giovedì 21 febbraio 2013

IL CAMPO DI CHELMNO TRA STORIA E PROPAGANDA















IL CAMPO DI CHELMNO TRA STORIA E PROPAGANDA

Di Carlo Mattogno

La storiografia olocaustica asserisce che, oltre ad Auschwitz,
esistettero due campi di sterminio parziale (dove soltanto una esigua percentuale di deportati sarebbe stata gasata), Majdanek e Stutthof, e quattro di sterminio totale (in cui tutti i deportati sarebbero stati gasati in massa): Treblinka, Bełżec, Sobibór e Chełmno.
Finora Jürgen Graf ed io ne abbiamo studiati tre:
– Concentration Camp MajdanekA Historical and Technical Study. Theses & Dissertations Press, Chicago, 2003, 316 pagine;
– KL StutthofIl campo di concentramento di Stutthof e la sua funzione nella politica ebraica nationalsocialista. Effepi, Genova, 2003, 161 pagine;
– TreblinkaExtermination Camp or Transit Camp? Theses & Dissertations Press, Chicago, 2004, 365 pagine;
Da solo mi sono poi occupato di un altro:
– Bełżec nella propagandanelle testimonianzenelle indagini archeologiche e nella storia. Effepi, Genova, 2006, 191 pagine (con il complemento Bełżec e le Controversie olocaustiche di Roberto Muehlenkamp
http://ita.vho.org/BELZEC_RISPOSTA_A_MUEHLENKAMP.pdf).
La lacuna su Sobibór sta per essere colmata. Uno studio su questo campo apparirà in edizione americana tra qualche mese.
La mia opera su Chełmno è l’oggetto di questa presentazione.
Il campo di Chełmno tra storia e propaganda (Effepi, Genova, settembre 2009, € 25) conta 228 pagine, di cui 196 di testo, con 27 documenti e fotografie, con oltre 400 note, più di 70 fonti bibliografiche, di cui una ventina polacche. Riporto alla fine l’indice per dare un’idea dei temi che vi sono trattati.
A differenza di tutti gli altri campi menzionati sopra, a Chełmno, stranamente, non sarebbero state impiegate a scopo di sterminio camere a gas fisse, bensì “autocarri di gasazione”, “Gaswagen”, in cui le vittime, si dice, venivano uccise in un cassone chiuso ermeticamente dai gas di scarico del motore.
Tale termine però non appare nei documenti olocaustici (che parlano di “autocarri speciali”: Sonder-WagenSonderfahrzeugenSpezialwagenSWagen), essendo infatti la contrazione di Generatorgaswagen, autocarri a gasogeno, che circolarono comunemente negli anni Trenta e Quaranta non solo in Germania, ma anche in Italia. Questi veicoli erano dotati di un gasogeno a carbone o a legna in cui si produceva una miscela gasosa di ossido di carbonio molto ricca, tra il 18 e il 35%, mentre un motore a benzina, con un’opportuna manomissione del carburatore, poteva arrivare al 12%. Perciò i Generatorgaswagen sarebbero stati un’arma perfetta. Data la quantità e l’accuratezza degli studi tecnici che esistevano in Germania sull’argomento, queste erano conoscenze elementari. Tuttavia l’Istituto tecnico-criminale (das Kriminaltechnische Institut o KTI) nell’Ufficio centrale di sicurezza del Reich (Reichssicherheitshauptamt), presuntamente incaricato della progettazione dei “Gaswagen”, non avrebbe preso neppure in considerazione questa soluzione tecnica facile ed efficace.
Ma si sa, per gli olo-storici i Tedeschi erano dei perfetti imbecilli.
Ad Auschwitz, pur disponendo della tecnologia più avanzata al mondo in fatto di camere a gas di disinfestazione a Zyklon B (il sistema Degesch-Kreislauf), che includeva anche tunnel di gasazione per treni, per il presunto sterminio i dirigenti SS si sarebbero accontentati di strutture primitive, spesso neppure dotate di ventilatori per evacuare rapidamente la miscela gasosa.
Nei campi orientali (Treblinka, Bełżec, Sobibór) si sarebbero affidati a vecchi motori russi Diesel (nei primi due) o a benzina (nel terzo), che si guastavano in continuazione, perché evidentemente il bilancio del Terzo Reich non consentiva l’acquisto di motori tedeschi nuovi; sicché, in caso di avaria, i comandanti dei campi, se non volevano chiedere i pezzi di ricambio a Stalin, dovevano far catturare intatto un veicolo russo col medesimo motore.
Il capitolo 1 esamina la ricostruzione olocaustica dell’origine dei “Gaswagen” e dimostra che essa si basa esclusivamente su testimonianze del dopoguerra di cui è impossibile verificare l’attendibilità, visto che al riguardo non esiste alcun documento, e su congetture arbitrarie. La conclusione è che, su questo tema, la storiografia olocaustica documentariamente, non sa nulla e non può dire nulla.
Il capitolo 2 mostra che, per questa storiografia, anche al vertice del Terzo Reich regnava la stupidità e la schizofrenia. Il presunto Führerbefehl, l’ordine di sterminio, sarebbe stato eseguito non solo con due soluzioni tecniche diverse – Zyklon B e ossido di carbonio –, ma attraverso due diverse vie gerarchiche: da un lato la trafila Hitler – Cancelleria del Führer – Istituto tecnicocriminale – eutanasia – “Gaswagen” – Chełmno e presunti campi di sterminio orientali; dall’altro la trafila Hitler – Himmler – Eichmann – Höss – Auschwitz – Majdanek.
Ma nei campi orientali, inspiegabilmente, sarebbero state impiegate camere a gas fisse funzionanti con gas di scarico di motori, e non “Gaswagen”: perché? Al riguardo la storiografia olocaustica non sa che cosa rispondere.
Quanto ad Auschwitz, Himmler avrebbe affidato ad Eichmann l’incarico di trovare un gas appropriato per il futuro sterminio in massa, ma il poveretto, dopo quattro mesi, non sapeva ancora dove sbattere la testa, sebbene la Germania fosse all’epoca all’avanguardia nel campo della chimica e dei gas tossici. Nel corso della prima guerra mondiale ne erano stati usati di ogni tipo da entrambi gli schieramenti, incluso l’acido cianidrico (il principio attivo dello Zyklon B) e di ciascuno si conoscevano perfettamente le caratteristiche chimiche, fisiche e tossicologiche. Ma siccome anche Eichmann era un perfetto imbecille, non consultò nessuno degli innumerevoli manuali che li descrivevano, non si rivolse né a chimici, né a medici, né a tossicologi SS, sicché l’“arma del crimine”, lo Zyklon B, sarebbe stata scoperta casualmente ad Auschwitz da un semplice capitano SS e poi impiegato su larga scala.
C’è poi la “missione” Rudolf Höss, il primo comandante di Auschwitz, inviato a Treblinka dieci mesi prima che questo campo fosse aperto per studiarvi il metodo di sterminio locale e, avendo accertato che non era “molto efficiente, ad Auschwitz ripiegò sullo Zyklon B. C’è anche la “missione” di Kurt Gerstein, il quale, essendo stato inviato dalReichssicherheitshauptamt a Bełżec nell’agosto 1942 per sostituire l’inefficiente sistema di uccisione dei gas di scarico con quello dell’acido cianidrico (ed essendosi per questo portato dietro un pericoloso carico di acido cianidrico in bottiglie (!), invece dei sicuri barattoli di Zyklon B, che anzi avrebbe potuto tranquillamente requisire a Lublino-Majdanek senza dover passare per la fabbrica di Kolin), non fece nulla e, sebbene la sua “missione” fosse un segreto di Stato, tornato a Berlino non fece rapporto a nessuno e nessuno gli chiese nulla. Talché i campi orientali continuarono a funzionare tranquillamente con questo sistema inefficiente.
Il capitolo 3 dimostra che la costruzione del campo di Chełmno non aveva relazione col fantomatico ordine di sterminio ebraico, ma con la politica nazionalsocialista di deportazione all’Est.
Nel capitolo 4 vengono discusse le prove della presenza di “Gaswagen” a Chełmno. Vi si dimostra l’inconsistenza dell’unico documento addotto al riguardo e anche il fatto che l’unica fotografia di un “Gaswagen” attestato in questo campo non era di un “Gaswagen”, ma di un mezzo di disinfestazione o di trasporto dei detenuti. In base alla solita stupidità congenita che gli olo-storici attribuiscono ai Tedeschi, le alte gerarchie del Reich, oltre ad autocarri Saurer, una ditta svizzera che però aveva una filiale a Vienna, avrebbero impiegato per la fabbricazione di “Gaswagen” autocarri Diamond, una ditta americana che, dopo Pearl Harbor, ossia dalla presunta entrata in funzione di Chełmno, ovviamente non fornì più alla Germania né autocarri né pezzi di ricambio.
Il capitolo 5 indaga sul «primo sterminio sistematico di Ebrei nel Warthegau»(G. Aly), di cui però non si conosce la data né il modo in cui fu attuato. Risalendo alla fonte polacca, si scopre che in questo “sterminio” le SS operarono una “selezione” alla rovescia: uomini da 14 a 60 anni e donne da 14 a 50 anni: forse temevano di sterminare qualche ebreoinabile al lavoro? All’epoca infatti gli inabili al lavoro venivano mandati nel ghetto di Łódź.
Ma c’è anche una testimonianza dell’ottobre 1945: gli Ebrei furono costretti a spogliarsi e a scendere in una fossa il cui fondo era cosparso di calce. Poi le SS portarono un autocarro con tinozze piene d’acqua e, per mezzo di una pompa e dei tubi, innaffiarono d’acqua le vittime, che furono divorate dalla calce viva. Un sistema di uccisione molto originale, degno del sadismo delle SS, che, insieme alla stupidità, è un’altra loro prerogativa olocaustica.
Il capitolo 6 analizza il primo rapporto su Chełmno, redatto da un sedicente ex detenuto, “Szlamek”, che era fuggito il 19 gennaio 1942. Ne vengono messe in luce le assurdità e le contraddizioni, che lo relegano nella sfera della propaganda. Particolarmente istruttiva è la descrizione del funzionamento di un “Gaswagen”: nella cabina di guida c’era un “apparato del gas” munito di pulsanti e collegato a due tubi che correvano sul fondo del cassone e per far affluire il gas nel cassone bastava premere un pulsante. Forse il “genio tecnico tedesco” (a seconda delle necessità, gli olo-storici considerano i Tedeschi degli imbecilli o dei geni, come ad esempio per quanto riguarda la costruzione di forni crematori dalle capacità forse olocausticamente “geniali”, ma tecnicamente assurde) aveva già ideato un sistema elettronico? Comunque per i testimoni successivi il procedimento divenne molto più grossolano: ad ogni uccisione bisognava avvitare manualmente il manicotto che collegava il tubo di scappamento al cassone.
Il capitolo 8 passa in rassegna criticamente le testimonianze di ex SS ed ex detenuti e dimostra che sono contraddittorie e prive di qualunque riscontro oggettivo.
Il capitolo 9 è dedicato al problema della cremazione dei cadaveri dei presunti gasati. Della “missione” di Paul Blobel a Chełmno per escogitare il sistema più adatto al fine di distruggere i corpi degli Ebrei fucilati dagli Einsatzgruppen (nel quadro della cosiddetta “azione 1005”), testimoni e giudici polacchi non sapevano nulla. Secondo il giudice istruttore W. Bednarz la cremazione iniziò nell’estate del 1942 in conseguenza di un’epidemia di tifo provocata dalle esalazioni dei cadaveri. Viene discussa la visita di Höss ai «Feldöfen Aktion Reinhard» (forni campali dell'Azione Reinhard), che non si trovavano a Chełmno e che non erano neppure forni crematori. Si dibatte inoltre sulla questione della «Knochenmühle» (macina per ossa), che era piuttosto una semplice «Kugelmühle» (macina a sfere).
Il capitolo 9 tratta dei forni crematori di Chełmno. Dalla descrizione dei testimoni risulta un tipo di impianto molto simile all’apparato Feist, un forno per la combustione delle carogne di animali morti di malattie contagiose ideato dal veterinario Georg Feist nella seconda metà dell’Ottocento. Dai risultati di esercizio di quest’impianto si desume che i due forni di Chełmno potevano avere una capacità di 180 cadaveri in 24 ore, un po’ pochino per un “campo di sterminio”.
Tuttavia gli scavi archeologici eseguiti nell’area del campo a partire dal 1986, che vengono esaminati nel capitolo 10, hanno riportato alla luce le rovine di un solo forno (l’impianto era una fossa a forma di tronco di piramide rovesciato rivestita di mattoni refrattari con un focolare in basso e un canale per apporto dell’aria di combustione e la rimozione delle ceneri). Il risultato delle indagini archeologiche si rivela in contrasto con le testimonianze anche per altri aspetti.
Il numero delle vittime del campo, cui è dedicato il capitolo 11, come in tutti gli altri “campi di sterminio”, ha subìto una revisione più che drastica: da 1.300.000 della Commissione Centrale di indagine sui crimini tedeschi in Polonia e da 1.300.097 (quale ammirevole precisione!) del testimone Andrzej Miszczak, a 340.000 del giudice Bednarz, agli attuali 151.000 o 145.000.
Il capitolo 12 elenca i trasporti ebraici a Łódź e da lì a Chełmno. Vi si analizza chi e perché fu evacuato dal ghetto e si mostra che le fasce d’età dei detenuti esclusi dall’evacuazione non si conciliano troppo con la logica di sterminio degli inabili al lavoro: il 1° agosto 1943 il ghetto contava ancora 6.854 bambini fino a 9 anni e 1.400 anziani di oltre 65 anni. Il paragrafo 12.4 rientra nella saga della stupidità delle SS: dopo il settembre 1942, il campo rimase inattivo per sei mesi, ma fu smantallato solo il 7 aprile 1943 (non si chieda perché: non c’è risposta). Tuttavia bisognava pur gasare gli Ebrei rimasti nel ghetto di Łódź. Allora, all’inizio del 1944, le SS ricostruirono il campo, forni crematori inclusi, ma, dopo la gasazione di 10 trasporti ebraici con 7.170 persone, si resero conto che esso non aveva una capacità di sterminio sufficiente per attuare il programma di sterminio per il quale era stato ricostruito (perché, nella loro ottusa stupidità, dopo 9 mesi di gasazioni intensive, evidentemente le SS non sapevano ancora quale fosse la sua capacità di sterminio). Perciò dirottarono gli Ebrei del ghetto di Łódź su Auschwitz!
Il capitolo 13 esamina appunto tale questione. Vi si dimostra che l’evacuazione del ghetto era già cominciata, senza alcuna motivazione sterminatrice, nel marzo 1943 con l’invio di 1.600 Ebrei nelle fabbriche di armamenti di Skarżysko-Kamienna nei pressi di Radom. Non esiste alcuna prova che i 7.170 Ebrei summenzionati fossero stati inviati e gasati a Chełmno; il fatto che anche questi fossero quasi tutti abili al lavoro lascia presagire più un invio al lavoro che uno sterminio. Ciò è confermato dal fatto che, dei 65.000 Ebrei (cifra massima) deportati dal ghetto di Łódź nell’agosto 1944, ad Auschwitz giunsero non più di 22.500, di cui circa 11.500 Ebree furono poi ritrasferite a Stutthof. I restanti furono inviati in campi di lavoro del Reich.
Il capitolo 14 esamina due presunte attività di gasazione extra-ebraiche che avrebbero colpito zingari e bambini di Lidice. Per quanto riguarda i primi, nessuno documento menziona il loro invio a Chełmno. I documenti attestano soltanto che 4.363 zingari furono trasferiti dal ghetto di Łódź; che essi siano stati mandati a Chełmno è asserito soltanto da “Szlamek”, il quale però parla di 960 “gasati”. Ma gli olo-storici non badano a queste sottigliezze e li considerano tutti “gasati”. Fatto certamente indubitabile, con un “testimone oculare” di questo calibro.
La genesi della storia relativa ai bambini di Lidice è non meno istruttiva. Essa nacque come trasporto di bambini polacchi della regione di Zamość inviato a Chełmno nel 1943che alla fine divenne un trasporto di bambini cecoslovacchi inviato a Chełmno nel 1942!
Nel capitolo 15 vengono esposte considerazioni sulla destinazione finale degli Ebrei che passarono per il campo.
Un’ultima osservazione. La “prima gasazione” a Chełmno sarebbe avvenuta l’8 dicembre 1941. Quest’affermazione, ripetuta in ogni scritto su questo campo, non ha il minimo fondamento documentario e neppure testimoniale. Risalendo la serie di citazioni incestuose, che rimandano sempre come fonte ad uno scritto precedente, si arriva ad un libro polacco pubblicato nel 1946. Vi si afferma che la “prima gasazione” ebbe luogo il 9 dicembre 1941. Finalmente un punto fermo. Propongo pertanto alla storiografia olocaustica di accettare questa data. La fonte è autorevolissima: il testimone Andrzej Miszczak. Quello che ha dichiarato 1.300.097 morti!

Una cosa è certa: per prendere sul serio le storielle che ci vengono propinate da olo-storici e olo-testimoni ci vogliono doti davvero non comuni di olo-credulità.
Che anche le menti più argute sfoggiano disinvoltamente per timore di essere tacciati di ­ – orrore! – “negazionismo”.

Indice

Introduzione
1. Origine dei “Gaswagen
2. Il presunto Führerbefehl e i sistemi di uccisione per attuarlo: Zyklon B contro CO
3. Genesi e significato dell'ordine di costruzione del campo di Chełmno
4. «Gaswagen» a Chełmno? Discussione delle prove
5. Il «primo sterminio sistematico di Ebrei nel Warthegau»
6. La prima testimonianza su Chełmno: il rapporto di «Szlamek»
6.1. Origine del rapporto
6.2. Caratteristiche generali del rapporto
6.3. Struttura e funzionamento di un «Gaswagen»
6.4. Le fosse comuni
7. I testimoni del dopoguerra
7.1. Le SS
7.2. I detenuti
7.2.1. Mordechai o Mordka o Mieczysław Żurawski
7.2.2. Shimon Srebrnik
7.2.3. Michał o Mordka Podchlebnik
7.2.4. Quanti e quali «Sonderwagen» furono in funzione nel 1944?
7.2.5. Il «Testamento» degli ultimi detenuti di Chełmno
8. La cremazione dei corpi delle presunte vittime
8.1. Lo scopo della cremazione
8.2. La presunta missione di Blobel a Chełmno
8.3. La visita di Höss ai «Feldöfen Aktion Reinhard» (forni campali dell'Azione Reinhard)
8.4. Höss visitò il campo di Chełmno?
8.5. «Knochenmühle» (macina per ossa) o «Kugelmühle» (macina a sfere)?
9. I “forni crematori” di Chełmno
9.1. Struttura e funzionamento
9.2. La capacità di cremazione dei forni e il fabbisogno di legna
9.3. Contraddizioni sull'attività dei forni crematori
9.4. I «forni crematori» di Chełmno e i “Feldöfen Aktion Reinhard
10. Scavi e ritrovamenti archeologici
10.1. Le indagini del giudice Bednarz e del Museo di Koniń
10.2. La pianta del campo
10.3. Le indagini eseguite negli anni 2003-2004
10.4. I risultati delle indagini
11. Il numero delle presunte vittime
12. I trasporti ebraici di evacuazione a Chełmno
12.1. I trasporti dal Warthegau al ghetto di Łódź
12.2. Le evacuazioni a Chełmno
12.3. Chi fu evacuato e perché?
12.4. Perché il campo cessò l'attività nell'aprile 1943? Perché la riprese nel 1944?
13. Le presunte gasazioni nel 1944: Chełmno e Auschwitz.
14. Il presunto sterminio degli Zingari e dei bambini di Lidice
14.1. Gli Zingari
14.2. I bambini di Lidice
15. La destinazione degli Ebrei evacuati


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