelle pianure malariche attorno a Salonicco. (89)
Il sistema di arruolamento volontario fu abolito e fu introdotto un esercito a reclutamento di massa su scala continentale, un qualcosa che non era mai capitato prima nella storia britannica. (E) (90) L’attività dei sottomarini tedeschi nell’Atlantico era formidabile; quasi 1,5 milioni di tonnellate di navi mercantili erano state affondate nel solo 1916. Per quanto riguarda il finanziamento della guerra, gli Alleati all’inizio avevano utilizzato i grossi debiti americani in Europa per pagare le forniture di guerra, ma nel 1916 le risorse di J.P. Morgan and Company, gli agenti acquirenti e finanziari degli Alleati negli Stati Uniti, si diceva fossero quasi esaurite in seguito alla continua richiesta di crediti americani da parte Alleata. (91) Ci fu una ribellione in Irlanda. Lord Robert Cecil affermò al governo inglese: “ La Francia è a breve distanza dal collasso. Il panorama politico in Italia è in pericolo. Le sue finanze traballano. In Russia c’è un grande sconforto. Essa è stata spesso sull’orlo della rivoluzione. Anche il suo potenziale umano ha raggiunto i limiti “. (94)
Il Segretario di Stato Kitchener era deceduto, annegato quando l’incrociatore Hampshire affondò il 5 Giugno 1916 al largo delle isole Orkneys mentre si stava recando ad Arcangelo e a Pietrogrado per stroncare sul nascere la rivoluzione. Egli aveva una conoscenza del Medio Oriente migliore di chiunque altro al governo. Le circostanze suggeriscono spionaggio e tradimento. Walter Page, l’ambasciatore americano a Londra, scrisse nel suo diario: “ C’era una speranza e la sensazione che Lord Kitchener non sarebbe più tornato….da quanto rilevo “.
C’era una situazione di stallo su tutti i fronti. In Inghilterra, Francia e Germania, era difficile trovare una famiglia con tutti i suoi figli ancora in vita. Ma il pubblico britannico, francese o tedesco, non avevano il diritto di conoscere il numero dei morti e dei feriti. Tramite una censura giornalistica di guerra, anche al pubblico americano non era consentito di sapere la verità.
I dati che sono noti sono una sequenza di orrori. (E)
In queste circostanze, una tradizione europea di pace negoziata in simili conseguenze belliche, avrebbe portato la pace alla fine del 1916 o agli inizi del 1917.
In questo cupo inverno del 1916 faceva l’apparizione un nuovo personaggio. Era James Malcolm, (F), un armeno educato a Oxford (G) che, all’inizio del 1916, con l’approvazione dei governi britannico e russo, era stato nominato dal Patriarca Armeno membro della Delegazione Nazionale Armena per prendersi a carico gli interessi armeni durante e dopo la guerra. In questa veste ufficiale e in qualità di consigliere del governo britannico sugli affari orientali, (95), ebbe frequenti contatti con l’Ufficio del Ministero, il Ministero degli Esteri, il Ministero della Guerra e con le ambasciate francese e degli altri paesi Alleati a Londra, facendo visite a Parigi per consultazioni con i suoi colleghi e importanti funzionari francesi. Egli era spassionatamente per una vittoria Alleata che sperava avrebbe garantito la libertà nazionale degli armeni a quel tempo sotto il dominio turco e russo.
Sir Mark Sykes, con il quale aveva rapporti a livello di amicizia di famiglia, gli disse che il Ministero guardava con entusiasmo ad un intervento nella guerra degli Stati Uniti al fianco degli Alleati, ma quando chiese a quale punto si era su questo argomento, Sykes scosse cupamente il capo, dicendo: “Assai poco!”
James Malcolm suggeriva a Mark Sykes che la ragione per la quale le precedenti aperture all’ebraismo americano per sostenere gli Alleati non avevano ricevuto l’attenzione necessaria, era perché l’approccio era stato fatto nei confronti della gente sbagliata. Era agli gli Ebrei Sionisti che i governi britannico e francese dovevano rivolgere i loro abboccamenti.
“ State andando nella direzione sbagliata “, disse il Sig. Malcolm. “ Potete accattivarvi ovunque la simpatia di certi ebrei politicamente orientati, ed in particolare negli Stati Uniti, in un solo modo, e cioè offrendo la certezza della Palestina per loro “. (96)
Ciò che ora pesava veramente tanto per Sykes erano i termini dell’Accordo segreto Sykes-Picot. Egli disse a Malcolm che offrire la garanzia della Palestina per gli Ebrei era impossibile. Malcolm insistette che non c’era altro modo e sollecitò una discussione al Ministero. Uno o due giorni dopo, Sykes gli disse che la cosa era stata riferita a Lord Milner che chiese ulteriori delucidazioni. Malcolm mise in evidenza l’influenza del Giudice Brandeis della Corte Suprema Americana e delle sue forti simpatie Sioniste. (97)
Negli Stati Uniti, il consigliere del Presidente, Louis D. Brandeis, un importante sostenitore del Sionismo, era stato insediato come giudice ausiliare della Corte Suprema il 5 Giugno 1916. Che Wilson fosse vulnerabile era evidente, in quanto, già agli inizi del 1911, aveva reso noto il suo sentito interesse per l’idea Sionista e l’Ebraismo. (98)
Malcolm descrisse Wilson di essere “legato a Brandeis da legami di particolare durezza”, un celato riferimento alla storia che Wilson era stato ricattato per 40.000 Dollari a causa di alcune lettere d’amore spinte che avrebbe scritto alla moglie del suo vicino quando era Presidente di Princeton. Egli non aveva i soldi e l’intermediario, Samuel Untermeyer, dell’ufficio legale di Guggenheim, Untermeyer & Marshall, disse che vi avrebbe provveduto se Wilson avesse nominato alla Corte Suprema, alla prima occasione, una persona scelta dal Sig. Untermeyer. Il denaro fu pagato, le lettere restituite e Brandeis ebbe la nomina.
Wilson aveva scritto al Senato, dove l’opposizione a Brandeis era forte: “ l’ho conosciuto. L’ho esaminato chiedendogli il suo parere su alcune delle più difficili e perplesse questioni pubbliche sulle quali mi era necessario dare un giudizio “. Quando Brandeis fu approvato dal Senato, Wilson scrisse a Henry Morgenthau: “ non ho mai firmato un incarico con tanta soddisfazione “. “ Sollievo “sarebbe stata forse la parola più idonea.
Il fatto che l’approvazione di Brandeis da parte del Comitato di Giustizia del Senato fosse stata data “dopo udienze di una lunghezza senza precedenti” (99) non era importante.
Brandeis aveva l’ascolto del Presidente, era formalmente coinvolto nel Dipartimento di Stato. (100) Questo fu lo sviluppo significativo, disse Malcolm, che obbligò ad un nuovo approccio verso i Sionisti offrendo loro le chiavi della Palestina.
L’Ambasciatore britannico a negli Stati Uniti (Sir cecil Spring-Rice) aveva scritto da Washington nel Gennaio 1914 che “ una delegazione venne da New York e in due giorni fece il punto con le due Camere così che il Presidente dovette rinunciare all’idea di fare un nuovo accordo con la Russia “. (101) Nel Novembre 1914 aveva scritto al Segretario britannico per gli Affari Esteri in merito ai banchieri ebrei tedeschi che stavano protraendo i crediti al governo tedesco e che si stavano impossessando dei principali giornali di New York, “portandoli il più possibile dalla parte tedesca e impegnandosi, come una solida falange, a ottenere la nostra distruzione”. (102)
Questo sentimento anti-russo era parte di una forte preoccupazione per il benessere degli ebrei russi e polacchi. Brandeis scrisse a suo fratello da Washington l’8 Dicembre 1914: “ Forse non puoi nemmeno immaginare le orribili sofferenze degli Ebrei in Polonia e paesi limitrofi. Questi cambi di controllo dall’antisemitismo tedesco a quello polacco e russo stanno portando delle sofferenze tali che gli Ebrei non avevano mai sofferto durante tutti i loro esili “ (H) (103)
In un discorso alla Duma russa il 9 Febbraio 1915 (27 Gennaio secondo il calendario gregoriano), il Ministro degli Esteri Sazonov negò i racconti calunniatori che, disse lui, furono fatti circolare dalla Germania, racconti di presunti pogroms (persecuzioni) contro gli Ebrei e omicidi in massa di Ebrei da parte degli eserciti russi. “ Se la popolazione ebraica ha sofferto nella zona di guerra, la circostanza purtroppo era inevitabilmente legata alla guerra stessa e alle stesse condizioni patite in egual misura da tutte le genti che vivevano all’interno della regione di attività militari “. Aggiunse, rigettandoli, racconti di sofferenze nelle aree di azione militare tedesca in Polonia, Belgio e Serbia. (104).
Degno di nota il fatto che il presidente del Comitato Ebraico Americano non-Sionista rispose ad un appello da parte del gruppo Brandeis che tutti gli Ebrei americani dovevano organizzarsi per evidenziare gli obiettivi Sionisti in Palestina davanti alle Grandi Potenze in qualsiasi trattativa durante o alla fine della guerra, dissociando la sua comunità dal suggerimento che agli Ebrei di altre nazionalità fosse garantito uno statuto speciale. Disse che: “ il solo pensiero della massa degli Ebrei d’America aventi voce in capitolo nel decidere il benessere degli Ebrei nel mondo, lo faceva rabbrividire dall’orrore “ (107)

 Lloyd George premier, Balfour agli Esteri

Il nuovo approccio verso il movimento Sionista da parte di Mark Sykes, con James Malcolm, come interlocutore preliminare, si trasformò in una serie di incontri nella casa di Londra di Chaim Weizmann, con la conoscenza e l’approvazione del Segretario del Ministero della Guerra, Sir Maurice Hankey.
Un programma per una Nuova Amministrazione della Palestina in Conformità alle Aspirazioni del Movimento Sionista fu emesso dal Comitato Politico Britannico dell’Organizzazione Sionista nell’Ottobre 1916 e sottoposto al Ministero degli Esteri britannico come base di discussione in modo da dare un aspetto ufficiale ai colloqui privati in casa informali. Esso includeva quanto segue:
1 – La Compagnia di Concessione Ebraica ha il potere di esercitare il diritto di prelazione sulla Corona e altre terre e acquisire per il suo proprio utilizzo tutte o alcune concessioni che possono essere date in qualsiasi momento da governi sovrani.
2 – L’attuale popolazione, essendo troppo piccola, troppo povera e troppo poca preparata per fare rapidi progressi, richiede l’introduzione di un nuovo elemento progressivo nella popolazione. (Ma i diritti delle nazionalità minoritario dovevano essere tutelati).
Altri punti erano: 3) riconoscimento a parte della nazionalità ebraica in Palestina; 4)partecipazione della popolazione ebraica in Palestina all’autogoverno locale; 5) autonomia ebraica in affari di esclusiva natura ebraica; 6) riconoscimento e legalizzazione ufficiale delle esistenti istituzioni ebraiche per la colonizzazione della Palestina. (108)