sabato 13 ottobre 2012

Pietro Calà Ulloa scriveva ......

                                                                Scritto da Pietro Calà Ulloa (lettere napolitane)
 



















Al Sig. Barone di Beust
Ministro degli Affari Esteri a Dresda
Signor Barone,
Ci viene riferto che ieri cinquemila uomini in circa, residuo dell' armata Napolitana, hanno deposto le armi, d'avanti al generale Cialdini, e così il Conte di Cavour può contare sopra un bel trionfo parlamentare!!!
Si racconta che il vecchio generale Milon sortendo dalla Piazza, alla testa di quella guarnigione, s'è avveduto che alcuni Uffiziali piangevano per l'ira è per la disperazione! — Figliuoli miei (ha detto a loro) durante la mia lunga carriera mi son trovalo sette volte in guarnigione ridotta a capitolare, è tre volte sono partito da questa stessa piazza. Alla mia età non posso sperare di rientrarvi, ma voi giovani ancora, voi vedrete altri giorni in cui potrete riprendere le armi per la redenzione della patria vostra ! —
Nel mentre che la guarnigione deponeva le armi, tre uffiziali disertori in Luglio e che attualmente servono nell'armata piemontese, si sono dati in spettacolo, marciando fieri ed allegri d'avanti ai ranghi dei loro vecchi commilitoni — Il tradimento e la paura non comprenderanno mai il trionfo dell'onore e della lealtà —
Qualunque esse siano le inquietezze e le angosce dell'ora presente, le anime degli ultimi ed eroici difensori del dritto e dell'indipendenza della lor patria sono di già nobilitate, malgrado il secolo e gli esempi contrari; e se la brutalità degli avvenimenti li ha schiacciati, possono però da questo momento contare sul giudizio della storia.
La giovine Regina è stata ammirabile pel suo eroismo. Questa Principessa di svelta e sottile statura, ha gli occhi soavi e dolci e nei dieciotto anni che conta possiede moltissima grazia ed attrattive. Non conobbe la grandezza d'un Trono che per le disgrazie.
Dal primo istante dichiarò che Essa voleva dividere i pericoli del suo Sposo Reale, e quando il generale Cialdini fece dire che si poteva lasciar sventolare una bandiera sul palazzo della Regina, fece rispondere che preferirebbe farla inalberare sulla chiesa di S. Francesco.
Quando visitava le batterie veniva accolta con vive acclamazioni de' soldati i quali non si stancavano d'ammirarla , e se il fischio dei proiettili faceva succedere l'inquietudine all'ammirazione, Essa non faceva altro che sorridere. Un obice scoppiò nel suo appartamento e quasi a' suoi piedi, ma non ne fu menomamente turbata, e disse sorridendo a quelli che si rallegravano di vederla sana e salva: “Eppure avrei desiderata una piccola ferita” Allorchè le s'impediva di uscire facendosele osservare che non mancava il nemico di rimarcare il suo brillante seguito, Essa andava a sedersi tranquillamente innanzi alla sua finestra con un libro alla mano.
La sua grazia fiera ed amabile eccitava l'entusiasmo e le grida frenetiche dei soldati. Negli ospedali era sopratutto una provvidenza, ed allora il cuore della donna temperando più che mai la severità delle sue grazie con una tinta dolce, produceva negli ammalati e ne' feriti un incanto incredibile, in modo tale da parere che quegli infelici obbliassero ogni male e sofferenza innanzi ad una semplicità così attraente e ad un naturale cosi perfetto.
Il Re e la Regina scesero a Terracina ed io passai dalla Muette sul Brandom per continuare il mio cammino fino a Civita-Vecchia, durante il quale ebbi sempre il cuore tristo, non avendomi potuto mai sottrarre dalle mie cupe preoccupazioni. Nell'appressarmi a Roma sentii il cuore consolato, come se Dio mi avesse fatto risplendere giorni felici — La mia memoria era ostinatamente occupata da quei versi di Virgilio.
TU QUOQUE LITTORIBUS NOSTRIS AENEIAE NUTRIX
AETERNAM MORIENS FAMAM CAIETA DEDISTi!
Ma la difesa di Gaeta sarà ristretta solo nella gloria d'aver sostenuto l'onore del paese? Son certo di nò perchè quegli uomini, che han pugnato per la vera indipendenza e libertà della patria, sono gli assicuratori, e tutto mel dice, dei destini dell'Italia; ed un giorno si vedrà l'emancipazione della Penisola spuntare dal sangue generoso dei difensori di Gaeta.
Il nobil cuore del Re ha riportato trionfo sulle prevenzioni più ostinate, il suo prestigio non può perire in quelli che sono abituati fin dalla loro nascita a rispettare la Dinastia dei Borboni. Il discendente di Enrico IV é il passato coronato vivente per mezzo dell'avvenire. Egli ha protestato, e ne ha fatto appello alla giustizia europea, al dritto delle genti ed all'onore, poichè il dritto della forza non può sempre trionfare.
Il proclama dell'8 Dicembre è il testamento politico del Re. Pel tuono degno e per la fiducia che ispira questo proclama gli spiriti si sono riempiuti di fede nello avvenire, di coraggio e di costanza nel presente. Si conosce chiaro che il Re lasciando la terra Napolitana ha seco portata la felicità del regno. La sventura fa divenir grande ogni cosa, ma in questo caso quella grandezza è nel l'infortunio!
Di già si è inquieti, e i più sinceri sono costernati di vedere che questa rigenerazione tanto preconizzata, si é limitata alla devastazione del paese, allo spargimento del sangue , alla negazione dei loro voti patriottici ed a fare della loro patria una provincia non dell'Italia, ma del Piemonte. Ed il modo con cui il Piemonte abuserà della sua vittoria, renderà la reazione negli spiriti più pronta e più completa. Ben presto si sentirà che la causa della giustizia, della legalità, e della civilizazione liberale è identificata con quella della monarchia e della indipendenza.
Tutto può aspettarsi da un momento di energia, da un incidente che potrà esser la scintilla d'un vasto incendio. Le passioni represse e celate pel momento, siatene certo, dovranno da se stesse scoppiare un giorno, con la più grande violenza, e propriamente quando l'immagine della patria si sarà svincolata dalle tenebre. ll giorno del trionfo non tarderà a comparire; ed in quello saran da compiangersi soltanto coloro, che combattendo morirono. —
Roma 16 Febbraio 1861.
 

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