IL FALANSTERIO Di S. LEUCIO
FRANCO E. PEZONE
La legge che io vi impongo è quella di una perfetta uguaglianza .... (alle coppie di novelli sposi) si concederà una delle nuove case che sono state costruite con tutto ciò che è necessario pe' comodi della vita, e i due mestieri, co' quali lucrar si possano il cotidiano mantenimento (1)
così il Codice leuciano, emanato nel 1789 da Ferdinando IV di Borbone per la Colonia agricola e manufatturiera di S. Leucio (2).
Sulla base del principio di una casa per tutti (e di altri, che dall'uguaglianza naturale si allargavano e si sviluppavano all'uguaglianza sociale) sorse quell'interessante complesso architettonico-urbanistico che, oltre a rappresentare una realizzazione notevole nell'ambiente della scuola vanvitelliana, costituisce uno dei primi esempi di edilizia popolare sovvenzionata d'Italia e può considerarsi come un'anticipazione delle company towns (3).
Ma l'importanza della Comune sta anche nel fatto che il geniale architetto scandì, interpretò e rivisse con le sue strutture edili i principi sanciti dal codice e dalla cultura sua contemporanea.
Francesco Collecini, al quale si deve l'intera realizzazione, armonizzò e rinnovò architettonicamente il rigore classico vanvitelliano (4) con l'originale tradizione dell'edilizia rurale campana e strutturò il suo falansterio in cellule, formanti tre aree distinte ma inscindibili, destinate all'attività agricola, all'attività manufatturiera ed a zona residenziale.
Originario nucleo, di quello che sarà il falansterio, fu il Belvedere, un castello del XVI secolo dei feudatari di Caserta, acquistato da Carlo di Borbone nel 1750 (5) con tutta la circostante tenuta di S. Leucio, che il re volle come riserva di caccia e che Vanvitelli(6) congiunse al parco reale ed alla reggia con una serie di viali.
Ferdinando IV continuò i lavori facendo recintare l'intera tenuta e costruire un casino di caccia; questo, poi, ampliato ospitò la famiglia reale (7) e divenne tenuta agricola. Intorno sorsero le case dei contadini, i quali aumentando dì numero si diedero anche all'allevamento del bestiame, in particolare del baco ed alla lavorazione, a prodotto finito, della seta (8).
Francesco Collecini, al quale si deve l'intera realizzazione, armonizzò e rinnovò architettonicamente il rigore classico vanvitelliano (4) con l'originale tradizione dell'edilizia rurale campana e strutturò il suo falansterio in cellule, formanti tre aree distinte ma inscindibili, destinate all'attività agricola, all'attività manufatturiera ed a zona residenziale.
Originario nucleo, di quello che sarà il falansterio, fu il Belvedere, un castello del XVI secolo dei feudatari di Caserta, acquistato da Carlo di Borbone nel 1750 (5) con tutta la circostante tenuta di S. Leucio, che il re volle come riserva di caccia e che Vanvitelli(6) congiunse al parco reale ed alla reggia con una serie di viali.
Ferdinando IV continuò i lavori facendo recintare l'intera tenuta e costruire un casino di caccia; questo, poi, ampliato ospitò la famiglia reale (7) e divenne tenuta agricola. Intorno sorsero le case dei contadini, i quali aumentando dì numero si diedero anche all'allevamento del bestiame, in particolare del baco ed alla lavorazione, a prodotto finito, della seta (8).
Nel 1778 Ferdinando faceva trasformare il Belvedere in sua residenza «e per accogliere tutto il lavoro e le manifatture che erano sparse nelle diverse abitazioni e ... la gioventù» (9).
Pochi anni dopo, mentre si costruivano le nuove case per gli artigiani, il re emanava il singolare codice.
La colonia nella sua struttura di Comune nacque nel 1776 ed ebbe carattere ufficiale nel 1789, con la promulgazione dello statuto.
Il governo era affidato a cinque Seniori del popolo, eletti ogni anno, nel giorno di S. Leucio, fra gli anziani (10).
I compiti dei Seniori erano quanto mai vari: decidere delle controversie (11), vigilare sui prezzi e le qualità, sull'organizzazione della Comunità, sul lavoro, sulle proprietà e le abitazioni, sull'igiene e la salute, ecc. (12)
Il sistema mutualistico e d'assistenza (siamo nel XVIII sec.) era uno dei più perfetti: La casa degli infermi sorgeva in luogo salubre ed isolato, accoglieva gli ammalati e, in reparti separati, gli affetti da morbi contagiosi.
«In questa né debiti tempi di autunno, ed a primavera d'ogni anno si farà a tutt'i fanciulli e le fanciulle della Società» (13) la vaccinazione, che era obbligatoria,
La colonia nella sua struttura di Comune nacque nel 1776 ed ebbe carattere ufficiale nel 1789, con la promulgazione dello statuto.
Il governo era affidato a cinque Seniori del popolo, eletti ogni anno, nel giorno di S. Leucio, fra gli anziani (10).
I compiti dei Seniori erano quanto mai vari: decidere delle controversie (11), vigilare sui prezzi e le qualità, sull'organizzazione della Comunità, sul lavoro, sulle proprietà e le abitazioni, sull'igiene e la salute, ecc. (12)
Il sistema mutualistico e d'assistenza (siamo nel XVIII sec.) era uno dei più perfetti: La casa degli infermi sorgeva in luogo salubre ed isolato, accoglieva gli ammalati e, in reparti separati, gli affetti da morbi contagiosi.
«In questa né debiti tempi di autunno, ed a primavera d'ogni anno si farà a tutt'i fanciulli e le fanciulle della Società» (13) la vaccinazione, che era obbligatoria,
A carico della Comunità erano «i medici, i medicamenti, le biancherie e quant'altro occorre pel mantenimento del luogo, e degli individui» (14).
Per coloro che, per un'invalidità permanente o Carità in ragione del mancato salario «per tutto il tempo della vita, o fino a che non sian rimessi in stato di potersi lucrare il pane» (16).
I fondi della Cassa erano dati da tasse mensili che ogni manufatturiere versava in proporzione del suo guadagno giornaliero (17).
Un altro ente previdenziale era la Cassa del Monte degli orfani che provvedeva a mantenere e ad educare gli orfani fino alla maggiore età (18).
Un altro ente previdenziale era la Cassa del Monte degli orfani che provvedeva a mantenere e ad educare gli orfani fino alla maggiore età (18).
Essendo proibiti i testamenti (19) il Monte degli Orfani incamerava tutti i beni dei defunti per provvedere ai suoi compiti istituzionali (20).
Ma il Codice non si limitava solo a forme avanzatissime di assistenza e di previdenza, esso portava alle estreme conseguenze l'enunciato iniziale «La legge che io vi impongo è una perfetta uguaglianza» (21). Infatti essendo lo spirito, e l'anima di questa Società l'uguaglianza fra gl'individui che la compongono (22) anche il vestire sia uguale in tutti (23).
Ma il Codice non si limitava solo a forme avanzatissime di assistenza e di previdenza, esso portava alle estreme conseguenze l'enunciato iniziale «La legge che io vi impongo è una perfetta uguaglianza» (21). Infatti essendo lo spirito, e l'anima di questa Società l'uguaglianza fra gl'individui che la compongono (22) anche il vestire sia uguale in tutti (23).
Riguardo ai matrimoni è detto: nella scelta non si mischino punto i genitori, ma sia libera de' giovini ... Abolisco tra i medesimi le doti (24). E in questo ambiente di perfetta uguaglianza i figli venivano educati con finalità e metodi che solo la più moderna pedagogia ha intuito.
La prima ed essenziale educazione era quella familiare (25). Il compito di educare e di istruire i fanciulli, dopo i cinque anni, passava poi alla Comunità come proprio diritto-dovere (26), affinché il futuro cittadino di questa originale società divenisse uomo dabbene ed ottimo cittadino (27).
Ed a tale finalità tendeva l'insegnamento di tutte le materie: il leggere, lo scrivere, l'abbacco ... i doveri verso gli altri, sè stessi e lo Stato; le regole della civiltà, l'economia domestica; il buon uso del tempo; ecc. (28)
La scuola era obbligatoria, gratuita, a tempo pieno; l'edificio scolastico era vasto, salubre ed attrezzato di laboratori e di macchine; gli insegnanti erano scelti fra gli artisti dei più abili poiché i Maestri equivalgono à Genitori (29). Il lavoro (non quello ludico dei soliti programmi ministeriali) produttivo e retribuito era fondamento e coronamento di tutta l'opera educativa (30). Abolita ogni discriminazione, cadeva anche quella dei sessi. Comuni erano: i programmi d'insegnamento, i diritti-doveri, il lavoro, la retribuzione (31). Tutto ciò perché fin dai banchi di scuola il Leuciano doveva imparare che la sola giustizia naturale e la naturale eguaglianza è la face, e la guida di tutte le operazioni (32).
Questo rifarsi alla natura e all'uguaglianza si palesava sia in piccole norme (L'esequie sian semplici, divote, e senza distinzione ... non vi sian lutti) (33), come in quelle importanti del dovere al lavoro di tutti e il connesso diritto (Assicuro tutti gli abitanti di S. Leucio che, ad esclusione degli esteri, essi saran sempre impiegati in tutti gli impieghi) (34).
La Colonia era autosufficiente e i suoi prodotti divennero ben presto famosi in tutto il mondo e portarono nelle casse comuni considerevoli introiti.
La struttura urbanistica interpretava a pieno lo spirito comunitario. Gli ambienti di lavoro erano di una perfetta funzionalità produttiva ma la salute e la personalità degli operai furono i presupposti essenziali di realizzazione. Gli ambienti comuni furono ideati ed edificati affinché vi si potesse svolgere una vita veramente democratica.
I servizi (scuola, ospedale, uffici, ecc.) erano strutturati secondo le necessità personali e collettive.
La prima ed essenziale educazione era quella familiare (25). Il compito di educare e di istruire i fanciulli, dopo i cinque anni, passava poi alla Comunità come proprio diritto-dovere (26), affinché il futuro cittadino di questa originale società divenisse uomo dabbene ed ottimo cittadino (27).
Ed a tale finalità tendeva l'insegnamento di tutte le materie: il leggere, lo scrivere, l'abbacco ... i doveri verso gli altri, sè stessi e lo Stato; le regole della civiltà, l'economia domestica; il buon uso del tempo; ecc. (28)
La scuola era obbligatoria, gratuita, a tempo pieno; l'edificio scolastico era vasto, salubre ed attrezzato di laboratori e di macchine; gli insegnanti erano scelti fra gli artisti dei più abili poiché i Maestri equivalgono à Genitori (29). Il lavoro (non quello ludico dei soliti programmi ministeriali) produttivo e retribuito era fondamento e coronamento di tutta l'opera educativa (30). Abolita ogni discriminazione, cadeva anche quella dei sessi. Comuni erano: i programmi d'insegnamento, i diritti-doveri, il lavoro, la retribuzione (31). Tutto ciò perché fin dai banchi di scuola il Leuciano doveva imparare che la sola giustizia naturale e la naturale eguaglianza è la face, e la guida di tutte le operazioni (32).
Questo rifarsi alla natura e all'uguaglianza si palesava sia in piccole norme (L'esequie sian semplici, divote, e senza distinzione ... non vi sian lutti) (33), come in quelle importanti del dovere al lavoro di tutti e il connesso diritto (Assicuro tutti gli abitanti di S. Leucio che, ad esclusione degli esteri, essi saran sempre impiegati in tutti gli impieghi) (34).
La Colonia era autosufficiente e i suoi prodotti divennero ben presto famosi in tutto il mondo e portarono nelle casse comuni considerevoli introiti.
La struttura urbanistica interpretava a pieno lo spirito comunitario. Gli ambienti di lavoro erano di una perfetta funzionalità produttiva ma la salute e la personalità degli operai furono i presupposti essenziali di realizzazione. Gli ambienti comuni furono ideati ed edificati affinché vi si potesse svolgere una vita veramente democratica.
I servizi (scuola, ospedale, uffici, ecc.) erano strutturati secondo le necessità personali e collettive.
Ferdinando I |
Il lavoro all'interno del falansterio leuciano si svolgeva a cellule autonome ma interdipendenti.
I contadini coltivavano il gelso (non mancavano però altre colture). Gli allevatori provvedevano al baco da seta, fino alla trasformazione in grezzo (il baco da seta si ciba di gelso. Non mancavano però altri allevamenti). Gli operai provvedevano alla filatura, tintura e tessitura della seta.
Gli artisti (nella Comune era stata istituita una scuola di arte, la prima in Italia e, forse, la più perfetta) provvedevano ai cartoni per il continuo ricambio dei disegni e degli accoppiamenti di colori. Il lavoro industrializzato si avvaleva della collaborazione artistica ed artigianale della migliore tradizione campana, rappresentata nella Comune.
Trasportatori leuciani provvedevano a portare in tutto il Regno ed all'estero il prodotto finito di seta che godeva di particolari franchigie, statuti e benefici (35). Ma per rendersi conto del successo avuto dalle sete di S. Leucio, bisogna ritornare all'origine, alla Comune cioè, e alla sua struttura urbanistica.
Il nucleo principale del falansterio, come già detto, era il Belvedere che, nella sua definitiva sistemazione, comprendeva la chiesa, la scuola, gli appartamenti di Ferdinando IV, i depositi, la filanda, le attrezzature per l'opificio, altri appartamenti, sale per riunioni, ecc.
Un altro nucleo si svolgeva intorno alla Vaccheria ed era riservato quasi interamente all'attività agricola.
Un terzo nucleo, e forse il più interessante, era dato dai quartieri, che sorgevano nei pressi e poco prima del Belvedere, all'ingresso della Colonia.
A destra ed a sinistra, disposte in duplice fila, formanti rispettivamente i quartieri di S. Ferdinando e di S. Carlo, si susseguono le case-cellule per gli operai. Ogni cellula, per ogni unità familiare, era composta da due vani al pianterreno, uniti da una scala interna ai due (o tre) vani, al piano superiore. La ripetizione dello schema planimetrico per ogni cellula rendevano i quartieri simili ai più moderni esempi di edilizia popolare.
Quando il terreno era in declivio, il Collecini, per conservare architettonicamente il carattere unitario e comunitario a questo insieme di singole cellule, dava alla fila di case un andamento scalare, sottolineato dalle linee spezzate - in orizzontale e verticale - dei cornicioni.
Altra caratteristica costruzione del falansterio era l'edificio destinato ad albergo, che serviva per ospitare coloro i quali transitavano per la Colonia o attendevano udienza dal re.
Negli anni che seguirono la promulgazione del codice i lavori urbani continuarono seguendo il disegno del Collecini nello sviluppare radialmente il falansterio intorno ad una pianta circolare, comprendente gli ambienti comunitari (36).
Si tendeva a fare del primo nucleo - ora esistente - l'inizio di una vera e propria città modernamente intesa, che interpretasse e realizzasse urbanisticamente una giustizia naturale e una naturale uguaglianza. Si sognava cioè una città a misura dell'uomo, per uomini uguali.
Ma la colonizzazione piemontese (37) ruppe quel balocco repubblicano di un monarca (38), che con decreto dei 12-IX-1860 passava ai beni nazionali d'Italia (39).
I Leuciani venivano dispersi e il primo ed ultimo sogno-realtà comunardo del nostro Paese svaniva all'alba dell'Unità (40).
I contadini coltivavano il gelso (non mancavano però altre colture). Gli allevatori provvedevano al baco da seta, fino alla trasformazione in grezzo (il baco da seta si ciba di gelso. Non mancavano però altri allevamenti). Gli operai provvedevano alla filatura, tintura e tessitura della seta.
Gli artisti (nella Comune era stata istituita una scuola di arte, la prima in Italia e, forse, la più perfetta) provvedevano ai cartoni per il continuo ricambio dei disegni e degli accoppiamenti di colori. Il lavoro industrializzato si avvaleva della collaborazione artistica ed artigianale della migliore tradizione campana, rappresentata nella Comune.
Trasportatori leuciani provvedevano a portare in tutto il Regno ed all'estero il prodotto finito di seta che godeva di particolari franchigie, statuti e benefici (35). Ma per rendersi conto del successo avuto dalle sete di S. Leucio, bisogna ritornare all'origine, alla Comune cioè, e alla sua struttura urbanistica.
Il nucleo principale del falansterio, come già detto, era il Belvedere che, nella sua definitiva sistemazione, comprendeva la chiesa, la scuola, gli appartamenti di Ferdinando IV, i depositi, la filanda, le attrezzature per l'opificio, altri appartamenti, sale per riunioni, ecc.
Un altro nucleo si svolgeva intorno alla Vaccheria ed era riservato quasi interamente all'attività agricola.
Un terzo nucleo, e forse il più interessante, era dato dai quartieri, che sorgevano nei pressi e poco prima del Belvedere, all'ingresso della Colonia.
A destra ed a sinistra, disposte in duplice fila, formanti rispettivamente i quartieri di S. Ferdinando e di S. Carlo, si susseguono le case-cellule per gli operai. Ogni cellula, per ogni unità familiare, era composta da due vani al pianterreno, uniti da una scala interna ai due (o tre) vani, al piano superiore. La ripetizione dello schema planimetrico per ogni cellula rendevano i quartieri simili ai più moderni esempi di edilizia popolare.
Quando il terreno era in declivio, il Collecini, per conservare architettonicamente il carattere unitario e comunitario a questo insieme di singole cellule, dava alla fila di case un andamento scalare, sottolineato dalle linee spezzate - in orizzontale e verticale - dei cornicioni.
Altra caratteristica costruzione del falansterio era l'edificio destinato ad albergo, che serviva per ospitare coloro i quali transitavano per la Colonia o attendevano udienza dal re.
Negli anni che seguirono la promulgazione del codice i lavori urbani continuarono seguendo il disegno del Collecini nello sviluppare radialmente il falansterio intorno ad una pianta circolare, comprendente gli ambienti comunitari (36).
Si tendeva a fare del primo nucleo - ora esistente - l'inizio di una vera e propria città modernamente intesa, che interpretasse e realizzasse urbanisticamente una giustizia naturale e una naturale uguaglianza. Si sognava cioè una città a misura dell'uomo, per uomini uguali.
Ma la colonizzazione piemontese (37) ruppe quel balocco repubblicano di un monarca (38), che con decreto dei 12-IX-1860 passava ai beni nazionali d'Italia (39).
I Leuciani venivano dispersi e il primo ed ultimo sogno-realtà comunardo del nostro Paese svaniva all'alba dell'Unità (40).
Note:
(1) FERDINANDO IV, re delle due Sicilie, Origine della popolazione di S. Leucio e Suoi progressi fino al giorno d'oggi colle leggi corrispondenti al buon governo di Essa, Napoli, 1789.
(2) In prossimità di Caserta nuova; da non confondersi col Borgo medioevale di Caserta Vecchia. Sui presupposti socio-economici della Comune cfr.:
F. LEMMI, Le origini del Risorgimento italiano (1789-1815), Milano, 1906.
A. GORI, Gli albori del Socialismo, 19....
S. STEFANINI, Una colonia socialista nel Regno dei Borboni, Roma, 1907.
(3) ossia di quei nuclei residenziali operai sorti sul finire dell'800 intorno ad alcune industrie nord-europee (DE FUSCO SBANDI, Un centro comunitario del '700 in Campania da COMUNITA' n. 86, 1961 (pag. 56).
I precedenti storici sono di varia natura: dalla filosofia alla letteratura, dalla nascita dell'industrializzazione al riformismo populista, dall'umanesimo utopistico alle colonie dei Gesuiti nel Paraguay, dal code de la Nature del Morelly all'Illuminismo napoletano. A tale proposito cfr.:
G. DE RUGGIERO, Il pensiero politico meridionale nei secoli XVIII e XIX, Bari, 1922.
T. FORNARI, Delle teorie economiche nelle province napoletane dal 1735 al 1830, Milano, 1888.
A. DUMAS, I Borboni di Napoli, Napoli, 1862 (specialmente per le affinità fra le leggi leuciane con i falansteri e le colonie dell'Owen).
FAGUET, Enciclopedie del Diderot e D'Alembert (alla voce COMUNISMO).
A. LICHTENBERGER, Le socialisme au XVIII siècle, Paris, 1895.
L. A. MURATORI, Il Cristianesimo felice nelle missioni della Compagnia di Gesù nel Paraguay, Venezia, 1752.
P. GIANNONE, Storia civile del Regno di Napoli;
G. FILANGIERI, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle province napoletane; (Ediz. varie).
(4) L'architetto che fu allievo e collaboratore del Vanvitelli nella realizzazione della Reggia di Caserta, fu uno dei portatori, in Campania, dei canoni neoclassici.
(5) In seguito chiamato al trono di Spagna. Per volere di questo re si ebbe la costruzione dell'albergo dei poveri, (opera di F. Fuga, che avrebbe dovuto ospitare i poveri del regno, calcolati in 8.000 persone) e la colonizzazione delle isole di Ustica, di Ventotene, di Lampedusa e delle Tremiti.
(6) L'artista che progettò e realizzò il parco ed il palazzo reale di Caserta.
(7) Pensai dunque nella villa medesima (Caserta) di scegliere un luogo più separato, che fosse quasi un romitorio, e trovai più opportuno essere il sito di S. Leucio. (FERDINANDO IV, op. cit.).
(8) La regina Amalia di Sassonia, moglie di Carlo, fin dal 1757, aveva iniziato a Caserta la coltivazione del gelso, e subito dopo l'allevamento del baco, per la lavorazione della seta. Sulla seta leuciana cfr.:
S. SPOTO, La colonie de S. Leucio et le travail de la soie en Italie Méridionale (in REV. DEUX MON.), Paris, 1894.
O. BORDIGA, Notizie storiche sulla bachicoltura e sulla industria serica nelle province napoletane, Napoli, 1910.
M. PETROCCHI, Industrie del regno di Napoli dal 1750 al 1860, Napoli, 1955.
E. PARISET, Histoire de la soie, Paris, 1862.
H. ALGOUD, La soie, art et histoire, Paris, 1928.
(9) FERDINANDO IV, op. cit.
(10) Fra gli anziani comando che in ogni anno nel giorno di S. Leucio se ne scelgano 5 dé più savi, giusti, intesi, e prudenti ... col nome di Seniori del Popolo ... L'elezione dé sopradescritti Seniori si farà congregandosi tutti i Capi di famiglia nel salone del Belvedere per bussolo segreto ed a maggioranza dé voti. (FERDINANDO IV, op. cit.).
Nel Regno meridionale gli operai avevano diritto di riunione e di elezione dei propri rappresentanti in base ad una legge del 1347, di Giovanna I. Questi diritti erano stati ribaditi da Ferdinando II d'Aragona, il quale, nel 1496, promulgava dal Campo di Atella unaCarta per gli Artigiani.
(11) Per quanto riguarda le sanzioni penali, il Codice si rifà alle leggi comuni; ma l'appartenere alla Colonia, costituiva qualifica di aggravamento di pena.
(12) FERDINANDO IV, op. cit.
(13) idem.
(14) idem.
(15) idem.
(16) idem.
(17) «Avrà questa Cassa per sfondo un rilascio di un tari al mese, che ogni manufatturiere, che sia in istato di guadagnare più di due carlini al giorno, farà in beneficio della medesima e di quindici grane al mese, per quelli che guadagnano meno di due carlini al giorno» (FERDINANDO IV, op. cit.).
Ma la Cassa di Carità, sorta come istituzione mutua ben presto finì col costituire la finanza centrale del nucleo e il simbolo delle consistenze patrimoniali dell'ente colonia ... «partecipò coi suoi capitali alle gestioni sociali delle fabbriche, unì al contributo degli artigiani le rendite di qual che cespite urbano e rustico, cominciò a provvedere ai più urgenti bisogni dei comunisti ed ai servizi pubblici quali l'assistenza sanitaria, l'illuminazione, le pensioni agli artigiani, ecc.» (G. TESCIONE, S. Leucio e l'arte della seta nel Mezzogiorno d'Italia, Napoli, 1961, pag. 255).
(18) «Per gli orfani i quali non sien ancora in istato di lucrarsi colle proprie fatiche il cotidiano alimento, mia sarà la cura di mantenerli e di farli educare col prodotto della sopradetta Cassa» (FERDINANDO IV, op. cit.).
(19) «... tra voi non vi sien testamenti, né veruna di quelle legali conseguenze che da essi provengono» (FERDINANDO IV, op. cit.).
(20) «I beni del defonto sien del Monte degli Organi delle cui rendite si forma Cassa» (FERDINANDO IV, op. cit.).
(21) FERDINANDO IV, op. cit.
(22) idem.
(23) idem.
(24) idem.
(25) «Il padre è nell'obbligo di sovvenire, di assistere, di sostenere, insiem con la madre i propri figli. Entrambi sono tenuti ad educarli ... A voi comando di educar bene i vostri figliuoli.» (FERDINANDO IV, op. cit.).
(26) «E' situata in Belvedere la Scuola Normale in cui si insegna à fanciulli, ed alle fanciulle sin dall'età di sei anni.» (FERDINANDO IV, op. cit.).
(27) FERDINANDO IV, op. cit.
(28) idem.
(29) «Obbligo vostro sarà che tutt'i vostri figli dell'età prescritta vadan nelle date ore del giorno alla scuola ... e per non farli altrove a cercar la maniera d'impiegarsi, ho provveduto questo luogo di macchine, d' istrumenti, e di artisti abili ad insegnar loro le più perfette manifatture ... Vi saranno stabilimenti particolari pel buon ordine, e sistema delle manifatture, ne' quali sarà fissato l'orario dei lavoro secondo i dati mesi dell'anno. I prezzi del lavoro saranno fissi, ma il giovine, o la fanciulla apprendente salirà per gradi.» (FERDINANDO IV, op. cit.).
(30) FERDINANDO IV, op. cit.
(31) idem.
(32) idem.
(33) idem.
(34) idem.
(35) L. BIANCHINI, Storia delle Finanze del Regno di Napoli, Napoli, 1859.
G. TESCIONE, Statuti dell'arte della seta a Napoli e legislazione della Colonia di S. Leucio, Napoli, 1933.
D. GRIMALDI, Osservazioni economiche sopra la manifattura e commercio delle sete nel regno di Napoli, Napoli, 1780.
M. DE AUGUSTINIS, Della condizione economica del Regno di Napoli, Napoli, 1830.
D. DE MARCO, L'economia degli Stati italiani prima dell'unità (in RAS. STOR. RISORG.) n. XLIV-1957.
G. CONIGLIO, Il commercio tra il regno delle Due Sicilie e le Americhe nel 1848-'49 (in RAS. STOR. RISORG.) n. XLIV-1957.
G. LUZZATTO, Storia economica dell'età moderna e contemporanea, Padova, 1938.
D. DE MARCO, Le classi sociali nell'età del Risorgimento. La nuova borghesia industriale e commerciale del Regno di Napoli (in ORIENT. STOR. ITA. RISORG.), Bari, 1952.
(36) F. PATTURELLI, Caserta e S. Leucio descritti dall'architetto F. P., Napoli, 1826.
(37) Prima dello scioglimento della Comune, questa ebbe una travagliata storia. Nel 1776 i Leuciani erano 134; poi 214 di varia nazionalità, provenienza ed indole. Anni dopo raggiunsero il numero massimo di 800.
A capo della Colonia fu posto un sopraintendente generale (con giurisdizione civile e penale); a questo fu aggiunto, in seguito un Amministratore (per l'organizzazione tecnica ed amministrativa).
Il periodo di maggiore sviluppo si ebbe dal 1790 al 1799, quando gli operai gestirono direttamente la produzione. Ma già nel 1798-99 vi furono i primi cottimi.
Nel 1799 il Governo Repubblicano napoletano rifiuta la conservazione del regime comunitario ed affitta la fabbrica ai sigg. Wallin e Miranda. Ritornato Ferdinando II la Comune riprende la sua attività. Ma nel 1802 finisce la gestione diretta e parte dei ciclo produttivo viene data in concessione ad una società composta dal Re, dai Wallin e Miranda e da alcuni capi mastri della Colonia.
Negli anni seguenti furono date in appalto altre lavorazioni. Con l'occupazione francese (1805-1815) altre ancora passarono in appalto (con la partecipazione di Carolina Annunziata Bonaparte) e furono introdotte nuove attività lavorative.
Con la restaurazione borbonica la Colonia decadde ancor più (disoccupazione e sottoccupazione erano all'ordine del giorno) e l'Amministratore Sancio impiantò, parallelamente a quella della seta, la lavorazione della canapa.
Con Francesco I nuove società appaltatrici gestiscono quasi tutta la Colonia e vi introducono altre lavorazioni tessili (lino, cotone, lana).
Nel 1828 si cercò di ritornare alla gestione diretta ma nel 1843 (fino al 1860) il ciclo lavorativo passò ad una società tra la Real Casa e Raffaele Sava per l'industria e la confezione delle sete e lanerie della Real Fabbrica di S. Leucio.
(38) Il giudizio è del Carducci. Il Croce invece (Aneddoti di varia letteratura - Vol. II, pag. 405) la giudicò Colonia razionalmente e comunisticamente ordinata.
(39) Anzi il Demanio stipulava un atto di affitto dello stabilimento col sig. G. G. Dumontet per una durata di 24 anni. L'art. 13 di questo contratto stabiliva che gli impiegati e gli operai son decaduti da qualunque privilegio, o legge particolare, già goduta dalla Colonia di S. Leucio, la quale rientra puramente e semplicemente nel diritto comune.
L'8 gennaio 1866 la Colonia mandò una petizione al Parlamento rivendicando fra l'altro il diritto di proprietà sulla Cassa di Carità in quanto formata con i contributi degli operai e sullo stabilimento in quanto proprietà dei Leuciani, frutto del lavoro comune e dell'impegno del fondatore di garantire ad essi, e solo ad essi, il diritto al lavoro. (Tesi comunista si sostenne in Parlamento). Procuratore speciale in parlamento fu l'avv. on. Francesco Crispi. Ma con tale avvocato tutti i beni mobili ed immobili della Comune passarono non alla Colonia ma al Comune (Legge n. 4549 del 26 agosto 1868). Sulle conclusioni della sfortunata vicenda si veda:
Memoria dei coloni di S. Leucio ai Signori deputati del Parlamento nazionale per la rivendica dei loro diritti, Caserta, 1866.
Atti del Parlamento italiano (Sessione 1865-66), pag. 774; pet. n. 10936.
Atti della la sessione della X Legislatura, Doc. n. 125 e Doc. n. 195 A.
(40) Per un più approfondito esame della storia della Comune di S. Leucio, cfr.:
M. SCHIPA Il regno di Napoli sotto i Borboni, Napoli, 1900.
G. ROSATI, Le cacce reali nelle Province napoletane, Napoli, 1871.
P. COLLETTA, Storia del Reame di Napoli; (Ediz. varie).
V. CUOCO, Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli, Milano, 1820.
B. CROCE, Storia del Regno di Napoli, Bari, 1925.
B. CROCE, Uomini e cose della vecchia Italia, Bari, 1927.
(1) FERDINANDO IV, re delle due Sicilie, Origine della popolazione di S. Leucio e Suoi progressi fino al giorno d'oggi colle leggi corrispondenti al buon governo di Essa, Napoli, 1789.
(2) In prossimità di Caserta nuova; da non confondersi col Borgo medioevale di Caserta Vecchia. Sui presupposti socio-economici della Comune cfr.:
F. LEMMI, Le origini del Risorgimento italiano (1789-1815), Milano, 1906.
A. GORI, Gli albori del Socialismo, 19....
S. STEFANINI, Una colonia socialista nel Regno dei Borboni, Roma, 1907.
(3) ossia di quei nuclei residenziali operai sorti sul finire dell'800 intorno ad alcune industrie nord-europee (DE FUSCO SBANDI, Un centro comunitario del '700 in Campania da COMUNITA' n. 86, 1961 (pag. 56).
I precedenti storici sono di varia natura: dalla filosofia alla letteratura, dalla nascita dell'industrializzazione al riformismo populista, dall'umanesimo utopistico alle colonie dei Gesuiti nel Paraguay, dal code de la Nature del Morelly all'Illuminismo napoletano. A tale proposito cfr.:
G. DE RUGGIERO, Il pensiero politico meridionale nei secoli XVIII e XIX, Bari, 1922.
T. FORNARI, Delle teorie economiche nelle province napoletane dal 1735 al 1830, Milano, 1888.
A. DUMAS, I Borboni di Napoli, Napoli, 1862 (specialmente per le affinità fra le leggi leuciane con i falansteri e le colonie dell'Owen).
FAGUET, Enciclopedie del Diderot e D'Alembert (alla voce COMUNISMO).
A. LICHTENBERGER, Le socialisme au XVIII siècle, Paris, 1895.
L. A. MURATORI, Il Cristianesimo felice nelle missioni della Compagnia di Gesù nel Paraguay, Venezia, 1752.
P. GIANNONE, Storia civile del Regno di Napoli;
G. FILANGIERI, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle province napoletane; (Ediz. varie).
(4) L'architetto che fu allievo e collaboratore del Vanvitelli nella realizzazione della Reggia di Caserta, fu uno dei portatori, in Campania, dei canoni neoclassici.
(5) In seguito chiamato al trono di Spagna. Per volere di questo re si ebbe la costruzione dell'albergo dei poveri, (opera di F. Fuga, che avrebbe dovuto ospitare i poveri del regno, calcolati in 8.000 persone) e la colonizzazione delle isole di Ustica, di Ventotene, di Lampedusa e delle Tremiti.
(6) L'artista che progettò e realizzò il parco ed il palazzo reale di Caserta.
(7) Pensai dunque nella villa medesima (Caserta) di scegliere un luogo più separato, che fosse quasi un romitorio, e trovai più opportuno essere il sito di S. Leucio. (FERDINANDO IV, op. cit.).
(8) La regina Amalia di Sassonia, moglie di Carlo, fin dal 1757, aveva iniziato a Caserta la coltivazione del gelso, e subito dopo l'allevamento del baco, per la lavorazione della seta. Sulla seta leuciana cfr.:
S. SPOTO, La colonie de S. Leucio et le travail de la soie en Italie Méridionale (in REV. DEUX MON.), Paris, 1894.
O. BORDIGA, Notizie storiche sulla bachicoltura e sulla industria serica nelle province napoletane, Napoli, 1910.
M. PETROCCHI, Industrie del regno di Napoli dal 1750 al 1860, Napoli, 1955.
E. PARISET, Histoire de la soie, Paris, 1862.
H. ALGOUD, La soie, art et histoire, Paris, 1928.
(9) FERDINANDO IV, op. cit.
(10) Fra gli anziani comando che in ogni anno nel giorno di S. Leucio se ne scelgano 5 dé più savi, giusti, intesi, e prudenti ... col nome di Seniori del Popolo ... L'elezione dé sopradescritti Seniori si farà congregandosi tutti i Capi di famiglia nel salone del Belvedere per bussolo segreto ed a maggioranza dé voti. (FERDINANDO IV, op. cit.).
Nel Regno meridionale gli operai avevano diritto di riunione e di elezione dei propri rappresentanti in base ad una legge del 1347, di Giovanna I. Questi diritti erano stati ribaditi da Ferdinando II d'Aragona, il quale, nel 1496, promulgava dal Campo di Atella unaCarta per gli Artigiani.
(11) Per quanto riguarda le sanzioni penali, il Codice si rifà alle leggi comuni; ma l'appartenere alla Colonia, costituiva qualifica di aggravamento di pena.
(12) FERDINANDO IV, op. cit.
(13) idem.
(14) idem.
(15) idem.
(16) idem.
(17) «Avrà questa Cassa per sfondo un rilascio di un tari al mese, che ogni manufatturiere, che sia in istato di guadagnare più di due carlini al giorno, farà in beneficio della medesima e di quindici grane al mese, per quelli che guadagnano meno di due carlini al giorno» (FERDINANDO IV, op. cit.).
Ma la Cassa di Carità, sorta come istituzione mutua ben presto finì col costituire la finanza centrale del nucleo e il simbolo delle consistenze patrimoniali dell'ente colonia ... «partecipò coi suoi capitali alle gestioni sociali delle fabbriche, unì al contributo degli artigiani le rendite di qual che cespite urbano e rustico, cominciò a provvedere ai più urgenti bisogni dei comunisti ed ai servizi pubblici quali l'assistenza sanitaria, l'illuminazione, le pensioni agli artigiani, ecc.» (G. TESCIONE, S. Leucio e l'arte della seta nel Mezzogiorno d'Italia, Napoli, 1961, pag. 255).
(18) «Per gli orfani i quali non sien ancora in istato di lucrarsi colle proprie fatiche il cotidiano alimento, mia sarà la cura di mantenerli e di farli educare col prodotto della sopradetta Cassa» (FERDINANDO IV, op. cit.).
(19) «... tra voi non vi sien testamenti, né veruna di quelle legali conseguenze che da essi provengono» (FERDINANDO IV, op. cit.).
(20) «I beni del defonto sien del Monte degli Organi delle cui rendite si forma Cassa» (FERDINANDO IV, op. cit.).
(21) FERDINANDO IV, op. cit.
(22) idem.
(23) idem.
(24) idem.
(25) «Il padre è nell'obbligo di sovvenire, di assistere, di sostenere, insiem con la madre i propri figli. Entrambi sono tenuti ad educarli ... A voi comando di educar bene i vostri figliuoli.» (FERDINANDO IV, op. cit.).
(26) «E' situata in Belvedere la Scuola Normale in cui si insegna à fanciulli, ed alle fanciulle sin dall'età di sei anni.» (FERDINANDO IV, op. cit.).
(27) FERDINANDO IV, op. cit.
(28) idem.
(29) «Obbligo vostro sarà che tutt'i vostri figli dell'età prescritta vadan nelle date ore del giorno alla scuola ... e per non farli altrove a cercar la maniera d'impiegarsi, ho provveduto questo luogo di macchine, d' istrumenti, e di artisti abili ad insegnar loro le più perfette manifatture ... Vi saranno stabilimenti particolari pel buon ordine, e sistema delle manifatture, ne' quali sarà fissato l'orario dei lavoro secondo i dati mesi dell'anno. I prezzi del lavoro saranno fissi, ma il giovine, o la fanciulla apprendente salirà per gradi.» (FERDINANDO IV, op. cit.).
(30) FERDINANDO IV, op. cit.
(31) idem.
(32) idem.
(33) idem.
(34) idem.
(35) L. BIANCHINI, Storia delle Finanze del Regno di Napoli, Napoli, 1859.
G. TESCIONE, Statuti dell'arte della seta a Napoli e legislazione della Colonia di S. Leucio, Napoli, 1933.
D. GRIMALDI, Osservazioni economiche sopra la manifattura e commercio delle sete nel regno di Napoli, Napoli, 1780.
M. DE AUGUSTINIS, Della condizione economica del Regno di Napoli, Napoli, 1830.
D. DE MARCO, L'economia degli Stati italiani prima dell'unità (in RAS. STOR. RISORG.) n. XLIV-1957.
G. CONIGLIO, Il commercio tra il regno delle Due Sicilie e le Americhe nel 1848-'49 (in RAS. STOR. RISORG.) n. XLIV-1957.
G. LUZZATTO, Storia economica dell'età moderna e contemporanea, Padova, 1938.
D. DE MARCO, Le classi sociali nell'età del Risorgimento. La nuova borghesia industriale e commerciale del Regno di Napoli (in ORIENT. STOR. ITA. RISORG.), Bari, 1952.
(36) F. PATTURELLI, Caserta e S. Leucio descritti dall'architetto F. P., Napoli, 1826.
(37) Prima dello scioglimento della Comune, questa ebbe una travagliata storia. Nel 1776 i Leuciani erano 134; poi 214 di varia nazionalità, provenienza ed indole. Anni dopo raggiunsero il numero massimo di 800.
A capo della Colonia fu posto un sopraintendente generale (con giurisdizione civile e penale); a questo fu aggiunto, in seguito un Amministratore (per l'organizzazione tecnica ed amministrativa).
Il periodo di maggiore sviluppo si ebbe dal 1790 al 1799, quando gli operai gestirono direttamente la produzione. Ma già nel 1798-99 vi furono i primi cottimi.
Nel 1799 il Governo Repubblicano napoletano rifiuta la conservazione del regime comunitario ed affitta la fabbrica ai sigg. Wallin e Miranda. Ritornato Ferdinando II la Comune riprende la sua attività. Ma nel 1802 finisce la gestione diretta e parte dei ciclo produttivo viene data in concessione ad una società composta dal Re, dai Wallin e Miranda e da alcuni capi mastri della Colonia.
Negli anni seguenti furono date in appalto altre lavorazioni. Con l'occupazione francese (1805-1815) altre ancora passarono in appalto (con la partecipazione di Carolina Annunziata Bonaparte) e furono introdotte nuove attività lavorative.
Con la restaurazione borbonica la Colonia decadde ancor più (disoccupazione e sottoccupazione erano all'ordine del giorno) e l'Amministratore Sancio impiantò, parallelamente a quella della seta, la lavorazione della canapa.
Con Francesco I nuove società appaltatrici gestiscono quasi tutta la Colonia e vi introducono altre lavorazioni tessili (lino, cotone, lana).
Nel 1828 si cercò di ritornare alla gestione diretta ma nel 1843 (fino al 1860) il ciclo lavorativo passò ad una società tra la Real Casa e Raffaele Sava per l'industria e la confezione delle sete e lanerie della Real Fabbrica di S. Leucio.
(38) Il giudizio è del Carducci. Il Croce invece (Aneddoti di varia letteratura - Vol. II, pag. 405) la giudicò Colonia razionalmente e comunisticamente ordinata.
(39) Anzi il Demanio stipulava un atto di affitto dello stabilimento col sig. G. G. Dumontet per una durata di 24 anni. L'art. 13 di questo contratto stabiliva che gli impiegati e gli operai son decaduti da qualunque privilegio, o legge particolare, già goduta dalla Colonia di S. Leucio, la quale rientra puramente e semplicemente nel diritto comune.
L'8 gennaio 1866 la Colonia mandò una petizione al Parlamento rivendicando fra l'altro il diritto di proprietà sulla Cassa di Carità in quanto formata con i contributi degli operai e sullo stabilimento in quanto proprietà dei Leuciani, frutto del lavoro comune e dell'impegno del fondatore di garantire ad essi, e solo ad essi, il diritto al lavoro. (Tesi comunista si sostenne in Parlamento). Procuratore speciale in parlamento fu l'avv. on. Francesco Crispi. Ma con tale avvocato tutti i beni mobili ed immobili della Comune passarono non alla Colonia ma al Comune (Legge n. 4549 del 26 agosto 1868). Sulle conclusioni della sfortunata vicenda si veda:
Memoria dei coloni di S. Leucio ai Signori deputati del Parlamento nazionale per la rivendica dei loro diritti, Caserta, 1866.
Atti del Parlamento italiano (Sessione 1865-66), pag. 774; pet. n. 10936.
Atti della la sessione della X Legislatura, Doc. n. 125 e Doc. n. 195 A.
(40) Per un più approfondito esame della storia della Comune di S. Leucio, cfr.:
M. SCHIPA Il regno di Napoli sotto i Borboni, Napoli, 1900.
G. ROSATI, Le cacce reali nelle Province napoletane, Napoli, 1871.
P. COLLETTA, Storia del Reame di Napoli; (Ediz. varie).
V. CUOCO, Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli, Milano, 1820.
B. CROCE, Storia del Regno di Napoli, Bari, 1925.
B. CROCE, Uomini e cose della vecchia Italia, Bari, 1927.
Nessun commento:
Posta un commento