mercoledì 17 ottobre 2012

LIBERAZIONE ?


La primavera del 1945, com’è ormai risaputo e accettato, fu caratterizzata dalla ferocia più disumana. Uccisioni, atroci torture, linciaggi, stupri, sadiche violenze, rapine, saccheggi.
Prese particolarmente di mira le donne dei fascisti: madri, mogli, figlie e le ausiliarie, le eroiche volontarie che erano entrate nei ranghi militari della RSI.

Ma uccisioni anche di sacerdoti, proprietari terrieri, imprenditori, si susseguirono per molti mesi, mentre uno Stato impotente e/o connivente lasciava fare.

Sull’argomento è già stato scritto molto e chi volesse documentarsi, non ha che l’imbarazzo della scelta; perciò sorvolo su tante stragi a guerra finita, che hanno gettato una grondante placca di ignominia su tutto il popolo italiano[1].

Era il frutto ineluttabile dell’odio senza limiti seminato dai rossi e dai loro complici nella guerra civile.

Una barbara strategia, estranea alla civiltà europea, quella dei comunisti e di tanti altri antifascisti - utili e feroci idioti strumentalizzati dai primi - per conquistare il potere nello Stato che gli veniva regalato dagli “Alleati”.

Secondo quanto ammette lo storico antifascista e partigiano Giorgio Bocca: « Il terrorismo ribelle non è fatto per prevenire quello dell’occupante, ma per provocarlo, per inasprirlo. Esso è autolesionismo premeditato: cerca le ferite, le punizioni, le rappresaglie per coinvolgere gli incerti, per scavare il fosso dell’odio. E’ una pedagogia impietosa, una lezione feroce » ( sic!)[2].

La stessa feroce strategia fu continuata metodicamente e cinicamente, con sadica efferatezza, anche e soprattutto dopo la resa delle forze fasciste. Infatti la teoria della guerra partigiana « incarna l’ostilità assoluta, perde la distinzione tra nemico e criminale[…..] cessa non con la pace negoziata , ma con lo sterminio[…..] si svolge in base al terrorismo» .[3]

Mi si conceda una rapida pennellata per tratteggiare il clima, assurdo fino all’alienazione, di quell’epoca.

Voglio accennare soltanto a qualche passo del libro di Ulderico Munzi, Donne di Salò,[4] dove si lascia parlare un’ausiliaria che aveva conservato la sua verginità - come si usava ancora diffusamente a quei tempi - «fino a quegli infami giorni dell’aprile-maggio 1945».

Dopo venti, forse trenta stupri, demenzialmente annientanti, si trattava ancora della costrizione allucinante, imposta da partigiani schierati in un cortile, in orrenda coreografia, con la pretesa di farsi baciare i loro membri «penduli, flosci, colore della vinaccia» da ausiliarie e donne fasciste, o ritenute tali, costrette a schierarsi di fronte a loro in ginocchio.

La nostra ausiliaria, spezzata nel fisico, ma immarcescibile nell’animo, ci sputò sopra. E fu subito presa ferocemente a calci, rotolata per terra a calci, fino a perdere misericordiosamente i sensi, mentre gli “eroi” continuavano ad accanirsi contro quel mucchietto di cenci inanimato.

Ostilità assoluta.

Ci hanno spiegato, infatti, che l’ostilità dei comunisti e degli altri utili e feroci idioti, poteva finire esclusivamente con lo sterminio. E quando non si riuscì con lo sterminio fisico, si tentò con lo sterminio morale.

E sterminio fu, per mesi e mesi.

I giovanissimi sottotenenti dell’esercito repubblicano Gino Lorenzi e Walter Tafani furono crocifissi a Mignagola (TV) e a Cavazze (MO), e tanti altri furono crocifissi in Romagna ai portoni delle stalle; in Liguria invece, spinsero la ferocia fino a gettare fascisti ancora vivi nei forni del pane o in enormi caldaie di acqua bollente e negli alti forni, forse ispirandosi ai più feroci episodi della rivoluzione bolscevica o agli orrendi supplizi delle persecuzioni ai martiri cristiani.


E non mancarono i roghi, come avvenne, pure eccezionalmente fuori dell’area più interessata dalle stragi, a Francavilla Fontana (Brindisi), dove l’otto maggio del 1945 vennero gettati, ancora vivi sul rogo preparato nella piazza principale del paese i due fratelli Chionna soltanto perché di fede fascista.

Vennero commemorati nel 1946, nel primo numero del periodico fascista clandestino Alba di riscossa, edito a

Cisternino (BR).[5]

In provincia di Ferrara la famigerata banda di Portoverrara nel maggio 1945 assassinò tre uomini dopo averli evirati, aver loro strappate le unghie, i denti e spezzata la spina dorsale; un branco di megere linciò un uomo a Quartesana strappandogli gli occhi. Ma bisogna riconoscere obiettivamente che la banda di Portoverrara non era neanche una delle più feroci.


A Medolla (MO) il grande invalido di guerra Weiner Marchi, costretto in una carrozzella, il 29 aprile, venne seviziato vigliaccamente e poi, ferito e sanguinante, fu gettato, ancora vivo, in pasto alle scrofe affamate in un recinto; ma furono più feroci gli uomini delle bestie che lo straziarono per cibarsene.


E avvenne anche in altri posti, come a Grosseto, dove la Vedova e le figlie, bambine, del fascista Faenzi peregrinarono per anni per scoprire dov’era stato sepolto il loro congiunto, ucciso dai partigiani, incontrando un muro di ostilità, diffidenza e omertà fin nei più sperduti poderi, finché non riuscirono a scoprire che il corpo del Martire era stato lasciato divorare dai porci.


A Modena il 27 aprile Rosalia Bertacchi Paltrinieri, segretaria del Fascio femminile e la fascista Jolanda Pignati furono violentate di fronte ai rispettivi mariti e figli. Quindi condotte vicino al cimitero furono sepolte vive.


Questo era il clima della Rossa Primavera”.

Dopo oltre cinquant’anni i Santoro, i Biagi e la “ridondante” schiera dei pennivendoli allineati nel politically correct, continuano il coro degli osanna, insensibili ad ogni resipiscenza. Vergogna!

Il Papa ha chiesto scusa ai mussulmani per le violenze commesse dai crociati.

Un capo di stato tedesco è venuto in Italia a chiedere scusa per la strage di Marzabotto (che pure era stata una rappresaglia contenuta nei limiti delle leggi di guerra, e coscientemente provocata dai partigiani, che non ritennero di impegnarsi poi nella difesa della popolazione inerme).

Quando accadrà che un capo di stato italiano chieda scusa agli italiani per le stragi della “rossa primavera” e per l’ignominia che ne è ricaduta su tutto il popolo?

Francesco Fatica



[1] Vedi Giorgio Pisanò su Gente anni 1959-1960, 18 puntate illustrate da 400 fotografie, poi raccolte nel volume Il vero volto della guerra civile, Rusconi, Milano, 1961; sempre di G. Pisanò, Sangue chiama sangue (Edizioni FPE, Milano1962 e successive edizioni) e ancora Storia della guerra civile in Italia 1943-1945 (CEN, Roma, 1965); Gli ultimi in grigioverde (CDL Edizioni, Milano, 1968); Il triangolo della morte (1992) e ancora Antonio Serena I giorni di Caino, Panda, Padova, 1990 e Gianni Oliva La resa dei conti, Mondadori, Milano 1999; Enrico Accolla, Lotta su tre fronti. Introduzione alla Storia della Repubblica Sociale Italiana, Greco & Greco Editori, Milano, 1992.
Si vedano anche i periodici: Nuovo fronte e L'ultima crociata, dell'Ass.ne naz.le famiglie dei Caduti e Dispersi della RSI.
[2] Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana, Laterza, Bari, 1966, pp.165-166.
[3] N. Matteucci, voce "resistenza", del Dizionario di politica diretto da Bobbio, Matteucci e Pasquino, Milano, 1991, in Storia del XX secolo, n. 56, febbraio 2000, citato da M. Ingrassia "La crisi italiana del '43 e il fascismo clandestino."
[4] Ulderico Munzi, Donne di Salò, Sperling & Kupfer, Milano, 1999, pp. 155-157.
[5] Lettera di Quirico Punzi all’estensore in data 29.03.2001.

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