sabato 29 giugno 2013

La FINANZA della R.S.I.

Petrus Aloisius

Premessa

Nel  perdurante clima di disinformazione – relativamente all’assetto economico-finanziario e alla crisi in atto – nessuno parla di sistemi alternativi per arginare ed abbattere la stretta creditizia e, soprattutto, cosa assai più importante, tutti si guardano bene dall’ annoverare persone e fatti pregressi che invece risulterebbero assai utili per risolvere una volta per tutte il problema alla radice. Nessuno ricorda, per esempio, cosa accadde durante la repubblica di Weimar e, soprattutto, come e da chi fu risolta… Nessuno ricorda, altresì, come Benito Mussolini, appena nominato Presidente del Consiglio ad appena 39 anni, abbia assunto – ad interim – anche le cariche di Ministro degli Esteri e degli Interni, con una speciale delega all’economia; e come riuscì nei primi tre anni a dipanare ogni disavanzo primario e a raggiungere l’agognata parità di Bilancio, tanto che persino Luigi Einaudi lodò quanto fece l’allora presidente del Consiglio. Si ricordano viceversa gli incarichi recenti del Presidente Monti come commissario UE dimenticando, però, che egli fu già consulente durante il governo De Mita dell’ex ministro del Bilancio Paolo Cirino Pomicino che l’aveva nominato in tre commissioni, incaricate di ridurre la spesa e il debito. Purtroppo – sia detto per inciso – il debito pubblico aumentò del 44,5% in quei tre anni e la spesa pubblica del 45,9 % tant’è che nel ‘92 il nostro “eroe” se ne tornò con la coda fra le gambe all’università (forse per riprendere gli studi)  lasciando  l’Italia in balia di se stessa. L’elenco dei “guastatori economici” potrebbe continuare per ore, ma ritengo inutile andare avanti. In tempi bui, di mestissima crisi finanziaria, nessuno parla della vera origine del debito pubblico che non è dovuta esclusivamente a sprechi e ruberie, ma soprattutto al fatto che né lo stato nè tantomeno il popolo sono proprietari della moneta.
Pochi parlano dei casi attuali della Grecia e dell’Argentina… che non sono retti da regimi dittatoriali o autoritari che dir si voglia,  ma che rappresentano – soprattutto nel caso islandese – una prova lampante e inimitata di democrazia reale e sostanziale.
Le uniche parole che ci sentiamo ripetere sono quelle assimilabili alla strategia del ricatto, alla tattica dell’usuraio mascherato che con la bocca fa finta di concedere e poi arraffa tutto con ambedue le mani. Si afferma infatti: Se non seguirete la nostra “ricetta” faremo la fine della Grecia, i suicidi anziché diminuire aumenteranno in modo esponenziale ecc.
E’ chiaro che quando la situazione si fa critica ecco arrivare puntuale il ricatto: sia esso fiscale, oppure relativo alla politica economica da adottare.
Si tratta in effetti di una vera e propria strategia terroristica, per chiudere la bocca a chi non si allinea al mainstream, e vuole arginare l’ondata pervasiva di tasse e rincari che colpiscono tutti, in specie i ceti meno abbienti.
Per evitare questa grossa lacuna, ritengo opportuno riportare quanto fece un illustre sconosciuto:
156603_173372906015519_123237547695722_501452_1607025_n
   In questo post non mi soffermerò tanto sulle note biografiche quanto sull’opera che svolse egregiamente durante l’epopea della RSI, in un momento quindi di estrema difficoltà operativa, in cui quasi tutti i governi hanno aumentato il debito pubblico a scapito delle future generazioni.
La cosa principale, dunque, è individuare i punti salienti del suo agire che si svolsero verso la fine della seconda guerra mondiale e che dunque ne risultarono  profondamente influenzati.
Partiamo dalle sue parole che descrivono esattamente cosa avvenne nell’ambasciata tedesca a Roma dove alcuni gerarchi si intrattenevano a colazione con l’ambasciatore Rahn.
” …mentre in un’atmosfera carica  e distaccata si consumava il pasto frugale, Mussolini chiamò a telefono da Monaco. Egli parlo con Buffarini Guidi, con Pavolini, poi con me…La sua voce mi pervenne lontana, stanca, quasi irreale… Ricordo alcune sue parole che riporto integralmente. Mi disse: Pellegrini, sono contento di avervi ancora con me. Acerbo ha tradito. Voi, come ultimo sottosegretario alle finanze, potete svolgere da ministro un buon lavoro nell’interesse dell’Italia, Conto su di voi. Risposi commosso: ai vostri ordini, Duce, ed agli ordini della mia patria, come sempre!”

Il programma e l’opera svolta

Le competenze che gli furono assegnate scaturiscono dalla seduta svoltasi presso il Consiglio dei Ministri che si tenne a Rocca delle Caminate il 27 settembre del 1943.  In quella occasione si stabilì che il ministero delle Finanze fosse l’organica risultante di tre precedenti ministeri: Bilancio,  Tesoro ed Economia, superando in tal modo la frammentazione prima esistente voluta dal liberale Einaudi. Ancora: il preesistente Ministero per gli scambi venne soppresso su proposta del medesimo Pellegrini, diventando pur ‘esso una componente del Ministero delle Finanze. Mussolini accolse benevolmente la proposta sia per ridurre le spese di gestione sia per agevolare un maggiore coordinamento  fra i vari organismi finanziari.
La sede del Ministero fu ubicata a Brescia, vicino Salò.
Per tal via sul neo ministro gravò un peso immane. Egli infatti dovette gestire e guidare l’economia corporativa, occupandosi altresì della produzione bellica e finanche della Socializzazione.
I punti del suo programma possono essere brevemente riassunti così:
  1. rimettere in moto la macchina finanziaria sulla base dei criteri già esposti  a Roma il 25; e, cioè, potenziando il gettito tributario in vista dell’eccezionale sforzo bellico;
  2. strenua difesa della Lira e del suo potere d’acquisto con conseguente controllo sulla emissione e circolazione monetaria (si ricordi che per un certo qual tempo in Italia circolarono pure i marchi tedeschi);
  3. massima tutela degli interessi economici italiani, di fronte a chiunque (tedeschi compresi).
Rudolf Rahn
L’ambasciatore tedesco in Italia Rudoplh Rahn
Quest’ultimo punto causerà notevoli frizioni fra il governo italiano e quello tedesco, ma anche fra diversi reparti dello Stato Sociale repubblicano. Pavolini, per esempio, voleva che la Guardia di Finanza fosse impiegata durante le azioni di repressione svolte nei confronti dei partigiani antifascisti…
Rahn, addirittura, voleva nominare per ogni ministero un commissario tedesco, con l’evidente intenzione di tenere sotto controllo l’intera attività ministeriale italiana. A questo proposito, Pellegrini insorse  vivamente e, ad una cena col Console Eitel Moelhausen (che aveva sostituito Rahn), fece valere le sue ragioni. In particolare affermò di ritenere assurda quella ingerenza e che aveva accettato l’incarico senza limitazioni o imposizioni dall’esterno. Il console accolse le sue proteste e così non vi furono commissari tedeschi ai ministeri.
Questo è un fatto importantissimo che sovente viene colpevolmente taciuto, in particolar modo allorquando si parla della RSI come una sorta di protettorato germanico in Italia.

Le riserve auree della Banca d’Italia

il maggiore delle SS, Herbert Kappler
Un altro episodio nient’affatto trascurabile della Storia economica della RSI è quello relativo al capitale della Banca d’Italia.
Spesso, quando si vuole giustificare la “privatizzazione”  del capitale si dice che quest’ultima si rese necessaria in quanto la riserva aurea fu trafugata dai tedeschi.
E’ vero (fino a un certo punto pero): il 16 settembre del 1943, a più di una settimana dall’ignobile armistizio firmato da Badoglio, i tedeschi prelevarono la riserva aurea della Banca d’Italia per trasferirla in Germania. Ciò avvenne, occorre ricordarlo, prima della costituzione della RSI. In quella precisa occasione il Maggiore delle SS Herbert Kappler si fece consegnare le chiavi del caveau delle riserva aurea dal governatore della Banca d’Italia Vincenzo Azzolini.
Vincenzo Azzolini
Una settimana dopo, il 23 settembre, appena Pellegrini divenne ministro delle Finanze, Il governatore Azzolini e il Commissario Dott. Cambi sottoposero all’attenzione di Pellegrini il problema. Pellegrini, come suo preciso costume, si fece immediatamente sentire.
I tedeschi, infatti, si erano già appropriati dell’oro della Banca albanese e di fronte alla minacciosa richiesta del trasferimento aureo in Germania il neo ministro delle Finanze chiese ed ottenne che una parte di esso servisse per onorare i debiti contratti con la Svizzera, un’altra parte per quelli con la Germania medesima. Il resto dell’oro – che in effetti  costituiva il grosso della riserva – riuscì a farlo custodire a Fortezza, dove, in seguito, il governo regio poté recuperarlo. Nelle trattative Pellegrini Giampietro fu assistito, oltre che dallo stesso Cambi anche da Franz Lo Jucco e dall’Avv. Giovanni Orgera, già podestà di Napoli. Quest’ultimo nel maggio 1944 fu nominato governatore della Banca d’Italia in sostituzione di Azzolini, il quale tornato a Roma fu arrestato dagli alleati.
E proprio relativamente al ritrovamento di detta riserva nel memoriale di Pellegrini si legge testualmente:
” … furono gli alleati  che ne vennero in possesso e non è mio compito chiarire  la destinazione data alla riserva aurea e alle modalità che accompagnarono la restituzione”.
Con questa espressa dichiarazione la questione si chiude. E cioè, delle due l’una: o l’oro venne restituito dagli alleati all’Italia e dunque cade la tesi della sottrazione; oppure se è vero che vi fu, essa fu portata a compimento dagli alleati angloamericani, non dai tedeschi.
GERR0140o
Un altro problema che il neo Ministro  dovette affrontare fu quello dei “marchi tedeschi di occupazione”. Dopo il vergognoso armistizio, i tedeschi, considerando l’Italia paese nemico e territorio di occupazione, avevano messo in circolazione i cosiddetti “marchi d’occupazione” (Reichskreidit Kassenscheine) che rappresentavano l’equivalente delle “amlire”che gli eserciti alleati avevano messo in circolazione nel sud-Italia. Ebbene, appena Pellegrini prese le redini del Ministero si occupò immediatamente di risolvere il problema.
Il 25 ottobre del 1943 riuscì, attraverso l’agenzia Stefani, a far diramare il seguente comunicato:
“In territorio italiano le truppe germaniche eseguiranno i pagamenti esclusivamente in lire, e i marchi di occupazione messi in circolazione, dal giorno 25 ottobre, perderanno il carattere di pagamento legale e saranno immediatamente ritirati a mezzo della Banca d’Italia tramite gli istituti di Credito italiano”.
E fu proprio così che venne tutelato il potere d’acquisto della Lira, talché i prezzi al consumo, nonostante il periodo di guerra, rimasero ad un livello accettabile; all’uopo, onde evitare speculazioni sui generi di prima necessità, fu istituito un comitato dei prezzi che controllava l’andamento e le oscillazioni dei medesimi. Pertanto appare incomprensibile la protesta di chi lamentò aumenti inauditi, datosi che, in quei particolari frangenti, causati sia dalle continue requisizioni tedesche sia dall’insufficienza dei trasporti e dalle diverse condizioni delle regioni, non si poteva fare altrimenti. Ad ogni buon conto, al Nord si registrò un aumento assai contenuto dei prezzi (50%circa); per converso, al Sud, si registrò un aumento proibitivo dei prezzi, con una media del 200% e con picchi che arrivarono addirittura al 400%!
Le donne napoletane furono costrette a prostituirsi e i loro figli a pulire le scarpe degli invasori angloamericani. Questa è la  nuda e cruda verità che gli scribacchini di sistema nascondono e tentano maldestramente di cancellare.
L’accordo del 25 ottobre prevedeva pure  la cifra da emettere nei confronti degli alleati tedeschi, da corrispondere a titolo di risarcimento spese che ammontava a ben 7 miliardi per il 1943,  a 10 miliardi per il 1944 e a 12 miliardi per il 1945. Queste cifre corrispondevano a quanto il governo regio dovette di più e non meno corrispondere agli alleati anglo americani.
Inoltre, con tale accordo, si tentò di impostare una regolamentazione dei rapporti finanziari italo-tedeschi e, precisamente, il ripristino del clearing interrotto con l’armistizio, la ripresa delle rimesse dei lavoratori italiani dalla Germania, il ritorno alle precedenti convenzioni doganali, una certa regolarizzazione nelle zone di giurisdizione dei commissariati germanici soprattutto per Trento e Trieste.
In pratica si giunse, in un certo qual modo, a ripristinare le relazioni fra i due stati sulla base di parità per le due nazioni. Per esempio, dopo l’otto settembre, i titoli di stato erano scesi del 30% e con la RSI, tornarono in parità nominale.
Il 30 gennaio 1944 fui stipulato un nuovo accordo secondo cui le somme guadagnate dai lavoratori italiani in Germania erano trattenute in un conto speciale a Berlino ed accreditato direttamente al governo italiano, il quale doveva provvedere con propri mezzi a corrisponderne il valore alle famiglie residenti in Italia.
Piero Pisenti
La politica del ministro Pellegrini risultò essere molto severa ed oculata al punto tale da far pagare i profitti di regime a quei gerarchi fascisti che si erano illecitamente arricchiti. Infatti il ministro della Giustizia Pisenti, in accordo con Pellegrini, colpì senza discriminazione alcuna tutti coloro che avevano approfittato della carica assunta. Fra i nomi eccellenti, si annovera Grandi e Bottai, condannati in contumacia, ma anche Farinacci che aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana ed altri ancora, dimostrando in tal modo che il lavoro della commissione fu espletato con grade severità e profondo senso di giustizia.

Il Bilancio della RSI e la manovra finanziaria.

Nel novembre del 1943 Domenico Pellegrini Giampietro presentò al Capo del Governo un riepilogo dopo quattro anni di guerra. Per la guerra erano stati spesi 21.890 milioni di Lire nel 1939-40, 57.734 milioni nel 1940-41; 73.718 milioni nel 1941-42; e 81.019 milioni nel 1942-43. Ad essi dovevano aggiungersi  24 miliardi di disavanzo… per le spese normali. Per il biennio successivo il neo ministro previde un aumento di spesa tale da raggiungere i 200 miliardi.   La conclusione ovvia per reperire queste cifre era ricorrere all’emissione di nuova moneta circolante. Ma, come vedremo, non solo.
 Nel corso della guerra si verificarono episodi assai curiosi che, in un certo qual modo, influirono negativamente sul circolante. Il lancio di enormi quantità di valuta italiana lanciata da aerei alleati per finanziare la resistenza partigiana, alimentarono senza dubbio il processo inflattivo. Inoltre, come già accennato in precedenza, l’enorme difficoltà nei trasporti aveva ingenerato un aumento dei prezzi, ragion per cui nella valutazione del Bilancio occorre anche mettere in conto tale avversità che, viceversa, in tempo di pace non si sarebbe verificata.
Ad ogni buon conto, date le condizioni del Paese e l’enormità delle spese correnti, secondo alcuni detrattori, il Ministro ricorse, per non allarmare il paese ad una sorta di doppio bilancio.  Entriamo nei particolari.
Il bilancio ufficiale presentava un ammontare complessivo pari a 380 miliardi, così ripartiti:
50 miliardi di di entrate fiscali, 47 miliardi di depositi e c/c bancari versati al Tesoro, 208 miliardi per anticipazioni della Banca d’Italia e di altri enti ed Istituiti.  Mentre le spese sostenute dalla RSI ammontavano a circa 360 miliardi, di cui 170,6 di spese ordinarie e straordinarie dello Stato, più 189 miliardi di contributi per spese di guerra alla Germania, per un totale complessivo di circa 360 miliardi; per cui risultava un attivo di 20 miliardi circa. Ma la situazione corrispondeva alla realtà?  Secondo Giorgio Bocca no. Perché nell’esercizio del ‘43-44 le entrate furono secondo i suoi calcoli circa 38 miliardi, mentre le uscite effettive ammontarono a 213 miliardi e 167 milioni, nell’esercizio successivo le entrate diminuirono, a causa dell’occupazione alleata di varie provincie e dello sciopero fiscale, toccando appena il tetto di 26 miliardi, contro un totale in uscita di 207  miliardi e 263 milioni.
Da ciò si ricaverebbe che le entrate complessive furono  di circa 64 miliardi e 430 milioni. Tale enorme differenza fra i due bilanci è dovuta al fatto che il Bocca  non considerava fra le entrate  i prestiti e le anticipazioni delle Banche, perché in tal modo il pareggio di Bilancio sarebbe dovuto a debiti, il cui pagamento veniva disinvoltamente rinviato a fine guerra.
Bisognerebbe ricordare allo scomparso partigiano e scribacchino di Sistema che nessuno stato si mantiene solo sulle entrate fiscali, senza ricorrere alla Stampa di moneta o, peggio, alla sottoscrizioni di titoli di debito, attraverso Buoni del Tesoro (BTP), che a differenza della prima soluzione costituiscono un vero e proprio indebitamento da parte dello Stato.  Ed è quello che accadde nella RSI. Il Duce era notoriamente contrario ad un aumento della pressione fiscale che, in quel determinato frangente, si sarebbe rivelata altamente nociva per la popolazione, ragion per cui Il ministro Pellegrini condusse un’agile manovra finanziaria  appoggiandosi sia alla Banca d’Italia sia sugli altri istituti di credito.
Questa manovra consentì non solo di raggiungere il pareggio di bilancio ma pure di superarlo. L’Istituto Poligrafico dello stato stampò 11 miliardi di Lire sui 137 autorizzati. Fu esercitato un controllo scrupoloso sulle emissioni installate nelle varie sedi: Novara, Bergamo e Milano. Fu impedito ai tedeschi di portare i macchinari del poligrafico in Germania, onde  poteva effettuarsi un’eventuale falsificazione per ragioni di pronta liquidità. A riprova di ciò, nel marzo del ‘45, i tedeschi proposero al governo della RSI, di eliminare la numerazione dei biglietti di Stato (non banconote) da 1.2 5 e da 10 lire: la proposta fu respinta categoricamente da Pellegrini, per cui anche il biglietto di piccola taglia da una lira continuò ad essere numerato.
Il rapporto di cambio fra Lira e marco durante la RSI passò da 6,7 Lire a quello di 10 lire per marco, e ciò dal 15 settembre del ‘43 fino alla fine della guerra; con il franco si passò da 100 Lire per un franco a 100 Lire  0,77 di Franco fino a 0,50;
Al Sud il cambio con il dollaro fu fissato inizialmente a 100 Lire per dollaro, mentre occorrevano 400 Lire per una sterlina!
il giovane Giornalista Giorgio Bocca
Dalla disamina della situazione finanziaria si può serenamente concludere che il Bilancio complessivo presentato dal Ministro Domenico Pellegrini Giampietro fu abbastanza veritiero, nel senso che ad esso faceva seguito la situazione economica reale dell’Italia Settentrionale. Il Pellegrini stesso affermò di non aver fatto mai ricorso né a prestiti veri e propri né ad emissioni di Buoni del tesoro. In vero, però, egli dichiara pure di aver incassato 74.3 miliardi di buoni del tesoro ordinari. In realtà egli non emise Buoni del Tesoro poliennali (cioè a 3 a 5 o a 10 anni) ma si limitò ad emettere quelli ordinari (cioè quelli a  3 o, al massimo, a 10 mesi).
In tal modo, mantenendo il tempo di restituzione assai vicino alla emissione, dimostrò di non voler impegnare il suo governo nell’indebitamento delle nuove generazioni, soprattutto in un futuro  gravido di incognite.
In altre parole, egli si comportò assai diversamente da come lo dipinse il Bocca, evitando di gravare sul futuro delle generazioni a venire, ma anzi facilitando il riassetto finanziario italiano.
Ancora. L’attività legislativa del Pellegrini non conobbe soste nemmeno sul finire del conflitto. Ne abbiamo ampie testimonianze da tutta una serie di decreti legislativi fatti approvare a ridosso del 1945, intesi a far affluire allo Stato i capitali tesaurizzati dai privati, a contrarre il circolante ed a far ribassare i prezzi che inevitabilmente, durante il periodo bellico continuavano a lievitare.
Onde evitare che questo mio lavoro di ricerca possa essere tacciato di autoreferenzialità vale la pena di riportare alcuni pareri illustri:
Il senatore nord-americano Victor Wickersham, presidente della Corte Alleata per l’economia europea, in una intervista rilasciata a “Il Popolo” del 25 agosto 1945 (anno III n.124) ebbe a dichiarare che:
“..la situazione economica dell’Italia settentrionale  è molto migliore (sic) non solo rispetto alle regioni dell’Italia Meridionale e centrale ma anche in confronto delle condizioni di altri paesi europei in precedenza visitati dalla commissione ed in particolare della Germania, dell’Olanda, della Norvegia, del Belgio e di certe zone della Francia”.
Epicarno Corbino scrisse nel suo volume:
“…si poté constatare che la svalutazione della Lira a Sud era molto più elevata di quella della zona rimasta sotto il controllo tedesco repubblichino”.
concludo con quanto scrisse Silvio Bertoldi:
“Pellegrini ha lasciato il bilancio del suo operato di ministro  che è poi bilancio della RSI. Gli va dato atto che amministro assai meglio lui il Nord, pur tra difficolta immani, di quanto abbia fatto nello stesso periodo a Sud il suo collega del governo Badoglio: e forse4 che trovò più comprensione lui da un personaggio come Rahn , di quanta ne avvia trovata a Salerno e a Roma il governo legittimo da parte degli alleato”.
La sua opera benefica non si esplicitò solamente nel campo monetario. Egli salvò l’I.R.I, la finalità dell’INPS e sull’Istituto per la Ricostruzione Industriale, ne da ampia testimonianza Vincenzo Tecchio, commissario dell’I.R.I., in una dichiarazione resa il 10 Aprile 1946 alla Corte di Cassazione :
“Pellegrini non solo mi approvò ma mi incitò  a seguire tenacemente quelle direttive. Infatti durante il mio commissarioto, ho potuto salvare il patrimonio dell’I.R.I., perchè sempre, in ogni circostanza, ho trovato nel ministro delle Finanze un aiuto immediato, intelligente ed efficace. Innumerevoli volte ho chiesto il suo intervento verso autorità italiane e tedesche e sempre l’ho ottenuto nel modo più largo possibile; intervento non facile, né scevro da pericoli; ciò nonostante esso non è mai mancato. Se il patrimonio dell’I.R.I. è stato salvato, ciò è dovuto, in grandissima parte, alla tutela del Ministro Pellegrini… sempre ho trovato in lui uno strenuo e sdegnoso  difensore del prestigio, dell’onore, della ricchezza italiana”.
Circa l’Inps esiste un’altra importante testimonianza resa da Giuseppe Ferrario, Commissario di detto Istituto. Egli, in una trascrizione allegata agli atti del processo Pellegrini in Cassazione, dichiarò:
“Sento il dovere di precisare che quando il segretario del PFR, nell’agosto del 1944 chiese la mia sostituzione dalla carica di commissario dell’I.N.P.S.come elemento del Partito, Pellegrini nella veste di Ministro delle Finanze negò recisamente il consenso al provvedimento stesso, affermando che egli non poteva ammettere che si decidessero avvicendamenti in posti di tanta responsabilità, al solo scopo di sitemare comunque elementi i cui meriti, se pur notevoli nel campo politico, non eranoper nessuna ragione titoli utili per giustificare la funzione di amministratore di un Istituto. Così come desidero precisare ogni qualvolta, perché concedesse finanziamenti che non rientravano nelle finalità dell’istituto stesso, ho sempre avuta incondizionata ed autorevole protezione del ministro, preoccupato come me della necessità di tutelare con ogni mezzo il patrimonio dei lavoratori”.
Da queste parole si evince l’ottimo lavoro svolto dal Pellegrini in ogni campo da lui controllato. E se ci furono dei punti poco chiari o comunque non sempre all’altezza della situazione ciò lo si deve principalmente alla particolare congiuntura storica in cui si trovò ad operare il ministro napoletano.
© ♗Petrus Aloisius

Testi e Fonti:
Decreto Ministeriale del 12/-11-1943 per la nuova disciplina dei contratti di guerra,
Decreto legislativo di Benito Mussolini del 12-10-1944 sulla socializzazione delle imprese.
Decreto Legge del 31-03-1945 per la socializzazione delle imprese industriali,
Domenico Pellegrini Giampietro: “Memoriale”
Bruno spampanato: “Contro memoriale”
Giorgio Bocca: “La repubblica di Mussolini” - Arnoldo Mondadori Editore
Arrigo Petacco: “Il comunista in camicia nera: Nicola Bombacci tra Lenin e Mussolini”
S. Bertoldi : ”Salò - Vita e morte della R.S.I.”
Angelo Norelli: ”Il ministro Domenico Pellegrini-Giampietro nel tramonto del Fascismo”,  Fratelli Conte Editori

mercoledì 26 giugno 2013

Carlo Pisacane Terrorista d'altri tempi.
























































































































































































































































































































































Roma '44Dall'epurazione all'amnistia Togliatti liquidò Berlinguer


La Nota di Maurizio Barozzi

L'articolo, qui sotto riportato, ripubblicato da "NapoLibera", ha una importanza fondamentale, perchè chiarifica nei loro esatti termini certi andamenti della nostra storia recente.
In questo articolo vengono anche espresse delle considerazioni su figure storiche come, per esempio, Togliatti che a molti hanno fatto storcere la bocca.
A questo proposito bisogna fare qualche precisazione.
Se consideriamo il Togliatti come un comunista non possiamo che riscontrare che fu anche un vassallo di Stalin.
Ma in questo modo, tracciando il segno tra i "nostri" e i "loro" e guardandoci attorno, possiamo identificarci e stringerci, al massimo, attorno a Mussolini e Hitler, dopodiché il nulla.
Estraniamoci però un momentino dalle considerazioni politico-ideologiche e ragioniamo freddamente in termini storici e geopolitici.
Del resto il fascismo, con la sconfitta del 1945, chiuse il suo ciclo storico e oggi ci resta come visione della vita e del mondo e come punto di riferimento anche metastorico (aggiungendoci, en passant, che purtroppo un manipolo di farabutti, destristi, missisti e altro, lo hanno insozzato nella considerazione rispetto alla pubblica opinione e, speriamo di no, anche rispetto alla Storia futura).
Estraniandoci da questo e in particolare se ci mettiamo sul piano storico possiamo ed è doveroso farlo, utilizzare un diverso metro di giudizio e di valutazione di queste figure, possiamo quindi rapportarle ad una semplice considerazione politica e geopolitica, la quale recità così: chiunque, a qualsiasi titolo, ha collaborato per mantenere ed anzi accrescere, il colonialismo anglo americano e l'asservimento al sistema atlantico, oltre ad essere un traditore degli interessi nazionali, ergo del popolo italiano, viene a squalificarsi come uomo e come rappresentante di un partito politico.
Di conseguenza: gli Almirante, i Romualdi, e tutta la classe dirigente di oltre 50 anni di MSI sono dei traditori della Patria, sono dei collaborazionisti e responsabili del nostro attuale stato di asservimento: culturale, politico, economico finanziario e militare.
Stesso discorso vale per i Berlinguer, per i Pertini, i Cossiga e per tutte quelle personalità politiche di sinistra e democristiane che furono sodali alle cosche massoniche e agli ambienti atlantici.
Punto.
Viceversa i Togliatti, i Mattei, i Moro, i Craxi, pur nella loro posizione politica antifascista, ebbero comunque come riferimento della loro prassi politica almeno e sia pure in parte, i nostri interessi nazionali. Non fu un caso che nel dopoguerra proprio Togliatti cercò di portare nel PCI molti elementi provenienti dalla RSI. E alcuni ci andarono.
Che poi Togliatti si sia mosso in questo senso per il suo servilismo alla politica di Mosca, che Mattei perchè era interno a mega interessi economici, Moro perchè rappresentante di un particolare clan di potere nella DC e Craxi altrettanto, tutto questo in politica interessa fino ad un certo punto.
La storia registra gli atti e questi atti ci stanno a dimostrare una loro funzione politica utile allo Stato italiano e al popolo italiano.
Se nel dopoguerra, per oltre un trentennio, si perpetuò, almeno in parte, una certa continuità e soprattutto una "mentalià" di una politica di Stato, dove nel campo sociale l'IRI ne era stata la base fondamentale, lo dobbiamo anche a queste figure, aggiungendoci i Fanfani ed altri.
Spariti loro, sono subentrati i "camerieri dei banksters" ed oggi possiamo dire che l'asservimento del paese è totale e completo.
Dico tutto questo, pur pesandomi, perchè so benissimo che Togliatti fu responsabile di buona parte del sangue versato da tanti camerati, e Mattei, pochi lo sanno, ma fu, assieme a Longo uno degli organizzatori della missione di Walter Audisio, ma la politica non si fa con il sentimento. Mussolini, grande rivoluzionario ed uomo pratico fino all'eccesso avrebbe ragionato esattamente così e proprio con questi uomini avrebbe, se il caso, praticato intese ed accordi, mentre avrebbe avuto ripulsa degli Almirante, dei Pertini, dei Berlinguer, dei Monti.
 ===========================================

Di Maurizio Barozzi

È una vicenda da manuale, quella dello scontro, neanche sotterraneo, tra Palmiro Togliatti, deciso a battere la "via nazionale", e delle riconciliazione tra italiani separati dalla guerra fratricida '43-'45; da una parte. Contro, da quella opposta, la setta collaborazionista e terrorista degli "azionisti", che rifiutarono il pilastro fondativi di quella politica: l'Amnistia del 1945.
Come prima già Benito Mussolini, e Bettino Craxi dopo di loro due, Togliatti aveva perfettamente compreso che senza uno "spazio" istituzionale per la Chiesa di Roma non è possibile nessuna Nazione Sovrana, in Italia almeno. Non per niente, studiatevi la storia del'intero Millennio, in Italia i ghibellini hanno sempre fatto fiasco… E Pio XII fu il Papa che comprese perfettamente, pur nella doverosa scomunica del «comunismo ateo» di cui ebbe fatto orrenda conoscenza durante i moti "spartachisti" quando era a Berlino nel 1918-19, come con Togliatti e il suo "Partito Nuovo" si potesse, e si dovesse convivere.
Sono due accaniti detrattori di Palmiro Togliatti, e, va da sé, di Stalin, come: il giornalista russo-canadese Viktor Zaslavskji; ed il napoletano Massimo Caprara -che fu suo segretario per vent'anni; e da lui Togliatti portato in Parlamento, dopo dieci anni da Sindaco di Portici- coloro che, senza volerlo, nei loro libri dediti gli rendono massimo onore.
B) Cominciamo dal secondo: nel suo journal-memorial, intitolato "Paesaggio con figure" (Ares Editore 2001), egli ricorda l'incontro segreto, lui stesso testimone, tra Togliatti ed il messo di San Pio XII, Salvatore di Roma Eterna. Questi era il famoso Monsignor Giuseppe De Luca, uomo del passato regime e anima del famoso "Primato" di Bottai, per stabilire una forma di convivenza tra le due "opposte" Chiese, in una sola Italia da ricostruire interamente… Ben presente ad entrambi che l'occupazione militare-politica nemica era ben lungi dal dissiparsi, e per decenni e decenni da venire.
E l'accordo ci fu, seppure clandestino e tacito come occorreva, narra Caprara stesso. I contorni si delinearono assai presto, quando all'Assemblea Costituente i deputati comunisti, con le sole eccezioni di Umberto Terracini il Presidente (avrà avuto le sue ragioni anche lui), votarono compatti per l'Art. 7, che includeva di peso l'intero Concordato del '29 nella Nuova Carta Fondamentale della Repubblica.
A) Il primo invece ci racconta, in un fondamentale "Togliatti e Stalin" scritto insieme ad Elena Aga Rossi, edito da Il Mulino nel 1997, come, già da Mosca, Stalin desse a Togliatti il compito di cercare il Grande Accordo Nazionale che salvò l'Italia dalla manmessa anglo-americana per oltre trent'anni, fino all'ascesa sciagurata di Berlinguer jr., il forcaiolo-giustizialista, alla guida del PCI-Nuova Edizione, passato "sotto la NATO".
Elevando così, lo studioso degli archivi moscoviti, senza neppure accorgersene, un peana a Stalin stesso, oltre che alla grande intelligenza politica di Togliatti, il quale afferrò in pieno il "senso delle cose", quando non era affatto semplice riuscirci: vedi ad opposto esempio, il caso di Markos in Grecia.
Di quell'Accordo Nazionale Italiano -oggi smarrito nei fumi oppiacei, prima del referendum anti-Craxi della c.d. "Scala Mobile" del 1984-'85; quindi della operazione eversiva inglese di "Mani Pulite"- resta pietra miliare, eterna ed attuale, il famoso "discorso di Salerno" del maggio 1944. E il compromesso-tattico a breve scadenza dal PCI statuito perfino coi fuggiaschi sabaudi; inclusa la provvisoria accettazione del Governo Badoglio alla guida di Nostra Italia martoriata… Poi da Ivanoe Bonomi, ma sempre a inevitabile guida Alleata.

IL COMMISSARIATO ALLE "EPURAZIONI"
E qui avvenne il fatto capitale. Gli anglo-americani, sempre allo scopo di eccitare l'odio fratricida fra la popolazione di opposte sponde, crearono allo scopo un Alto Commissariato alle Epurazioni, collegato al governo, ma autonomo da esso. Un modello pre-determinato per quello stranissimo statuto della magistratura italiana, unica al mondo ad essere "autonoma" dalla sovranità dei poteri nazionali. Ed è superfluo dire sottoposta a quali, perché si vede a occhio nudo, leggendo i bollettini quotidiani dei poteri finanziari che li ammaestrano ("colpisci questo o quello!") come loro domestiche.
Si trattava allora, per quell'Ufficio lugubre, di comminare quante più pene, possibilmente capitali, ma anche ergastoli eccetera, a chiunque "fascista" o ritenuto tale, si trovasse a tiro dei Commissari stessi. E non importa nulla se colpevole o innocente, ma purchè fosse ai termini che a quelli committenti interessavano. Che i Grandi Colpevoli, quelli veri in realtà, erano già al sicuro sotto ala inglese.
I Commissari stessi furono scelti fra i "cani da presa" più fedeli al "Re" Sabaudo, fellone e traditore proprio perché aveva ottemperato, con la vergognosa fuga a Pescara, ad un ordine inglese: abbandonare Roma ai tedeschi, senza difesa…
Così nell'Alto Commissariato vi furono immessi quanti più sudditi del tristo Regno di Sardegna, di noto vassallaggio. Sia pure mascherati da "azionisti" intransigenti, repubblicani almeno nella forma.
Tra questi il più importante, il Commissariato ai Crimini di Guerra, fu scelto un "bidello dell'IMI", cosiddetto proprio da Togliatti in una lettera a Mauro Scoccimarro. Un sassaro-catalano Azzeccarbugli, che aveva da far dimenticare le compromissioni, col Regime, proprio di suo cognato Siglienti, che dell'IMI stesso era stato proprio il Presidente… il suo nome era Mario Berlinguer, un grembiulino di quart'ordine. Però spregiudicato e cinico, e necessariamente "pronto a tutto" pur di sfruttare il momento propizio.
Diventò, nelle mani degli inglesi, un micidiale carnefice, giustizialista ante-litteram.
Egli faceva parte di una massoneria ultraperiferica, quella di Sassari, ovviamente sabauda.
L'entrata in guerra trovò questo gruppo di "happy fews", latifondisti che si erano riconvertiti alla finanza proprio attraverso l'Istituto Mobiliare Italiano, la banca addetta a drenare capitali dalla rendita agricola verso gli impieghi industriali in favore del Piemonte. La nascita dell'IRI, guidata dal "confratello" Alberto Beneduce, peraltro meritevolissimo di ogni lode, con le necessità pubblica di sottoscrivere debito per la ricostruzione stessa, fu la Grande Occasione per questi ras-feudatari sottoscrittori di larghissime fette di Debito Pubblico, di lanciarsi in politica…
Il nucleo era costituito dai clan tribali: Segni, Berlinguer e Siglienti, stretti ulteriormente fra di loro attraverso numerosi matrimoni endogàmici. Il valvassino Cossìga (=Còrsica, in catalano "Corsìga"), al secolo noto anche come Mauro Franchi o Franco Mauri (=Libero Muratore, in franco-anglo-tedesco), giunse solo dopo, di "inferiore" appartenenza natale. Questi clan parentali di affaristi "puri", se da una parte lucravano grandemente sul Fascio, dall'altro ne temevano una Riforma Agraria tipo Paludi Pontine, che li espropriasse dei loro privilegi feudal-massonici.
E per questo, già da inizio guerra, evidentemente pre-allertati sulla "trappola a Mussolini" che questa effettualmente costituiva, crearono il nucleo primigenio della futura "Gladio" collaborazionista col futuro terrorismo atlantistico, sia militare che mafioso-giudiziario, destinato a insanguinare l'Italia, ed a sconvolgere gli equilibri di Helsinky '75, già statuiti in Europa e nel mondo. E conseguentemente a distruggere lo Stato Italiano di tutti i Cittadini, in favore dello spadroneggiamento totale delle consorterie "per soli eletti". Tipo quelle loro: come teorizzò Berlinguer figlio, la "Dittatura degli uomini virtuosi", sostenuta da Scalfari su "la Repubblica". Che mai furono né lui né suo padre, come i fatti crudeli hanno poi largamente comprovato.
Su questo primigenio "nocciolo sardo" della Bestia "Stay-Behind" che insanguinò l'Italia a tale scopo, ha scritto proprio Cossiga in persona, in numerosissimi articoli e interviste.
Mario Berlinguer che ne era parte cospicua fu designato allora dagli inglesi, giugno '44 a Roma "liberata", per decreto Regio su proposta del fantoccio-Bonomi, Alto Commissario alla Epurazione dei Criminali di Guerra.
Il bilancio della sua magistratura si misura dalle cifre: decine di ergastoli, fucilazioni, pene detentive spesso ingiustissime. Ma, fra tanti delitti, tutti giustificati in nome della "vendetta popolare", soprattutto un gravissimo errore: il linciaggio preordinato, su ordine impartitogli dal colonnello John Pollock del PWB, di Donato Carretta.
Anche se un suo astutissimo figliolo, tal Enrico, si era "fatto arrestare" ad ogni costo, ma solo ad occupazione alleata già avvenuta, e per sole due-tre ore, in curiosi e anacronistici "disordini per il pane", scoppiati in Sassari nell'estate del 1944, la famiglia Berlinguer non aveva francamente alcun titolo "antifascista", men che mai "militante". Così la sua inaudita severità contro i perdenti della guerra civile, funse da "metadone" di questa mancanza. Dalli duro contro le vittime, figurerai come un "vero" Resistenzialista!

IL LINCIAGGIO DI DONATO CARRETTA: 18 settembre 1944
Il 18 settembre 1944 si doveva processare l'ex-Questore di Roma, Pietro Caruso, che fu poi fucilato dopo un processo sommario con sentenza già scritta.
Ma a deporre quel giorno fu chiamato Donato Carretta, l'ex-Direttore del carcere di Regina Coeli; ove erano stati rinchiusi, durante la "vacatio legis" tra la fuga del sabaudo e l'occupazione successiva degli Alleati, tanti antifacisti. Molti di questi furono largamente, e notoriamente, favoriti dallo stesso Carretta: per esempio la fuga di Pertini e di Saragat, per tanti aspetti così poco chiara. Certamente favorita, a dir poco, dallo stesso Carretta: ma non certo senza un accordo preliminare e preventivo fra tedeschi ed anglo-americani, oramai alle porte di Roma…
A questi infatti un Pertini, che si era "fieramente" opposto al discorso di Togliatti sul governo unitario nazionale, con un Saragat idem, faceva assai gran comodo!
E non fu forse così casuale che i due "fieri antifascisti", sempre in esilio in Francia (Pertini a Nizza, cioè "fori porta", che lui era di Savona. Svolgendo attività di "muratore", come lui stesso si compiaceva dire), giammai dietro le sbarre, poi divennero Presidenti al Quirinale… entrambi col consenso comunista. Pertini addirittura imposto da Berlinguer, che costrinse Leone alle dimissioni, previa campagna diffamatoria scalfariana antesignana di "Mani Pulite", grazia allo sbando democristiano successivo all'assassinio di Aldo Moro, nel 1978.
Il regista dei processi era questo John Pollock*, dirigente dello Psychological Warfare Branch, il più alto ufficio di spionaggio dell'Intelligence Service.
Mario Berlinguer «faceva "o muorto"», come si dice a Napoli in gergo di teatro; cioè fingeva di "presiedere" il tribunale stesso, fornendo un comodo alibi "italiano" ai comandi stranieri che ordinavano morti e fucilazioni per protrarre la guerra civile tra italiani anche dopo la fine della vera e propria "guerra armata": così loro comandavano, insieme, da una parte e dall'altra, alle "opposte partigianerie".
Il povero Carretta era sicuro, dati i meriti pregressi, e cioè il suo sereno e inevitabile "doppiogiochismo" in quei tempi ferrigni, di farla franca. E non sospettava che gli alleati proprio per questo avessero deciso di ammazzarlo: ma non per condanna penale di quella Corte militare messa in piedi per scopi di eccitare, che mai si sarebbe giustificata! Bensì tramite linciaggio di una "anonima" folla…
Perché sapeva troppo, il povero Carretta, di imbrogli e intrugli tra gli opposti fronti, dietro la facciata della guerra sporchissima "contro l'Italia e contro gli italiani" da loro Alleati combattuta anche eccitando i tedeschi a combatterla coi mezzi più cruenti! Vedi la strana, lentissima, battaglia di Montecassino, ritardata apposta da tanti "incomprensibili sbagli" militari: per distruggere poi, "giustificatamente" causa lentezza stessa, la meravigliosa Abbazia con uno dei più orrendi e blasfemi bombardamenti aerei della storia!
Firmato e sottoscritto Psychologichal Warfare Branch, ufficio di Napoli in Piazza della Borsa, che così pianificava le "strategie" d'urto contro i simboli stessi dell'Italia, per lasciarne orfanelle le sue popolazioni martoriate, anche di quelli ai più Alti Comandi.
John Pollock* ordina a Mario Berlinguer di organizzare una udienza quanto più aperta alla "ggggente": quegli, obbediente, diramò centinaia di inviti in un'aula che ne poteva contenere sì e no cinquanta. Molti professionisti del disordine, ingaggiati allo scopo, furono convocati apposta dagli uffici Alleati.
Quando la folla si fece enorme e mugghiante, l'"errore" preordinato di Berlinguer, a scatenar la furia belluina: "l'udienza è rinviata!". Come previsto, esplose la tempesta. L'orrendo linciaggio del povero Carretta, inclusa la ribellione alla massa ferina di quel tranviere, un vero comunista-patriota, che si rifiutò di stritolarne il corpo sui binari come incitavano a fare i capi-folla, fu tutto filmato. E questo è un caso strano, fra tante stranezze più comprensibili, da Luchino Visconti, ancor fresco di "Ossessione" prodotto proprio da Vittorio Mussolini…
Forse filmò a futura memoria di qualcuno? E ordinatogli da chi, che a quei tempi la pellicola costava moltissimo? Probabilmente proprio da Togliatti, al di quale Partito Comunista l'artista aristocratico si era andato avvicinando dal giugno che gli Alleati erano entrati in Roma. Forse in quel film obliteratissimo, a vederlo soltanto, emergono "le prove" della pre-fabbricazione di quell'osceno massacro che prelude all'infamia analoga di Piazzale Loreto… solo sette mesi dopo.
Fu questa la molla decisiva che spinse Togliatti, non fosse che per obbedire altrimenti che agli inglesi, stava o no agli "ordini di Stalin"?, a "liquidare al più presto questo Berlinguer", come lui stesso disse a Mauro Scoccimarro che di quell'Alto Commissariato fece pur parte, per evitare che stragi e massacri ulteriori, vendetta contro vendetta, insanguinassero ulteriormente l'Italia e gli italiani, che era proprio quello che gli inglesi volevano.
L'Amnistia fu lo strumento che soppresse de facto e di diritto il "fanatico" giustizialista epuratore. Suo figlio, tal Enrico, di conseguenza ai fatti, fu iscritto d'ufficio, pur giovanissimo, qual premio di consolazione per il padre trombato da tant'Ufficio, alla Direzione Nazionale del PCI. Sì, proprio lui. Il futuro "feroce giustizialista", il truce fariseo-Savonarola della "questione morale", tipo il film di Alberto Sordi by Luigi Zampa, "Il Moralista". A cui Pertini faceva da "pechinese" in braccio.
Iscritto nel 1944 alla direzione del PCI, appena ventiduenne: «quando ancora portava il grembiulino», lo chiosava così l'antifascista "vero", con 13 anni di carcere alle spalle.
Un fesso che di nome faceva Giancarlo Pajetta.

Pompeo Ingravallo        

* John Pollock, vedi caso, era il cugino di un custode-bidello del Museo Solomon Guggenheim di New York. Peggy Guggenheim, la nota miliardaria che ne era nipote, conobbe questo "Colonel John" quando si trasferì in Italia dopo la guerra, per stabilirsi a Venezia con tutta la sua collezione d'arte d'avanguardia, ma ancora di impronta francese (Man Ray, Duchamp ecc.).
E diventò poi l'amante del suo omonimo cugino, Jackson Pollock, un alcolizzato al quale fu insegnato a pisciare sulle tele…Nacque così l''action dripping', coi fondi dei servizi di propaganda di cui la Guggenheim era parte eminente, acquisendo la famosa Ca' Venier dei Leoni, sul Canal Grande, sestiere Dorsoduro-Accademia, il più pregiato alle soglie del bacino di San Marco. Tutta una stessa famiglia di 'grandi artisti'… (notizie tratte da "Comment New York vola l'idée d'Art Moderne", di Serge Guilbault, Jacqueline Chambon Editeur, Paris 1999)

http://fncrsi.altervista.org/Togliatti_liquido_Berlinguer.htm

Fuori la verità sulle ingerenze dei servizi segreti occidentali

Stragismo e strategia della tensione.
Troppi misteri, troppe rimozioni “di Stato”...

di: Maurizio Barozzi

Chi segue le mie ricostruzioni storiche avrà notato che spesso esterno certi apprezzamenti, consiglio testi e a volte recensisco i lavori di alcuni validi autori che hanno fatto serie a approfondite ricerche sullo stragismo e la strategia della tensione.

Tra le altre, in particolare, ho segnalato le ricerche storiche di:
G. Casarrubea e M. Cereghino: Lupara Nera, Ed. Bompiani 2009;
S. Flamigni: La tela del ragno, Ed. Kaos 2003;
R. Priore, G. Fasanella: Intrigo Internazionale, Ed. Chiarelettere, 2010;
G. Fasanella, M. Cereghino: Il Golpe inglese, Ed. Chiarelettere, 2011.
Ma soprattutto, avendoli ritenuti molto obiettivi e validi:
F. Imposimato: La Repubblica delle stragi impunite, Ed. New Company 2013;
S. Limiti: Doppio Livello, Ed. Chiarelettere 2013;
S. Limiti: L’Anello della Repubblica, Ed. Chiarelettere 2009;
A. Giannuli: Strategie della tensione, Nuova Inziativa Ed. 2005;
A. Giannuli: Il Noto Servizio, Andreotti e il caso Moro, Ed. Marco Tropea 2011.

Pur tuttavia, rendendomi conto che il quadro storico, da questi autori ricostruito, seppur veritiero non risulta totalmente esaustivo ed anzi in alcuni casi, appariva “deviante”, con un altro apposito articolo facevo notare che forse un limite, in questi autori, era quello di essere “interni” al sistema, professionisti, spesso tra l’altro con amicizie in ambiti politici di “sinistra”, che finiscono per subire troppi limiti e condizionamenti.

Già Vincenzo Vinciguerra, con perfetta lungimiranza e acume indagativo, aveva dimostrato come molti magistrati che sono stati celebrati dalle cronache e su certe indagini ci hanno anche costruito carriere politiche, in realtà avevano finito per produrre solo spezzoni di verità ed anzi spesso hanno fatto deviare le loro risultanze verso verità “politicamente” di comodo, come, per esempio, le ridicole “verità” da dar da bere ad una opinione pubblica “alla buona”, circa “Servizi deviati” o “infedeli” e altrettante “massonerie deviate” quali responsabili dello stragismo. Come dire: il contrario della verità.
Ma del resto questo Stato, subordinato al sistema Atlantico, sullo stragismo è evidente che non può totalmente incolpare sè stesso.
Tornando comunque a questi autori, abbiamo apprezzato le loro ricerche, le documentazioni fornite e lo smascheramento di tante trame e il ruolo di tanti personaggi.

Dal capo dell’Oss, James, J. Angleton, a Umberto Federico D’Amato, vari generali dei nostri Servizi, gruppi politici come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, le vicende del principe Borghese, i coinvolgimenti di tanti esponenti del partito di Almirante, le ingerenze e le trame delle Intelligence Atlantiche, della P2, e così via.
Tutti testi, ripetiamo, tra i più seri in circolazione e che, almeno in parte hanno anche permesso di superare le accennate verità di comodo sui Servizi e le Massonerie “deviate”.

Tuttavia, ed ecco qui i dubbi che vengo ad avanzare, questi autori hanno totalmente omesso di indagare e ricostruire certe vicende che riguardano da vicino una vasta area di sinistra e parte del vecchio Pci, quella a nostro avviso controllata dalle centrali occidentali.

Analogamente non comprendiamo come questi autori non tirino certe conclusioni, a proposito del “cui prodest”, per cui 20 anni di stragismo non hanno affatto prodotto regimi reazionari o colpi di stato alla “vogliamo i colonnelli”, ma hanno invece trasformato il paese in senso progressista e modernista, hanno imposto un adeguamento delle nostre Istituzioni alle consuetudini istituzionali dell’Occidente, hanno liquidato partiti organizzati su tradizioni sociali o ideologiche (anche se false ed ipocrite), per sostituirli con “botteghe” in fotocopia, per imporre, senza alcuna preclusione politica, nelle stanze di governo “tecnici”, del mondo bancario, esattamente come lo desiderava da tempo la globalizzazione mondialista. E da ultimo, ma non per ultimo, come il nostro paese ha finito per perdere ogni pur minimo spazio di sovranità nazionale, fino a subire la presenza di 113 basi, anche nucleari Nato, tutte sotto controllo straniero ed essere portato in giro per il mondo a fare guerre di interesse Occidentale. Altro che “fanfascismo”, Gelli P2 e “Stato forte”, è scaturito da 20 anni di stragismo smascherato nelle sue “trame nere” e con l’avvento della Seconda Repubblica!

Se permettete, i conti, a carico della strategia della tensione, non tornano.
Oltretutto c’è tutto un buco, nelle indagini di questi celebri autori, che lascia perplessi e sospettosi.

In particolare manca totalmente una indagine approfondita sul ruolo, molto importante, giocato in Italia, durane la guerra e con strascichi nel dopoguerra, dai servizi occidentali, in particolare quelli britannici che manipolarono sapientemente anche una certa aerea comunista. Non è vero che il Pci era totalmente subordinato a Mosca, perchè è anche vero che i Servizi Occidentali lo controllavano adeguatamente.

Ora si dà il caso, che questi autori ci hanno fatto conoscere, con tanto di documentazioni, come il famoso J. J. Angleton si mise in tasca il neofascismo del dopoguerra, ma nulla hanno fatto sapere sull’importantissimo ruolo, per esempio, del cosiddetto “Col. inglese” Ralph Merril, alias Renato Mieli, ebreo di Alessandria d’Egitto, che si dice fondò l’Ansa, nel 1949, divenne direttore dell’Unità, quindi venne a Roma a dirigere la Sezione Esteri del Pci.

E’ il padre di Paolo Mieli, giornalista e direttore di importanti quotidiani, passato per il gruppo antagonista comunista Potere Operaio e da alcuni definito, come il Ralph Merril junior, interessato, da “inglese” quale egli sostanzialmente viene considerato, a tenere l’Italia in permanente inferiorità e sudditanza al sistema Occidentale anglofilo (vedesi: Gianni Caroli: Sgridare nuora perchè suocera intenda, http://www.napolibera.eu/, reperibile anche in: http://marcotravaglio.mastertopforum.net/-vp39215.html).

Questo Ralph Merril, Capt. del Pwb, Warfare Psycological Branch, finanziò, organizzò e protesse in Italia, durante la guerra, le organizzazioni comuniste e tutto un certo spionaggio, impegnate nella lotta al fascismo.

Quindi è evidente che Oss americano e Soe britannico, giocarono su più tavoli, Vaticano compreso, per stendere una tela di ragno dalla quale il nostro paese non si sarebbe mai più liberato: non lavoravano certo per favorire il comunismo, queste Intelligence, ma ad esclusivo vantaggio anglo americano.

A Napoli, per esempio, ci racconta Maurizio Valenzi, ex sindaco comunista di Napoli, nel suo: “Confesso che mi sono divertito”, Pironti Ed. 2008, come il controspionaggio britannico approntò, prima del ritorno in Italia di Togliatti, le basi clandestine e i finanziamenti per i comunisti.

Orbene vorremmo sapere se questi connubi proseguirono nel dopoguerra, e se arrivarono fino al periodo della strategia della tensione.

Si da il caso però che questi autori, da me citati, ci hanno pur detto qualcosa, per esempio, sulla etero direzione delle Brigate Rosse morettiane, la scuola parigina della Hyperion, crocevia di Servizi di mezza Europa, ma su tanti altri aspetti hanno taciuto.

Sul fronte del neofascismo balordo e colluso con gli Atlantici, centinaia di inchieste e fiumi di inchiostro. A sinistra, invece, poco o nulla, se non addirittura superficiali inchieste di scarso interesse circa interferenze delle centrali dell’Est, quando poi sappiamo bene che, per esempio, il capo per tanti anni della Stasi, il servizio segreto della Germania comunista, l’israelita Markus Wolf, del quale si dice che aiutava la RAF tedesca, da a pensare se veramente lavorava in un ottica sovietica, o invece in tutt’altre direzioni, visto il ruolo giocato dalla RAF nella eliminazione di personaggi scomodi al mondo bancario e all’Alta Finanza.

Non parliamo poi di certi sospetti e primi abbozzi di indagini che segnalavano Aldo Moro ucciso in una prigione ubicata nel ghetto ebraico di Roma, dove potrebbe esservi stato portato, magari dopo un passaggio di consegne negli ultimi giorni di vita. Ed è inutile segnalare che in quella zona, nulla sfugge o passa inosservato ai servizi israeliani.

Ebbene, oltre a Sergio Flamigni che, a onor del vero, pur in queste ricerche si è impegnato seriamente, tutti gli altri autori perchè tacciono o esprimono al massimo qualche informazione en passant?
Come vedesi il filo sottile e occulto che abbraccia la “strategia della tensione” parte da lontano e arriva ancora più lontano, incrocia vasti ambienti politici e terroristici eterogenei, ma principalmente, questo filo, è tenuto dalle salde mani Occidentali.

Ed a proposito della influenza “Occidentale” nella politica italiana, anche quella di stampo comunista, abbiamo anche un altra domanda: quando ci verrà ricostruita in tutti i suoi particolari la storia del cosiddetto “clan dei Berlinguer” e associati sardi, a iniziare dal loro “capostipite” Mario, nel 1944 Alto Commissariato ai Crimini di Guerra su disposizioni Alleate per finire al figlio Enrico, smantellatore del Pci togliattiano?

Vorremmo, per esempio sapere, se potrebbe rispondere al vero che egli faceva parte di una massoneria periferica, quella di Sassari, ovviamente sabauda: “Un gruppo di latifondisti che si erano riconvertiti alla finanza proprio attraverso l’ Istituto Mobiliare Italiano, la banca addetta a drenare capitali dalla rendita agricola verso gli impieghi industriali in favore del Piemonte. La nascita dell’ IRI, guidata dal ‘confratello’ Alberto Beneduce, peraltro meritevolissimo di ogni lode, con le necessità pubblica di sottoscrivere debito per la ricostruzione stessa, fu la Grande Occasione per questi ras-feudatari sottoscrittori di larghissime fette di Debito Pubblico, di lanciarsi in politica….
Il nucleo era costituito dai clan tribali: Segni, Berlinguer e Siglienti, stretti ulteriormente fra di loro attraverso numerosi matrimoni endogàmici. Il valvassino Cossìga ... giunse solo dopo, di ‘inferiore’ appartenenza natale. Questi clan parentali di affaristi-‘puri’, se da una parte lucravano grandemente sul Fascio, dall’ altro ne temevano una Riforma Agraria tipo Paludi Pontine, che li espropriasse dei loro privilegi feudal-massonici”...

Tra questi il più importante, il Commissariato ai Crimini di Guerra, fu scelto un ‘bidello dell’ IMI’, cosiddetto proprio da Togliatti in una lettera a Mauro Scoccimarro. Un sassaro-catalano Azzeccarbugli, che aveva da far dimenticare le compromissioni, col Regime, proprio di suo cognato Siglienti, che dell’ IMI stesso era stato proprio il Presidente… il suo nome era Mario Berlinguer, un grembiulino di quart’ ordine. Però spregiudicato e cinico, e necessariamente ‘pronto a tutto’ pur di sfruttare il momento propizio (vedesi Pompeo Ingravallo: Togliatti liquidò Berlinguer, reperibile in: http://fncrsi.altervista.org/Togliatti_liquido_Berlinguer.htm).

Comunque stiano le cose, stiamo parlando di un gruppo umano e politico di grande incidenza nella storia del nostro paese, un gruppo che, a quanto si dice, Palmiro Togliatti con il suo senso del partito e dello Stato, aveva sempre cercato di emarginare, ma che poi, dopo la sua morte, è straripato nel Pci e si è anche assunto il compito di occidentalizzalo, aprendo la strada a quella che poi è stata la fine politica e ideologica di questo partito, stravolto dalle ideologie neoradicali ed oggi divenuto una “cosa” informe di stampo “liberal”.
Storie e vicende di questi “cugini”, per censo, luogo e magari per matrimoni endogamici, che varrebbe la pena di approfondire, con quella dei Segni, dei Pintor, dei Cossiga, dei Manconi (sassarese, sociologo e critico musicale, già di Lotta Continua e sposatosi con Bianca Berlinguer, giornalista figlia di Enrico), le vicende del Manifesto, e così via, per cercare almeno di capire fin dove potevano arrivare eventuali condizionamenti “Occidentali” anche su presunti comunisti.
Potremmo trovarci in presenza di semplici dicerie, ma a nostro avviso il controllo Atlantico del nostro paese, non è passato solo attraverso l’area della destra neofascista.

Ma, a proposito di Lotta continua, quanti “strani” personaggi troviamo nella genesi di questo movimento che sembra proprio l’esatta realizzazione di quei movimenti antagonisti prefigurati dalle strategie statunitensi dette “Chaos” e di cui troviamo forti sospetti di ingerenze della Cia. A quando ci faranno leggere una approfondita indagine su Lotta Continua, un movimento che ha visto tra i suoi dirigenti Adriano Sofri, il quale ha pubblicamente raccontato che il capo dei famigerati AA.RR., U. Federico D’Amato, venne un giorno a casa sua a proporgli di assassinare dei militanti comunisti combattenti?
Non dubitiamo sul rifiuto oppostogli da Sofri, però mettetela come volete, ma a noi spontaneo ci viene a pensare, che se D’Amato, che di certo non era uno sprovveduto, arrivò ad avanzare tali compromettenti proposte, doveva ben sapere con chi stava parlando.
E sempre per Lotta Continua a quando avremo la “verità” sull’omicidio del commissario Calabresi, legato a quello di Feltrinelli, o dobbiamo accontentarci delle “rivelazioni”, a “corda limitata e controllata”, del pentito Marino?
E i traffici all’Est di Feltrinelli, apparentemente con ambienti comunisti cecoslovacchi, ecc., ma in realtà inquinati dalla presenza delle massonerie di mezza Europa orientale?

Per concludere, chiedevo ad un profondo conoscente di tanti lati oscuri della nostra triste storia: come mai che scrittori seri, che non ho difficoltà a considerare onesti, non hanno mai speso una parola su queste importanti ricerche, gettando solo sulle spalle di ignobili organizzazioni di destra, tutto il peso dell’asservimento alle centrali Atlantiche?
Mi ha risposto che a parte alcuni condizionamenti che nella editoria possono esserci da parte dell’Alta Massoneria, bisogna anche stare molto attenti a certe “verità” che pur emergono da queste inchieste e da questa letteratura, sostanzialmente embedded.
Per esempio, mi diceva, quando uscì il libro: “Il golpe inglese”, chissà, forse in parte tratto anche da 'NapoLibera' (Sito che ha prodotto molte documentazioni su certi risvolti della presenza dei Servizi inglesi in Italia e i loro complici), si potrebbe anche sospettare che tutte queste informazioni siano uscite fuori proprio allo scopo di limitarne le rivelazioni 'impadronendosene'. “Mi accorsi [però, egli ha aggiunto] senza neppure leggerlo, già dall' Indice dei Nomi... che era assente 'il cervello' dello spionaggio anglofilo in Italia, Renato Mieli, che era stato il “capo” di Mario Berlinguer già da Roma Liberata-1944... ovvero il capt. Ralph Merrill del PWB”.
E concludeva affermando questa che, nel nostro caso, se fosse vera, sarebbe una sconvolgente verità:

“Dire tutti i fatti, ma tacerne i responsabili, può anche essere una maniera più abile di depistare senza tacere”.

Ci auguriamo che i più avveduti e bravi autori da noi citati vogliano smentire questo sospetto e ci facciano anche conoscere le loro ricerche in merito al ruolo svolto dalle centrali Occidentali, statunitensi e britanniche, senza dimenticare il Mossad, nella vasta area della sinistra.

- See more at: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21665#sthash.fRmsYFdr.dpuf


http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21665