domenica 31 marzo 2013

Favoritismi legali



Oggi piove e, essendo meteopata, non sono di buon'umore.
Mi sono messo a lavorare su alcuni schemi in materia di diritto del lavoro e sono venute fuori alcune cosette che non hanno rialzato il mio umore...
Così mi è venuta la voglia di far passare il buon'umore anche a voi!
Dunque, lo sapevate che...
- Che molti sindacalisti e politici hanno potuto farsi accreditare anni e anni di "lavoro" soltanto con una dichiarazione dei loro "datori  di lavoro" (i sindacati ed i partiti)???
No, non lo sapevate? beh, in allegato 1 c'è una norma di legge ad hoc tutta per loro...
- Che i sindacati ed i partiti, in caso di licenziamento illegittimo, non sono soggetti all'obbligo di reintegrazione???
No, non lo sapevate? beh, in allegato 2 c'è una norma di legge ad hoc tutta per loro...
- Che i sindacati, non sono associazioni con personalità giuridica, perchè non hanno mai accettato le condizioni previste dalla Costituzione, per essere registrati????
No, non lo sapevate? beh, in allegato 3, c'è la norma COSTITUZIONALE che lo prevedeva... 
- Che i sindacati hanno un patrimonio immobiliare mai censito e sul quale non hanno mai pagato ICI e non si sa se pagano l'IMU?
No, non lo sapevate? beh, in allegato 4 c'è una norma di legge ad hoc tutta per loro...
E POI SI MERAVIGLIANO SE GRILLO PRENDE IL 30% DEI VOTI!!!!!
(NELLE SUE SPARATE CE N'E' ANCHE PER I SINDACATI.....)


Allegati
Allegato 1

Legge 11 giugno 1974, n. 252 (in Gazz. Uff., 8 luglio, n. 177). - Regolarizzazione della posizione assicurativa dei dipendenti dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di tutela e rappresentanza della cooperazione.
(Legge MOSCA)
Art. 1.
I periodi di lavoro o di attività politico-sindacale antecedenti alla data di entrata in vigore della presente legge, prestati alle dipendenze dei partiti politici rappresentati in Parlamento, delle organizzazioni sindacali, degli istituti di patronato e di assistenza sociale e delle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo riconosciute con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, possono essere regolarizzati nella assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e superstiti e nell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria e nell'assicurazione contro la tubercolosi, secondo le norme stabilite dalla presente legge.
A detta regolarizzazione si procede, sempreché trattisi di attività lavorativa retribuita e prestata con carattere di continuità e prevalenza, e i periodi interessati non risultino già coperti da contribuzione obbligatoria, figurativa o volontaria nella medesima assicurazione generale ovvero in forme di previdenza sostitutive o che abbiano dato luogo ad esclusione od esonero dall'assicurazione medesima o in altro trattamento obbligatorio di previdenza in virtù della stessa o di altra contemporanea attività lavorativa.
Il versamento dei contributi a regolarizzazione dei periodi arretrati secondo le norme della presente legge è possibile, a seconda dei casi, a partire dalla data dell'8 settembre 1943, o, se successiva, dalla data di liberazione delle singole province, o dalla data della ricostituzione nelle stesse dei partiti politici suddetti, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni nazionali in rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, o dalla data dei decreti ministeriali di riconoscimento giuridico degli istituti di patronato e di assistenza sociale, sino alla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 2.
La domanda di regolarizzazione assicurativa deve essere presentata dagli organi centrali di partiti, organizzazioni sindacali, patronati e associazioni del movimento cooperativo di cui al precedente articolo 1 alla direzione generale dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, entro il termine perentorio di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
La domanda deve essere corredata da una dichiarazione rilasciata dagli stessi organi sotto la loro responsabilità, attestante il periodo di servizio o di incarico di lavoro o di attività politico-sindacale cui la regolarizzazione si riferisce, nonché la qualifica lavorativa rivestita dall'interessato nel periodo stesso e la retribuzione percepita, indicando il contratto collettivo di lavoro cui si sia fatto riferimento o le tabelle retributive in vigore nei singoli periodi presso le rispettive organizzazioni.
La domanda può altresì essere presentata nel medesimo termine direttamente dall'interessato o dai suoi superstiti se il lavoratore è deceduto anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge ovvero entro il biennio immediatamente successivo.
La domanda deve essere corredata da idonea documentazione comprovante la esistenza e la durata del rapporto di lavoro nonché la qualifica e la misura della retribuzione percepita nei singoli periodi (1).
(1) Termini prorogati al 31 maggio 1977 dall'art. unico, l. 12 gennaio 1977, n. 4 e ulteriormente prorogati di novanta giorni dall'art. unico, l. 19 dicembre 1979, n. 648.
Art. 3.
È istituita presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale una commissione centrale con il compito di esaminare le dichiarazioni di cui al precedente articolo 2 e di esprimere parere vincolante all'Istituto nazionale della previdenza sociale sull'idoneità delle medesime ai fini della regolarizzazione assicurativa di cui alla presente legge. A tale scopo è in facoltà della commissione sentire i soggetti di cui al primo comma dell'articolo 1, gli interessati o i loro aventi causa.
La commissione è presieduta dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale o da un suo rappresentante.
Della stessa fanno parte due rappresentanti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, uno del Ministero del tesoro ed uno dell'Istituto nazione della previdenza sociale ed un rappresentante per ogni confederazione sindacale a carattere nazionale dei lavoratori dipendenti, designato dalle organizzazioni sindacali rappresentate nel CNEL (1).
I componenti della commissione sono nominati con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
(1) Comma così sostituito dall'art. unico, l. 12 gennaio 1977, n. 4.
Art. 4.
La regolarizzazione assicurativa, per i periodi anteriori al 1° maggio 1964, è effettuata mediante il versamento all'Istituto nazionale della previdenza sociale dei contributi base delle assicurazioni generali obbligatorie per l'invalidità, la vecchiaia e superstiti.
Tali contributi sono calcolati, per i periodi anteriori al 30 aprile 1952, sul valore massimo di quelli all'epoca vigenti e, per i periodi successivi, in relazione alla classe di contribuzione corrispondente alla retribuzione indicata nella dichiarazione di cui all'articolo 2.
Per i periodi successivi al 30 aprile 1964, ancorché prescritti, sono dovuti i contributi base e a percentuale per le assicurazioni generali obbligatorie per l'invalidità, vecchiaia e superstiti nonché, secondo quanto stabilito dal successivo articolo 6, per le assicurazioni contro la disoccupazione involontaria e contro la tubercolosi e per l'E.N.A.O.L.I.
I contributi di cui ai precedenti commi sono maggiorati degli interessi legali calcolati al tasso del 5 per cento annuo e sono portati a conguaglio delle somme già versate per contributi e relativi interessi legali dai partiti ed organizzazioni di cui all'articolo 1 della presente legge, in relazione a norme di legge e a convenzioni in materia intercorse con l'Istituto nazionale della previdenza sociale che provvederà al rimborso delle eventuali eccedenze.
Per i periodi successivi al 1° maggio 1964, ove la retribuzione dichiarata ai sensi del precedente articolo 2 risulti comunque superiore ai livelli indicati dai contratti collettivi di riferimento o dalle tabelle retributive di cui allo stesso articolo 2, la regolarizzazione per la parte eccedente tali livelli retributivi è effettuata secondo le ordinarie norme di legge.
Art. 5.
I contributi versati ai sensi della presente legge sono validi a tutti gli effetti e si considerano versati alla data della domanda di regolarizzazione, sempreché il relativo versamento intervenga entro il termine di novanta giorni dalla richiesta dell'Istituto nazionale della previdenza sociale.
Il periodo intercorrente fra la data terminale del periodo regolarizzato e la data di presentazione della domanda di regolarizzazione è escluso dal computo del quinquennio per l'accertamento dei requisiti contributivi per il diritto alla pensione per invalidità e per i superstiti e per l'ammissione al versamento dei contributi volontari.
Art. 6.
I contributi dovuti per le assicurazioni contro la disoccupazione involontaria e contro la tubercolosi sono dovuti limitatamente agli ultimi due anni del periodo regolarizzato secondo le precedenti norme.
In tal caso la norma contenuta nel secondo comma del precedente articolo 5 ha efficacia anche ai fini del diritto alle prestazioni a carico delle assicurazioni di cui al precedente comma.
Art. 7.
I soggetti di cui al primo comma del precedente articolo 1, per i periodi antecedenti alla data di entrata in vigore della presente legge, sono esonerati dal pagamento dei contributi dovuti alla Cassa unica assegni familiari, nel caso in cui abbiano provveduto ad assicurare al personale dipendente un trattamento per carichi di famiglia non inferiore, per ogni singolo periodo, a quello previsto per gli assegni familiari.
Dalla data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti di cui al precedente comma che non assicurino al personale trattamenti per carichi di famiglia come sopra previsto sono tenuti all'applicazione delle norme sugli assegni familiari di cui al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, e successive modificazioni e integrazioni, nei confronti di tutto il personale e sull'intero territorio nazionale.
L'importo degli assegni familiari da corrispondersi e del contributo da versare è fissato, in deroga a quanto previsto al sopra richiamato decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, nella misura prevista per le aziende esercenti attività di natura commerciale e i professionisti e artisti.
Restano a carico dei soggetti di cui al primo comma le eventuali differenze tra gli importi dei trattamenti per carichi di famiglia corrisposti e la misura degli assegni familiari, dovuti e non prescritti.
Art.8
I termini di cui all'articolo 5 della legge 2 aprile 1958, n. 331, sono prorogati per 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge (1).
(1) Termini prorogati al 31 maggio 1977 dall'art. unico, l. 12 gennaio 1977, n. 4 e ulteriormente prorogati di novanta giorni dall'art. unico, l. 19 dicembre 1979, n. 648.
Art.9


Decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 31 ottobre, n. 256). - Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 39, della l. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di contribuzione figurativa e di copertura assicurativa per periodi non coperti da contribuzione (Legge Treu) (1).
(1) In riferimento al presente decreto vedi: Circolare Inps 23 maggio 2012 n. 72.
(Omissis).
CAPO I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONTRIBUZIONE FIGURATIVA
Art.3
Art. 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e senza pregiudizio per le situazioni in atto, i provvedimenti di collocamento in aspettativa non retribuita dei lavoratori chiamati a ricoprire funzioni pubbliche elettive o cariche sindacali sono efficaci, ai fini dell'accreditamento della contribuzione figurativa ai sensi dell'art. 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300, se assunti con atto scritto e per i lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali dopo che sia decorso il periodo di prova previsto dai contratti collettivi e comunque un periodo non inferiore a sei mesi. (1)
2. Le cariche sindacali di cui al secondo comma dell'art. 31 della citata legge n. 300 del 1970, sono quelle previste dalle norme statuarie e formalmente attribuite per lo svolgimento di funzioni rappresentative e dirigenziali a livello nazionale, regionale e provinciale o di comprensorio, anche in qualità di componenti di organi collegiali dell'organizzazione sindacale.
3. La domanda di accredito figurativo presso la gestione previdenziale interessata deve essere presentata per ogni anno solare o per frazione di esso entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello nel corso del quale abbia avuto inizio o si sia protratta l'aspettativa a pena di decadenza. Per l'accredito dei periodi di aspettativa precedenti l'anno di entrata in vigore del presente decreto, la domanda deve essere presentata, a pena di decadenza, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso. (2)
4. Le retribuzioni figurative accreditabili ai sensi dell'art. 8, ottavo comma, della legge 23 aprile 1981, n. 155, sono quelle previste dai contratti collettivi di lavoro della categoria e non comprendono emolumenti collegati alla effettiva prestazione dell'attività lavorativa o condizionati ad una determinata produttività o risultato di lavoro né incrementi o avanzamenti che non siano legati alla sola maturazione dell'anzianità di servizio.
5. A decorrere dal mese successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto può essere versata, facoltativamente, una contribuzione aggiuntiva sull'eventuale differenza tra le somme corrisposte per lo svolgimento dell'attività sindacale ai lavoratori collocati in aspettativa ai sensi dell'art. 31 della citata legge n. 300 del 1970 e la retribuzione di riferimento per il calcolo del contributo figurativo di cui all'art. 8, ottavo comma, della citata legge n. 155 del 1981. La facoltà può essere esercitata dalla organizzazione sindacale, previa richiesta di autorizzazione al fondo o regime pensionistico di appartenenza del lavoratore. Il contributo aggiuntivo va versato entro lo stesso termine previsto per la domanda di accredito figurativo di cui al comma 3 ed è pari all'aliquota di finanziamento del regime pensionistico a cui il lavoratore è iscritto ed è riferito alla differenza tra le somme corrisposte dall'organizzazione sindacale e la retribuzione figurativa accreditata.
6. La facoltà di cui al comma 5 può essere esercitata negli stessi termini e con le stesse modalità ivi previste per gli emolumenti e le indennità corrisposti dall'organizzazione sindacale ai lavoratori collocati in distacco sindacale con diritto alla retribuzione erogata dal proprio datore di lavoro.
7. Nel caso in cui l'aspettativa fruita presso il sindacato non risulti conforme a quanto previsto ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 31 della citata legge n. 300 del 1970, ove le organizzazioni sindacali tenute ad assolvere gli obblighi previdenziali e assistenziali provvedano ad effettuare le relative regolarizzazioni contributive entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i contributi saranno gravati dei soli interessi calcolati al tasso legale. Ai fini delle predette regolarizzazioni si applica il termine di prescrizione di cui all'art. 3, comma 9, lettera a), della legge 8 agosto 1995, n. 335.
7-bis. Le disposizioni di cui al comma 7 si applicano anche agli amministratori degli enti locali territoriali e ai componenti dei consigli regionali; gli enti locali territoriali e le regioni possono provvedere a loro carico (3).
8. Gli oneri corrispondenti alla contribuzione figurativa di cui all'art. 31 della citata legge n. 300 del 1970 gravanti sui fondi pensionistici amministrati dall'INPS, determinati nella misura pari all'aliquota di computo del 33 per cento del valore retributivo stabilito dal presente decreto, sono addebitati alla rispettiva gestione previdenziale.
9. I lavoratori iscritti ai fondi esclusivi dell'assicurazione generale obbligatoria hanno diritto alla contribuzione figurativa per i periodi non retribuiti di aspettativa per cariche sindacali o funzioni pubbliche elettive di cui all'art. 31 della citata legge n. 300 del 1970 (4).
10. L'onere di cui al comma 9 è posto a carico della relativa gestione previdenziale (5) .
(1) Ai sensi dell'art. 8-bis, d.l. 23 novembre 2001, n. 411, conv., con modificazioni, in l. 31 dicembre 2001, n. 463, i soggetti di cui al presente comma, che non hanno presentato la domanda di accredito della contribuzione figurativa per i periodi anteriori al 1° gennaio 2001 secondo le modalità previste dall'articolo 3, comma 3, presente articolo, possono esercitare tale facoltà entro il 31 marzo 2002.
(2) Il termine ivi previsto è stato prorogato inderogabilmente al 30 settembre 1998, dall'art. 3, d.lg. 29 giugno 1998, n. 278.
(3) Comma aggiunto dall'art. 26, l. 3 agosto 1999, n. 265.
(4) Vedi l'articolo 44 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269.
(5) Vedi l'articolo 1, comma 239, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.


Allegato 2

Legge 11 maggio 1990, n. 108 (in Gazz. Uff., 11 maggio, n. 108). - Disciplina dei licenziamenti individuali.
Articolo 4
Area di non applicazione.
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, le disposizioni degli articoli 1 e 2 non trovano applicazione nei rapporti disciplinati dalla legge 2 aprile 1958, n. 339. La disciplina di cui all'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'articolo 1 della presente legge, non trova applicazione nei confronti dei datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto (1) . 


Allegato 3

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA 27 dicembre 1947 (in Gazz. Uff. 27 dicembre 1947, n. 298, ed. straordinaria).
Articolo 39
Art. 39.
L'organizzazione sindacale è libera.
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.
É condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce. 

Allegato 4

Legge 18 novembre 1977, n. 902 (in Gazz. Uff., 17 dicembre, n. 343). - Attribuzione dei patrimoni residui delle disciolte organizzazioni sindacali fasciste.
(Omissis).
Art.1
Art. 1.
I patrimoni residui delle organizzazioni fasciste dei lavoratori e dei datori di lavoro, soppresse con decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 369, sono attribuiti in proprietà, ciascuno nella misura del 93 per cento, alle confederazioni sindacali dei lavoratori dipendenti indicate al punto A dell'allegata tabella ed alle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi costituite per lo stesso settore ed indicate al punto B della detta tabella.
Per la determinazione dei valori patrimoniali si fa riferimento alle stime effettuate dagli uffici tecnici erariali alla data del 31 dicembre 1976.
Art.2
Art. 2.
Il rimanente 7 per cento dei patrimoni indicati nell'articolo precedente è attribuito in proprietà alle altre confederazioni ed associazioni nazionali dei lavoratori e dei datori di lavoro, costituite al 1° gennaio 1974 e che siano maggiormente rappresentative tenuto conto: della consistenza numerica dei soggetti rappresentati; dell'ampiezza e diffusione delle strutture organizzative; della loro partecipazione alla formazione e stipulazione dei contratti collettivi di lavoro; della loro effettiva partecipazione alla trattazione delle controversie individuali, plurime e collettive di lavoro.
Art.3
Art. 3.
Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge le associazioni di cui agli articoli che precedono e che intendono partecipare alla ripartizione dei patrimoni appartenenti ai corrispondenti settori delle disciolte confederazioni fasciste ne danno comunicazione scritta al Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
Entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al precedente comma viene accertata, con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, la sussistenza, nelle associazioni di cui all'articolo 2, dei requisiti indicati nello stesso articolo.
Art.4
Art. 4.
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'ufficio stralcio costituito ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 1° dicembre 1947, n. 1611, è tenuto a trasmettere al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale un progetto di divisione di ciascun patrimonio - corredato dagli inventari e dalla descrizione della situazione patrimoniale con i corrispettivi valori - contenente la separata ripartizione in due masse rispettivamente del 93 per cento e 7 per cento dei patrimoni delle disciolte confederazioni dei datori di lavoro e del complesso dei patrimoni conglobati tra di loro delle disciolte confederazioni dei lavoratori.
Il patrimonio del fondo ECO (Ente case operai) è conglobato con il patrimonio della soppressa confederazione degli industriali. Il patrimonio della soppressa confederazione generale del lavoro, della tecnica e delle arti è conglobato con i patrimoni delle soppresse confederazioni dei lavoratori.
Con provvedimento del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale è disposta, entro il termine di giorni novanta, l'anzidetta ripartizione dei patrimoni, che viene comunicata alle associazioni interessate unitamente agli inventari ed alla descrizione della situazione patrimoniale.
Art.5
Art. 5.
Le confederazioni sindacali dei lavoratori dipendenti indicate nel punto A) della tabella di cui all'articolo 1 e le associazioni sindacali individuate ai sensi dell'articolo 3, procedono separatamente alla stipulazione di accordi unici sulla ripartizione dei beni compresi nella massa loro spettante indicata con il provvedimento di cui all'articolo 4.
Le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi costituite per il medesimo settore indicate nel punto B) della tabella, di cui all'articolo 1, procedono alla stipulazione di accordi sulla ripartizione dei beni compresi nella massa loro spettante indicata con il provvedimento di cui all'articolo 4.
Le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori dipendenti ed autonomi, costituite per il medesimo settore e individuate ai sensi del secondo comma dell'articolo 3, procedono anch'esse alla stipulazione di accordi sulla ripartizione dei beni compresi nella massa loro spettante indicata con il provvedimento previsto all'articolo 4.
Art.6
Art. 6.
Gli accordi di cui all'articolo precedente attuano direttamente il trasferimento della proprietà dei beni e costituiscono titolo per la relativa trascrizione.
Art.7
Art. 7.
Qualora entro il termine di centoventi giorni dalla comunicazione prevista all'ultimo comma dell'articolo 4 non vengano raggiunti gli accordi indicati nell'articolo 5 nei successivi sessanta giorni è nominato, con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, il collegio arbitrale composto di sette membri designati dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro dei quali uno con funzioni di presidente.
Il collegio provvede alla ripartizione dei beni in conformità delle disposizioni della presente legge e con l'osservanza di quanto previsto negli articoli 816 e seguenti del codice di procedura civile.
Art.8
Art. 8.
In ogni caso di mancata accettazione dei beni, entro il termine perentorio di giorni novanta dalla data di attribuzione dei beni conseguente alla ripartizione di cui all'articolo precedente, gli stessi vanno ad accrescere proporzionalmente le quote attribuite per i vari settori alle confederazioni ed associazioni interessate.
Art.9
Art. 9.
Le associazioni, alle quali sono attribuiti beni delle disciolte confederazioni, succedono, in ragione delle quote loro conferite, nelle situazioni attive e passive, relative ai beni stessi ed in ogni altra situazione comunque derivante dalla gestione e dalla liquidazione dei patrimoni delle disciolte organizzazioni sindacali fasciste.
Art.10
Art. 10.
L'ufficio stralcio provvede alle operazioni di trasferimento dei beni e dei documenti relativi e, quindi, alla presentazione, entro il termine di centottanta giorni dalla data dell'accordo di cui all'articolo 5 o del lodo arbitrale di cui all'articolo 7, del rendiconto al Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
L'ufficio stralcio provvede altresì al versamento dell'ammontare delle indennità di anzianità spettanti al personale fino alla data della soppressione dell'ufficio stesso in apposito conto corrente aperto presso la tesoreria centrale, intestato al Ministero del lavoro e della previdenza sociale e denominato "Fondo per le indennità di anzianità per il personale dell'ufficio stralcio delle soppresse organizzazioni sindacali fasciste".
Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, accertata l'avvenuta esecuzione di tutti gli adempimenti, dispone, con proprio decreto, la soppressione dell'ufficio stralcio.
Art.11
Art. 11.
I trasferimenti di proprietà derivanti dalla presente legge sono esenti dal pagamento di qualsiasi tassa o imposta senza che per le operazioni relative sia dovuto alcun diritto, rimborso o emolumento a qualsiasi titolo.
Art.12
Art. 12.
Il personale in servizio presso l'ufficio stralcio alla data della sua soppressione viene assegnato alle strutture pubbliche, secondo le norme e le procedure e di cui all'articolo 2 della legge 20 marzo 1975, n. 70.
Art.13
Art. 13.
Il rilascio dei certificati relativi al servizio prestato dagli ex dipendenti delle soppresse confederazioni sindacali, già effettuato dall'ufficio stralcio, è affidato al Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Al medesimo sono trasferiti gli archivi dell'ufficio stralcio.
Art.14
Art. 14.
La devoluzione in proprietà del palazzo sito in Roma via Sicilia, 59, già appartenente alla disciolta confederazione dei professionisti e degli artisti di cui all'articolo 1 della legge 13 marzo 1958, n. 234, è estesa agli enti e casse nazionali di assistenza e previdenza degli artisti legalmente riconosciuti alla data del 1° gennaio 1974.
I legali rappresentanti degli enti di cui al comma precedente o i loro delegati fanno parte del comitato di cui all'articolo 2 della legge 13 marzo 1958, n. 234.
All.1
Allegato unico.
TABELLA CONTENENTE L'ELENCO DELLE ASSOCIAZIONI SINDACALI DEI LAVORATORI E DEI DATORI DI LAVORO ATTRIBUTARIE, AI SENSI DELL'ART. 1,
DEI RESIDUI PATRIMONI APPARTENENTI ALLE DISCIOLTE CONFEDERAZIONI
SINDACALI FASCISTE
A) Associazioni sindacali dei lavoratori
Confederazione generale italiana del lavoro - CGIL;
Confederazione italiana sindacati lavoratori - CISL;
Unione italiana del lavoro - UIL;
Confederazione italiana sindacati nazionali lavoratori CISNAL;
Confederazione italiana dirigenti d'azienda - CIDA.
B) Associazioni sindacali dei datori di lavoro delle cooperative e dei lavoratori autonomi
Settore industria:
Confederazione generale dell'industria italiana;
Associazione sindacale INTERSIND;
Associazione sindacale aziende petrolchimiche e collegate a partecipazione statale - ASAP;
Confederazione generale del traffico e dei trasporti - CONFETRA;
Confederazione italiana armatori liberi - CONFITARMA;
Confederazione italiana servizi pubblici enti locali - CISPEL;
Federazione italiana editori giornali - FIEG;
Confederazione generale italiana dell'artigianato;
Confederazione nazionale dell'artigianato;
Confederazione cooperative italiane;
Lega nazionale cooperative e mutue;
Associazione generale cooperative italiane.
Settore agricoltura:
Confederazione generale dell'agricoltura italiana;
Confederazione nazionale coltivatori diretti;
Alleanza nazionale contadini;
Confederazione cooperative italiane;
Lega nazionale cooperative e mutue;
Associazione generale cooperative italiane.
Settore commercio:
Confederazione generale italiana del commercio e del turismo;
Confederazione cooperative italiane;
Lega nazionale cooperative e mutue;
Associazione generale cooperative italiane.
Settore credito ed assicurazione:
Associazione sindacale fra le aziende di credito - ASSICREDITO;
Associazione fra le Casse di risparmio italiane - ACRI;
Associazione nazionale imprese assicuratrici - ANIA;
Confederazione cooperative italiane;
Lega nazionale cooperative e mutue;
Associazione generale cooperative italiane.




venerdì 29 marzo 2013

Nicola Bombacci e la socializzazione



Maurizio Barozzi (31 gennaio 2013)




GENOVA: comizio di "Nicolino" Bombacci
15 marzo 1945


Genova, 15 marzo 1945, siamo quasi all'epilogo di una guerra spietata e criminale imposta all'Europa dalle grandi plutocrazie occidentali.
Tanti, anche nelle fine del fascismo pensano a come salvarsi, qualcuno persino a come riciclarsi e comunque nessuno si fa più illusioni, la guerra è inevitabilmente perduta e le conseguenze nazionali e personali saranno gravissime.
Il 12 febbraio dell'anno precedente, il 1944, erano stati varati i primi decreti Legge sulla Socializzazione delle imprese: una riforma rivoluzionaria per il mondo del lavoro, ma anche per tutta l'economia nazionale la quale, accompagnandosi con altre riforme come quella sul libero mercato azionario, sul mercato immobiliare e della casa, sui delicati settori primari del vestiario e dell'alimentazione, e soprattutto alla legislazione Corporativa e alle Leggi sullo Stato sociale, veniva a instaurare l'unica forma di socialismo possibile: quella "dentro" la Nazione e preservando comunque l'iniziativa e la proprietà privata (senza le quali si "uccide" lo sviluppo e si sconfina nel supercapitalismo di stato), ma subordinandole agli interessi dello Stato e inquadrandole in un ottica di giustizia sociale. L'esatto contrario dello Stato liberista.
Purtroppo l'attuazione della Socializzazione finì per insabbiarsi a causa delle necessità belliche, ma soprattutto a causa di un triplice boicottaggio: in primis quello degli industriali che, ovviamente, non volevano spartire la direzione delle Aziende con il mondo del lavoro, nè tantomeno ripartire gli utili. Questi pescecani, che sono magari disposti a farlo come "elargizioni", fuori busta, elemosina, ma mai come atto dovuto di giustizia sociale, presero ad appoggiarsi e a giocare su due sporchi tavoli per boicottare la socializzazione: i tedeschi e i comunisti.
I tedeschi, infatti, secondo elemento del boicottaggio, ragionavano esclusivamente in termini di economia di guerra e quindi erano unicamente interessati a quel poco di produzione militare e paramilitare che l'industria italiana poteva garantirgli: ergo, se gli industriali gli assicuravano che questa socializzazione era una complicazione alla produzione, i tedeschi gli davano ascolto.
Terzo elemento di boicottaggio della socializzazione furono i comunisti. Presenti clandestinamente nelle fabbriche tra i rappresentanti sindacali, i comunisti boicottarono con tutte le loro forze quella riforma che, ideologicamente, li spazzava letteralmente via dal mondo del lavoro. Era veramente la fine della marxiana lotta di classe, ma questa volta non in virtù di una pace sociale in qualche modo imposta alle categorie produttive, ma per una ricomposizione sociale, ideologica e pratica che rendeva inutili e assurde le rivendicazioni di classe.
Fu così che i comunisti passarono la parola d'ordine di boicottare tutte le elezioni dei delegati dei lavoratori nel complesso socializzato. E, salvo alcune aziende, dove le elezioni si tennero con ampia partecipazione, nel complesso ci riuscirono, con l'approvazione padronale e praticamente riuscirono a far agire i lavoratori contro i loro interessi, aiutati dalla paura, dal terrore, che incutevano, forti delle prospettive che ci sarebbero state con la fine di una guerra oramai scontata nel suo esito.
Le sinistre completarono poi l'opera a guerra finita quando, accogliendo le richieste Alleate, abolirono tutte le Leggi sulla socializzazione.
In cambio gli furono concesse svariate opere del Regime, sedi e locali di altissimo valore dove si installarono i sindacati, organismi vari e quant'altro, e per abbindolare e tacitare la classe operaia, gli vennero concesse legittimazioni di rappresentanze sindacali e qualche gratifica.
Insomma un immondo baratto: in cambio di immobili e piatti di lenticchie per i lavoratori, la grande riforma socialista e rivoluzionaria venne abrogata, per sempre. Gli Agnelli, i Valletta, i Falk, gli Edison, e tutti gli altri industriali della Confindustria, che anche sotto il fascismo si erano abbondantemente arricchiti, ringraziarono.
Ma torniamo a quel 15 marzo 1945 ed esattamente in piazza De Ferrari a Genova, dove un eccellente e genuino oratore, che era stato socialista, poi tra i fondatori del comunismo nel 1921 ed aveva conosciuto Lenin anche nelle ore pericolose della rivoluzione bolscevica, cioè il romagnolo Nicola Bombacci, classe 1879, un tempo chiamato il Lenin di Romagna, arringò una enorme folla che, più che altro, fu individuata negli operai delle industrie navali liguri e delle fabbriche siderurgiche e meccaniche di Sampierdarena, di Cornigliano, di Sestri Ponente, di Pegli e di Voltri, nonché della Valbisagno e della Valpolcevera.
Nicola Bombacci, come ricostruito da Bruno de Padova (http://www.italia-rsi.org/uomini/bombacci.htm) diede sfoggio a tutta la sua eloquenza rivolgendosi ai produttori genovesi:
«Compagni! Guardatemi in faccia, compagni! Voi ora vi chiederete se io sia lo stesso agitatore socialista, il fondatore del Partito comunista, l'amico di Lenin che sono stato un tempo. Sissignori, sono sempre lo stesso! Io non ho mai rinnegato gli ideali per i quali ho lottato e per i quali lotterò sempre…». Ed aggiunse: «Ero accanto a Lenin nei giorni radiosi della rivoluzionecredevo che il bolscevismo fosse all'avanguardia del trionfo operaio, ma poi mi sono accorto dell'inganno… Il socialismo non lo realizzerà Stalin, ma Mussolini che è socialista anche se per vent'anni è stato ostacolato dalla borghesia che poi lo ha tradito… ma ora Mussolini si è liberato di tutti i traditori e ha bisogno di voi lavoratori per creare il nuovo Stato proletario…».
Ricorda De Padova: «Nel contempo, tra lo stupore di tutti per quel linguaggio senza indugi, l'operaio metallurgico Paolo Carretta -presente col pubblico- salì spontaneamente sul palco e volle testimoniare della sua esperienza drammatica di comunista esule nell'URSS staliniana, fatto che consentì a Bombacci di esortare i liguri al riscatto dell'Onore nazionale dopo il tradimento dei Savoia, di Badoglio e dei massoni, ma anche tutti a partecipare attivamente alla formazione dei consigli di gestione nelle aziende perché si trattava di "Conquiste che, comunque vada, non devono andare perdute" onde galvanizzare la socializzazione in fase di compimento, dato che "presto tutte le fabbriche saranno socializzate e sarà esaminato anche il problema della terra e della casa perché, tutti i lavoratori devono possedere la loro terra e la loro casa…"».
La genesi della Socializzazione, venne riassunta su una "Corrispondenza Repubblicana" del 24 febbraio 1944, attribuita a Mussolini:
«Il secondo degli otto punti che precedono il testo del decreto sulla socializzazione delle imprese approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 febbraio, dice che uno dei criteri fondamentali che hanno ispirato il decreto stesso è la rivendicazione della concezione mussoliniana di una più alta giustizia sociale, di una più equa distribuzione della ricchezza, della partecipazione del lavoro alla vita dello Stato... Già il 20 marzo 1919 tre giorni prima della fondazione dei Fasci, Mussolini così parlava agli operai di Dalmine: "Non siete voi i poveri, gli umili, i reietti secondo la vecchia retorica del socialismo letterario; voi siete i produttori ed è in questa vostra qualità che voi rivendicate il diritto di trattare da pari con gli industriali… Voi giungerete a funzioni essenziali nella vita moderna. Il divenire del proletariato è problema di capacità e di volontà… È il lavoro che nelle trincee ha consacrato il suo diritto a non essere più fatica, disperazione, perché deve diventare orgoglio, creazione, conquista degli uomini liberi nella Patria libera e grande entro e oltre i confini".
Il 9 ottobre 1919 aveva luogo la prima grande adunata fascista. Ecco quel che conteneva la relazione Fabbri sul programma del fascismo, letta in quella occasione: "Problema sociale: a) sollecita promulgazione di una legge che sancisca per tutti i lavoratori la giornata legale di otto ore sull'effettivo lavoro; b) miglioramento di paga; c) partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell'industria; d) affidamento alla stesse organizzazioni proletarie della gestione d'industria e servizi pubblici; e) modificazione del disegno di legge d'assicurazione sull'invalidità e vecchiaia, fissando il limite d'età a seconda dello sforzo che esige ciascuna specie di lavoro; f) obbligo ai proletari di coltivare le terre; le terre non coltivate dovranno essere date a cooperative di contadini; g) riforma della burocrazia ispirata al senso della responsabilità individuale".
Il ministero delle Corporazioni veniva inaugurato il 31 luglio 1926.
E Mussolini diceva con precisazione nettissima:
"La gente del lavoro fu fino a ieri misconosciuta e negletta dallo Stato vecchio regime. La gente del lavoro si accampò fuori dello Stato e contro lo Stato. Oggi tutti gli elementi della produzione, il capitale, la tecnica, il lavoro, entrano nello Stato e vi trovano gli organi corporativi per l'intesa e la collaborazione".
Al congresso dei sindacati fascisti in Roma, tenutosi il 7 maggio 1928, il Duce faceva la seguente programmatica dichiarazione:
"Occorre ancora migliorare qualitativamente le nostre masse, far circolare cioè la linfa vitalissima della nostra dottrina nell'organismo sindacale italiano. Quando queste condizioni si siano realizzate, noi passeremo audacemente ma metodicamente alla terza e ultima fase: la fase corporativa dello Stato italiano. Il secolo attuale vedrà una nuova economia. Come il secolo scorso ha visto l'economia capitalistica, il secolo attuale vedrà l'economia corporativa… Bisogna mettere sullo stesso piano capitale e lavoro. Bisogna dare all'uno e all'altro uguali diritti e uguali doveri".
E il 6 ottobre 1934 il Duce ribadiva il suo programma sociale con le seguenti parole, in cui per la prima volta veniva definito il concetto della "più alta giustizia sociale":
"Il fascismo stabilisce l'uguaglianza verace e profonda di tutti gli individui di fronte al lavoro e di fronte alla nazione… Che cosa significa questa più alta giustizia sociale? Significa il lavoro garantito, il salario equo, la casa decorosa; significa la possibilità di evolversi e di migliorare incessantemente. Non basta. Significa che gli operai, i lavoratori devono entrare sempre più intimamente a conoscere il processo produttivo e a partecipare alla sua necessaria disciplina".
Un logico sviluppo del concetto di giustizia sociale è la seguente affermazione fatta da Mussolini il 13 marzo 1936: "Devono raccorciarsi e si raccorceranno, nel sistema fascista, le distanze fra le diverse categorie di produttori…".
Il 23 marzo 1936, infine, Mussolini pronunciò un discorso alle Corporazioni parlando delle "industrie-chiave" che interessano direttamente e indirettamente la difesa e la vita della nazione. In tale occasione, egli si poneva questi interrogativi:
«… L'intervento dello Stato in queste grandi unità industriali sarà diretto o indiretto? Assumerà la forma della gestione o del controllo?». E rispondeva:
«In taluni rami potrà essere gestione diretta, in altre indiretta, in altri un efficiente controllo. È perfettamente logico che anche nello Stato fascista questi gruppi di industrie cessino di avere anche de iure la fisionomia di imprese a carattere privato… Questa trasformazione costituzionale di un vasto importante settore della nostra economia si farà senza precipitazione, con calma, con decisione… In questa economia i lavoratori diventano con pari doveri collaboratori nell'impresa, allo stesso titolo dei fornitori di capitale o dei dirigenti tecnici».
Sarebbe facile, come appare ovvio a chiunque conosca le manifestazioni del pensiero sociale mussoliniano, continuare; ma queste poche citazioni sono sufficienti per documentare la coerenza rivoluzionaria del fascismo, il quale non rinnega ora le proprie origini e i propri ventennali sviluppi, ma si rifà alla loro più genuina essenza travolgendo gli esterni ostacoli e le interne resistenze che si frapponevano alla piena realizzazione dei suoi altissimi fini sociali».
Era scontato che, con questi presupposti, Bombacci si schierasse immediatamente a fianco di Mussolini, ben conscio del tragico destino che avrebbe coinvolto entrambi.
Del resto Bombacci, già negli anni '20, si era reso conto del carattere fraudolento del comunismo. I suoi atteggiamenti, le sue posizioni atipiche, finirono per farlo espellere dal PCdI, mentre al contempo, nonostante i dissidi e le opposte barricate, Mussolini e Bombacci erano sempre stati tra loro uniti da una profonda amicizia.
Nei primi anni di governo, anzi, Mussolini in qualche modo utilizzò Bombacci e le sue entrature in Russia, per portare avanti vari accordi commerciali con quel paese, compreso il riconoscimento internazionali dell'URSS.
Durante il ventennio Bombacci si ritrovò emarginato dai suoi ex compagni comunisti, mal visto dai fascisti, in particolare quelli con tendenze reazionarie e finì anche in gravi ristrettezze economiche famigliari. Ma potè sempre contare sulla solidarietà e gli aiuti "discreti" di Mussolini. Generosità questa che Bombacci non dimenticò mai.
L'avvento delle Corporazioni, la politica autarchica e le tante riforme sociali del ventennio spinsero Bombacci ad esprimere molte approvazioni alla politica mussoliniana. Dal 1936 Mussolini aveva anche consentito a Bombacci, esempio non unico, ma raro, nella dittatura del ventennio, di pubblicare una sua rivista, nomata "La Verità", non a caso un nome a similitudine della "Pravda" sovietica.
Anche per la guerra, Bombacci si rese ben conto che, al di là della propaganda, era in atto uno scontro apocalittico con le grandi plutocrazie occidentali.
Nel pensiero e nel comportamento di Bombacci, quindi, ci fu molta più coerenza di quella di altri socialisti e anarchici, come per esempio Leandro Arpinati e Torquato Nanni, altri rivoluzionari romagnoli, tutti amici di Mussolini, che però finirono per optare, di fatto, per l'Occidente liberista degli Alleati.
Bombacci, invece, fu tra i più entusiasti della proclamazione della Repubblica Sociale da parte di Mussolini dopo l'8 settembre.
Egli vide finalmente il Duce libero dai condizionamenti savoiardi, dagli industriali, dalla Chiesa e dai Generali. Mussolini, come sappiamo, pur "prigioniero" dei tedeschi, non si fece sfuggire questa occasione storica, mai verificatasi in Italia, e procedette alle sue grandi riforme rivoluzionarie. E "Nicolino", come lo chiamava affettuosamente Mussolini, fu tra i più entusiasti e partecipi a quel progetto fin dal congresso del PFR a Verona nel novembre 1943.
Se Angelo Tarchi, ministro dell'Economia Corporativa e il prof. Manlio Sargenti, Capo gabinetto al ministero e tra gli estensori del manifesto di Verona, erano preposti alla attuazione della Socializzazione, Bombacci fu un tutto fare, tanto che Mussolini ebbe a dire: «Bombacci, che vive giorni di passione, è in prima linea tra coloro che si battono per una vera rivoluzione sociale».
Ma Bombacci svolse anche un altro compito, assieme all'ex Prefetto e segretario di Mussolini, Luigi Gatti, si impegnò in una inchiesta a tutto campo per smascherare quegli ambienti massonici e di "putrido capitalismo" che erano stati dietro al delitto Matteotti. Il dossier, a cui aveva lavorato anche Bombacci, ovviamente sparì letteralmente una volta finito nelle mani dei partigiani, ma per fortuna ne abbiamo ampie notizie dal socialista Carlo Silvestri che ebbe modo di vederlo e di parlare spesso con Mussolini, Bombacci e Gatti.
Fatto sta che l'inchiesta in RSI di Bombacci per il delitto Matteotti, la sua vecchia partecipazione, negli anni '20, ad accordi e traffici con i Sovietici, accordi che tra l'altro evitarono all'Italia, fino al 1941, il terrorismo delle cellule comuniste (i soli atti terroristici vennero compiuti durante il ventennio da cellule politiche legate a lobby massoniche) ed infine un altra partecipazione di Bombacci, nel primo semestre del 1943, alle iniziative di Mussolini per addivenire ad una tregua con i Sovietici, giocarono sicuramente nella decisione, altrimenti ingiustificata, che condannò Bombacci a morte in quel di Dongo. Ed è questo un aspetto criminale e molto poco indagato e conosciuto.
Quando la sera del 25 aprile, nella Prefettura di Milano, venne deciso lo sganciamento verso Como, Bombacci, tranquillo, con la sua valigetta necessaire, seguì il suo amico Mussolini. Salì con lui in macchina e con tutta la colonna si diressero verso Como. Lo seguì fino all'ultimo, fin nell'autoblinda bloccata a Nesso.
In quelle ultime ore, a chi gli chiedeva perchè, lui Bombacci, che in definitiva non aveva indossato la camicia nera, andava adesso a correre quei rischi mortali, lui rispose: «Mussolini è la rivoluzione socialista, dove va lui vado io!».
Resta solo da dire che Mussolini, Bombacci e la Rivoluzione, non solo furono liquidati dagli anglo-americani, vennero ripudiati dai comunisti, ma vennero anche rinnegati dai "neofascisti" missisti nel dopoguerra.
La socializzazione infatti, per un partito di destra, conservatore, da subito stampella della DC in un ottica anticomunista, era un fardello ingombrante. Per anni non se ne sentì più parlare, se non qualche accenno in sedi locali, o retorici richiami sulla stampa di partito o qualche esponente missista.
Poi quando il progetto di Michelini di fare del MSI la gamba liberale dei governi democristiani, dopo un effimero successo con il governo Tambroni del 1960 fu, e non a caso, subito liquidato e vennero varati i governi di centro sinistra, il riferimento a destra della DC diventò il PLI di Malagodi. Si aprirono così, nel partito spazi per una contestazione alla segreteria di Michelini (che però teneva strette nelle mani le borse del partito). Attorno alla figura dell'"attore" Almirante, sorse la corrente dissidente di "Rinnovamento", la quale fece propri alcuni presupposti sociali della RSI tra cui la Socializzazione. Se ne venne così a parlare, la si dibattè, anche in opposizione alla destra di Romualdi, ma era tutta una commedia, finalizzata alla spartizione delle poltrone. Ed infatti, al congresso decisivo, quello missista di Pescara del 1965, Almirante, di fatto, liquidò "Rinnovamento" accordandosi con Michelini.
E la Socializzazione restò solo una vuota retorica, uno slogan da comizio, per abbindolare gli sprovveduti.
Il progetto di una ricomposizione socialista dell'economia, sognato da Mussolini, venne quindi tradito, per primi, dai suoi falsi epigoni.
Di questo progetto, aveva detto Mussolini a Milano a dicembre del 1944: «Qualunque cosa accada, è destinato a germogliare».
Giustamente l'avvocato Manlio Sargenti, uno dei padri preposti da Mussolini a quel progetto, rivelò: «Purtroppo questo progetto non si è avverato. Gli italiani hanno dimenticato quella che costituiva la più originale, la più innovatrice proposta della loro storia recente. L'hanno dimenticata quelli stessi che si sono considerati gli epigoni dell'idea del Fascismo e della Repubblica Sociale».
In altra occasione venne anche chiesto al prof. Manlio Sargenti, che come tanti aveva aderito al MSI, ma che poi ovviamente, come tanti altri, abbandonò il partito:
«Quali furono le motivazione che la spinsero alla scelta del MSI?»
Risposta: «Questo appariva come l'unico soggetto capace di continuare l'opera della RSI, della quale conservava, nel segno distintivo il ricordo. E fu appunto questa prospettiva a indurre me, come gli altri che nell'Italia settentrionale aderirono al Movimento, a scegliere questa alternativa nonostante il pericolo a cui si andava incontro».
«Che posizione ebbe Lei quando il MSI aderì alla NATO?»
Risposta: «... io fui della corrente che si oppose per i motivi che ora soprattutto si rivelano determinanti; perchè la NATO si è sempre più rivelata lo strumento della supremazia americana e del controllo dell'America sulla politica dei paesi che vi hanno aderito. Lo spirito del MSI fu perduto nel momento in cui il Movimento votò a favore dell'adesione alla NATO».
Troppo ottimista il buon Sargenti, in realtà il MSI era già nato bacato dietro un preciso obiettivo reazionario e tramite manovre di forze reazionarie, massoniche e dell'OSS americano, finalizzate a spostare a destra la gran massa di reduce del fascismo repubblicano che di destra certo non erano.

Maurizio Barozzi