sabato 2 febbraio 2013

CRIMINI E PERFIDIA ANGLOAMERICANI


IL TRADIMENTO SEGRETO

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The Secret Betrayal (il tradimento segreto), Nikolai Tolstoy, Charles Scribner’s Sons, 1978. 503 pagine. Rilegato. ISBN: 0-684-15635-0.

Fonte: The Journal of Historical Review, Inverno 1980 (Vol. 1, N° 4), pag. 371-376



Recensito da Charles Lutton

Dal 1943 fino agli inizi del 1947, i paesi occidentali, guidati da Gran Bretagna e Stati Uniti,  restituirono circa due milioni e mezzo di prigionieri di guerra e rifugiati all’Unione Sovietica, indipendentemente dalle loro richieste individuali. Altre migliaia di vecchi emigrati (persone che avevano lasciato la Russia dopo la Rivoluzione Bolscevica e la Guerra Civile) furono restituiti a forza all’URSS, assieme ad altre persone di origine russa ma che non avevano mai vissuto entro i confini russi.

Il rimpatrio forzato di russi alla fine della Seconda Guerra Mondiale è stato trattato in vari libri pubblicati prima del libro del Conte Tolstoy, pubblicato in Gran Bretagna nel 1977 col titolo Le Vittime di Yalta. Uno dei primi studi di questo triste episodio fu quello di Peter Huxley-Blythe  intitolato L’Est venne all’Ovest (The Caxton Printers, 1964). Julius Epstein, della Hoover Institution, si rivolse alla legge per stanare i documenti inerenti a tale questione. I risultati furono pubblicati nel 1973 nella pubblicazione intitolata Operazione Keelhaul: la storia del rimpatrio forzato dal 1944 ad oggi (Devin-Adair). Un anno dopo fu pubblicato in Inghilterra e negli Stati Uniti il libro di Nicholas Bethell L’ultimo segreto: rimpatrio forzato in Russia 1944-1947 (Basic Books, 1974).

Il Tradimento Segreto è il racconto più esauriente del rimpatrio forzato apparso finora. Fra il 1971 ed il 1978 i relativi documenti governativi furono declassificati ed il libro trova un solido fondamento nei documenti d’archivio britannici, nonché in un mucchio di informazioni avute in interviste e corrispondenza con politici, ufficiali militari che condussero le operazioni di rimpatrio e con alcune delle vittime che riuscirono a sopravvivere alla tragedia. Questo è un racconto attentamente documentato del ruolo britannico nel rimpatrio.

Con l’invasione dell’Europa Occidentale nel Giugno 1944, migliaia di prigionieri russi caddero nelle mani degli Alleati. Molti erano lavoratori forzati che avevano lavorato al Vallo Atlantico per l’Organizzazione Todt. Altri erano semplici rifugiati. Tuttavia gli Alleati occidentali furono sorpresi nello scoprire che a migliaia si erano volontariamente arruolati nella Wehrmacht. Il Ministro degli Esteri sovietico Molotov disse, nel Maggio del 1944, che il numero di russi che prestavano servizio nelle forze armate tedesche era “insignificante”. Invece, circa un milione di concittadini di Stalin si erano arruolati dall’altra parte.

Alla fine di Giugno il Ministero degli Esteri britannico decise di rimpatriare i prigionieri di guerra russi, non tenendo nella benché minima considerazione le conseguenze di una tale politica (agli inizi della guerra Stalin aveva detto chiaramente che qualsiasi cittadino sovietico che fosse anche temporaneamente fuori dal controllo comunista sarebbe stato considerato come un traditore. Ordini ufficiali minacciavano i “disertori” e i prigionieri di guerra di misure draconiane). Il 24 Giugno 1944, Patrick Dean, consulente legale del Foreign Office (Ministero degli Esteri), dichiarò: “ a tempo debito, tutti coloro dei quali le autorità sovietiche vorranno occuparsi, verranno ad esse consegnati e non ci preoccupa il fatto che possano essere fucilati o essere sottoposti a pene più severe di quanto lo sarebbero in base alla legge britannica “.

L’Ufficio della Guerra aveva una opinione diversa. Il SOE britannico (Special Operations Executive, un’organizzazione creata nel Novembre del 1940 per incoraggiare, dirigere e rifornire gruppi di resistenza nei paesi occupati dall’Asse) aveva distribuito volantini ai russi nelle forze armate tedesche promettendo che la loro resa agli Alleati avrebbe comportato l’asilo politico se lo avessero desiderato. Nonostante le proteste, questo comitato militare non riuscì a prevalere sul Ministero degli Esteri nel cambiare la sua decisione unilaterale di rispedire tutti i russi alle autorità sovietiche.

Il Ministro degli Esteri britannico Anthony Eden, il quale, Tolstoy dice “ fu il responsabile di tutta questa politica “ fu il primo a raggiungere un accordo con i sovietici per il rimpatrio, durante la Conferenza di Mosca nell’Ottobre del 1944. Gli Stati Uniti si unirono alla Gran Bretagna e all’Unione Sovietica nel riaffermare il programma di rimpatrio dei russi, durante la Conferenza di Yalta. Tuttavia, nell’accordo riguardante i prigionieri di guerra, non c’era niente che si riferisse il rimpatrio di cittadini sovietici che non erano disposti a ritornare in URSS. E non era nemmeno previsto che coloro che non erano mai stati  cittadini dell’URSS dovessero essere consegnati a Stalin.

Durante l’estate del 1944 i britannici iniziarono a rimandare in Russia migliaia di russi provenienti da campi di prigionia e di rifugiati. Quando furono informati della loro destinazione, molti prigionieri si suicidarono. Il Ministero degli Esteri fece di tutto per coprire le notizie dei suicidi perché, avvertiva Patrick Dean, “ questi suicidi avrebbero potuto provocare problemi politici in Gran Bretagna “.

Ufficiali britannici che consegnarono i prigionieri nei porti sovietici, come Murmansk o Odessa, videro con i loro occhi squadre di esecuzione uccidere cittadini russi mentre lasciavano la nave. Rispondendo ad una richiesta di voler dimostrare pietà a coloro che non volevano ritornare in Unione Sovietica, Eden scrisse che “ le condizioni dell’Accordo di Yalta in Crimea dovevano essere rispettate e che non c’era tempo per i sentimentalismi “.

Quando la guerra ebbe fine in Europa nel Maggio del 1945, oltre due milioni di russi si arresero alle forze americane e britanniche. Furono create delle Commissioni Sovietiche per il rimpatrio in tutta l’Europa Occidentale, presiedute da agenti dell’NKVD e dello SMERSH (servizio di controspionaggio dell’Armata Rossa). Alcune volte, i funzionari sovietici dichiararono che Stalin aveva proclamato un amnistia totale. Molti russi che erano stati prigionieri di guerra o lavoratori forzati colsero l’occasione di ritornare alle loro case dai loro cari e ritornarono volontariamente in Unione Sovietica. Migliaia di altri, tuttavia, avevano un’idea di quelle che sarebbero state le conseguenze se fossero caduti nelle mani degli agenti di Stalin. Alcuni richiesero la protezione della Convenzione di Ginevra riguardante i prigionieri di guerra. Altri sperarono di essere trasferiti in un'altra parte del mondo non comunista.

I britannici tirarono fuori ogni tipo di espediente per rimpatriare il più facilmente possibile elementi anti-comunisti. Ad esempio, alla fine del conflitto, circa 50.000 cosacchi erano nella parte di Austria controllata dai britannici. Assieme a circa 100.000 georgiani, varie tribù cosacche avevano combattuto con i tedeschi contro i sovietici e, con le loro famiglie, si ritirarono verso ovest mentre il Terzo Reich crollava. Quando furono rimpatriati gli appartenenti al 15° Corpo di Cavalleria Cosacca, gli inglesi mentirono dicendo loro che sarebbero stati mandati prima in Italia e poi in Canada. In altri casi fu invece necessario mettere delle truppe al fianco di questi uomini, donne e bambini disarmati, obbligandoli a salire su camion o carri ferroviari. Mentre venivano radunati, molti mostrarono documenti che dimostravano la loro cittadinanza francese, italiana, yugoslava, oppure registrati come apolidi con passaporto Nansen emessi dalla Società delle Nazioni.

Il capitolo undici, dal titolo “ An Unsolved Mistery “ (un mistero irrisolto) cerca di chiarire uno dei più spaventosi incidenti nella storia del rimpatrio e cioè la riconsegna a Stalin di oppositori di lunga data del regime che erano tecnicamente esenti dal rimpatrio per via del fatto che non erano mai stati cittadini sovietici. Per  “cittadino sovietico”  si intendeva “una persona nata o residente entro i confini Russi prima del 1° Settembre 1939 (che non avesse acquisito nessun’altra nazionalità – o un passaporto Nansen che lo avrebbe reso cittadino apolide) “. Con questa definizione migliaia che avevano lasciato la Russia durante la Guerra Civile e che si trovarono sotto il controllo britannico alla fine della Seconda Guerra Mondiale, non avrebbero dovuto essere mandati in URSS. Fra le migliaia consegnati a Stalin, c’erano il vecchio generale zarista settantaseienne Peter Krasnov; Andrei Shkuro, un generale di cavalleria che aveva combattuto per lo Zar ed era stato decorato dagli inglesi nella Prima Guerra Mondiale e che combatté con la Prima Divisione Tedesca della Cavalleria Cosacca nel secondo conflitto e Sultan Kelech Ghirey, leader dei caucasici.

Gli ufficiali inglesi informarono questi uomini che era richiesta la loro presenza ad un incontro col Field Marshall Alexander. Salirono su dei camion e furono consegnati alle autorità sovietiche in Austria. Come afferma Tolstoy: “ persino le autorità sovietiche furono sorprese che i britannici avessero incluso queste persone nella consegna. A Judenberg (il punto di consegna in Austria) il generale dell’Armata Rossa Dolmatov chiese con sorpresa perché erano stati consegnati emigrati di vecchia data: a quanto ne sapeva lui, le autorità sovietiche non li aveva mai richiesti. Gli inquirenti dell’NKVD erano veramente increduli “.

La maggior parte di questi emigrati di vecchia data avevano combattuto come Alleati dei britannici nella primo conflitto mondiale. Il 12 Gennaio 1947, i generali Krasnov e Shkuro, assieme al comandante tedesco della 15a. Divisione di Cavalleria Cosacca, generale Helmuth von Pannwitz, furono fucilati dopo aver trascorso 19 mesi nella famigerata prigione della Lubianka. La maggior parte degli altri ufficiali cosacchi e tedeschi delle unità cosacche furono anch’essi fucilati. “ In questo modo “ spiega l’autore, “ il governo britannico ha di fatto condannato a morte senza processo ufficiali tedeschi che si erano consegnati loro come prigionieri di guerra “.

Il Generale di Brigata Geoffrey Musson, che consegnò i cosacchi ai sovietici, disse all’autore di aver ricevuto ordini verbali dai suoi superiori che lo obbligavano a consegnare tutti i cosacchi sotto il suo controllo, indipendentemente dalla loro nazionalità. Alcuni documenti riguardanti questo particolare incidente restano classificati e altri sono “misteriosamente scomparsi”. Tolstoy ritiene che “ la consegna  soprattutto di Krasnov e Shkuro e in generale degli ufficiali a Lienz, non fu una svista commessa da alcuni ufficiali sotto pressione in un momento di stress, ma fu un’operazione pianificata con cura. Forse il motivo era quello di collaborare con le forze sovietiche in Austria “.

Gli ufficiali militari, ai quali veniva ordinato di allestire in rimpatrio, erano spesso stupiti dell’angoscia dei rifugiati quando venivano a sapere che sarebbero stati rispediti verso Est. Il Tenente Michael Bayley riferì di come i contadini russi, che avevano lavorato come lavoratori forzati nelle fattorie tedesche, pregassero di poter rimanere in Germania.

Un altro ufficiale spiegò che lui e i suoi colleghi ufficiali credevano che le paure dei Cosacchi fossero infondate. La propaganda britannica del tempo di guerra aveva ritratto l’URSS come una specie “una specie di stato socialista dell’utopia e che si sarebbero comportati con compassione verso queste persone che noi avremmo dovuto riconsegnare”. Per tutta la guerra ci fu un blackout di notizie sfavorevoli al sistema sovietico, per cui non sorprende che i militari incaricati di effettuare il rimpatrio ritenessero che l’URSS fosse governata dalle “ Quattro Libertà “ e che quindi i rifugiati russi non avevano niente da temere dal loro governo.

Proteste contro la politica di rimpatrio furono sollevate nell’estate del 1945. Il Comandante del 2° Corpo Polacco, Gen. Anders, si lamentò che i sovietici stavano tentando di rapire cittadini polacchi. Il 5 Luglio 1945 il Vaticano inviò un appello al Ministero degli Esteri britannico e al Dipartimento di Stato americano affinché le migliaia di ucraini che si trovavano nell’Ovest non venissero rimandati indietro. John Galsworthy del Foreign Office britannico annotò: “ noi non desideriamo attirare l’attenzione su questo aspetto dell’Accordo il quale, ovviamente, è in contrasto con il nostro comportamento tradizionale verso i rifugiati politici “.

Altre obiezioni furono sollevate da comandanti alleati d’occupazione. In Italia, il Generale Alexander alla fine disse ad una missione di rimpatrio sovietica, guidata dal Gen. Basilov, che non verrà loro permesso di intimorire gli ucraini non consenzienti affinché ritornino in Russia. Anche il Gen. Eisenhower vedeva con ripugnanza l’uso della forza contro rifugiati russi e prigionieri di guerra inermi. Egli congelò temporaneamente le operazioni di rimpatrio e chiese ai suoi superiori a Washington un chiarimento definitivo sulla questione. Il Gen. Montgomery seguì a ruota e nell’autunno del 1945 ordinò che non venisse più usata la forza per il rimpatrio dei cittadini sovietici. I governi britannico e americano si presero così la responsabilità di continuare la politica del rimpatrio. Galsworthy del Foregn Office scrisse: “ prendemmo una decisione molto tempo fa che non potevano tentare di salvare i russi dal loro governo, comunque se potessimo farlo lo faremmo  solo per motivi puramente umanitari “.

I  sostenitori del rimpatrio forzato hanno sostenuto, senza prove, che “ Stalin avrebbe potuto tenere in ostaggio i prigionieri britannici liberati “. Perché stupirsi di centinaia di migliaia di russi rimpatriati forzatamente quando, dopo tutto, prigionieri britannici e americani liberati dall’Armata Rossa nella Germania dell’Est sono stati rimandati all’Ovest? Tolstoy credeva che i diplomatici Alleati volessero continuare a collaborare con i sovietici nel costruire un nuovo ordine mondiale post-bellico. “ Le supposizioni che l’Unione Sovietica potesse rappresentare una potenziale minaccia, sebbene abilmente presentata, erano ridicole. Funzionari del Foreign Office sostenevano che le intenzioni di Stalin verso l’Occidente erano benevole e che lavorare in collaborazione con lui era essenziale per gli interessi britannici. Il destino dei russi rimpatriati era un deplorevole ma inevitabile sacrificio per un scopo superiore “.

Nikolai Tolstoy ha dimostrato che gli inglesi furono colpevoli di non aver  rispettato i principi della legge britannica e la Convenzione di Ginevra. L’unico difetto del libro è la mancanza di enfasi di Tolstoy sul ruolo avuto dal governo degli Stati Uniti nella politica del rimpatrio. Nonostante questa mancanza, Tolstoy ha scritto un libro che getta una nuova e notevole luce su uno dei più tragici episodi del 20° secolo.


Traduzione a cura di: Gian Franco Spotti

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