venerdì 18 ottobre 2013

Haavara: il reich e la creazione di Israele

Haavara

di: Andrea Giacobazzi

Tra i difensori dell'Haavara figure centrali della futura politica israeliana, tra cui Ben Gurion, Shertok e Golda Mayerson
La parola “Haavara” significa “trasferimento”.

Nel caso specifico si tratta del trasferimento degli ebrei e dei capitali ebraici dalla Germania di Hitler alle colonie sioniste in Palestina: “Haavara” è il nome con il quale si identifica l’accordo siglato nell’agosto del 1933 tra la federazione sionista tedesca, l’Anglo-Palestine Bank e il nuovo governo nazionalsocialista, insediato da pochi mesi.

Non si trattò di una scelta improvvisa e casuale: i colloqui erano iniziati da circa tre mesi[1].

Tra l’altro, il 21 giugno 1933 i sionisti tedeschi avevano inviato un inequivocabile memorandum al “Nuovo Governo” in cui, prendendo le distanze dal processo di assimilazione ebraica, si dicevano pronti a collaborare. Nel testo si può leggere: “Sulla fondazione del nuovo Stato, che ha proclamato il principio della razza, noi vogliamo adattare la nostra comunità alla struttura complessiva in modo che anche per noi, nel settore a noi assegnato, possa realizzarsi una feconda attività per la Patria. [...]. La nostra nozione di nazionalità ebraica contempla una chiara e sincera relazione con il popolo tedesco e le sue realtà nazionali e razziali. Proprio perché non vogliamo falsificare questi fondamenti, perché anche noi, siamo contro il matrimonio misto e per il mantenimento della purezza del gruppo degli ebrei [...]”[2].

Se ebrei e tedeschi appartenevano a distinte nazionalità (o addirittura razze), l’emigrazione degli israeliti verso una loro “Patria” poteva essere desiderabile per entrambi. La stessa idea di un accordo di trasferimento non era nuova, già prima che Hitler diventasse Cancelliere, la compagnia ebraica Hanotaiah Ltd. aveva in parte gettato le basi per quello che sarebbe diventato l’accordo successivo. Nel 1932 l’obiettivo dell’Hanotaiah era quello di “piantare alberi d’agrumi in Palestina per alcuni ebrei tedeschi e di acquistare i macchinari necessari ed altri beni in Germania con fondi ebraici bloccati”[3].

Ma in cosa consisteva la nuova intesa, l’Haavara? L’ebreo tedesco che avesse voluto trasferirsi in Palestina, avrebbe potuto farlo portando con sé una parte dei suoi capitali depositando il denaro in un conto speciale in Germania. Questi soldi sarebbero stati utilizzati per acquistare materiali da costruzione, attrezzi agricoli, fertilizzanti ed altri beni di produzione tedesca che venivano esportati in Palestina e ricollocati attraverso questo sistema dall’Haavara Ltd. Il ricavato di queste vendite veniva consegnato all’emigrante ebreo una volta arrivato in Palestina in modo che potesse disporre di una certa quantità dei suoi “assets”. Come riporta la circolare 54/1933 del Ministero delle Finanze: “Emigrants will be paid the equivalent of their deposits by the Palestine trust company according to the funds available from the sale of German goods to Palestine”[4].

I beni tedeschi immessi nel mercato palestinese erano utili per l’insediamento dei nuovi immigrati ebrei nelle colonie sioniste e per il consolidamento e lo sviluppo del progetto nazionale. Mentre in tutto il mondo si avviavano campagne di contestazione e boicottaggio - per la verità inefficaci o controproducenti come tutte le campagne di questo tipo - ai danni del governo nazionalsocialista, entrava in vigore questa intesa logistico-commerciale: nel giugno 1937 la Germania divenne il primo tra i paesi esportatori in Palestina. L'Haavara fu attiva fino alle soglie della Seconda Guerra Mondiale (con una progressiva cancellazione negli ultimi anni: “The sum involved had been thirty-seven million marks in 1937; it was reduced to nineteen million in 1938 and to eight million in 1939”[5]),

decine di migliaia di ebrei tedeschi in quegli anni si insediarono in Palestina. Questo accordo rappresentò un formidabile strumento nelle mani dei sionisti per sviluppare il loro progetto statale in Palestina, lo storico Edwin Black sostiene che questa intesa “determinò un’esplosione economica nella Palestina ebraica” e rappresentò “un elemento indispensabile nella creazione dello Stato d’Israele”[6].

Per supportare l’emigrazione prosperò in Germania – con l’approvazione degli organi di potere – un’ampia rete di campi di riaddestramento (Umschulungsläger) volti a promuovere le capacità agricole e artigianali degli ebrei destinati ad abbandonare il Reich. La separazione tra israeliti e tedeschi fu favorita con provvedimenti volti a consolidare l’identità ebraica. Per qualche tempo, come ricorda Herbert Strauss, “ai gruppi giovanili ed ai boy scouts sionisti fu permesso di indossare uniformi proprie (cosa negata ad esempio ai gruppi giovanili cattolici, nonostante il Concordato). Alla polizia segreta e al servizio di sicurezza (SD) (incaricati di controllare le “attività nemiche” come quelle degli ebrei) fu ordinato di promuovere l’emigrazione in Palestina e di non mettere restrizioni alle organizzazioni sioniste”[7].

Lo stesso Strauss, in un altro volume memorialistico sulla sua giovinezza nella comunità ebraica tedesca, riporta:“Doveva essere stata qualcosa di più di una semplice rissa, quando i miei compagni di classe cattolici mi parlarono degli attacchi subiti nel momento in cui la Gioventù Hitleriana, nel 1935 o nel 1936, lì aggredì durante una processione pubblica del Corpus Christi cercando di strappare loro le uniformi da boy scouts cattolici. Di converso ai boy scouts sionisti era permesso indossare, da un’ordinanza di polizia, le loro uniformi, almeno a porte chiuse”[8].

Non solo: una delle due Leggi di Norimberga, quella sulla “Protezione del Sangue e dell’Onore Tedeschi”, aveva proibito “agli ebrei di issare la bandiera con la svastica, ma nondimeno, li autorizzava a mostrare i “colori ebraici”[9].

Se per il Reich l’Haavara aveva aspetti pregevoli (uscita degli ebrei dal territorio nazionale, danno politico e di immagine alle campagne antinaziste all’estero, aumento delle esportazioni in Palestina) non mancavano però le caratteristiche negative. Più esponenti della gerarchia dello Stato – tra cui il nuovo Console a Gerusalemme Döhle - chiesero una revisione dell’Haavara partendo in particolare da tre argomentazioni: “1) uscita di merci dalla Germania senza ingresso [corrispondente] di valute o merci straniere; 2) questo sistema costringeva l’elemento non-ebraico in Palestina a finanziare l’immigrazione ebraica; 3) facilitava la creazione di uno Stato nazionale ebraico con capitale tedesco”[10].

In particolare l’ultimo punto aveva una chiara connotazione politica, a questo proposito non mancarono gerarchi che fecero notare come la creazione di uno stato sionista avrebbe allargato la sfera d’influenza dell’internazionale ebraica attraverso una nuova “base di potere”, che per l’occasione fu paragonata “allo Stato del Vaticano per il Cattolicesimo politico o Mosca per il Comintern”. Questo fatto avrebbe anche irritato enormemente gli arabi. Nel dibattito circa l’opportunità di rivedere e riformare l’Haavara intervenne lo stesso Hitler il quale diede luogo ad uno specifico impegno nel gennaio del 1938, per continuare l’emigrazione ebraica in Palestina.

Anche da parte sionista vi furono critiche. L’accusa di una politica troppo accomodante verso il Reich arrivarono da diversi esponenti del movimento, in particolare nell’area anglo-americana. Oltre a queste dissociazioni, un partito che si distinse - in maniera apparentemente paradossale – nell’opposizione all’accordo fu il partito revisionista che raggruppava i cosiddetti “fascisti del sionismo”. Il loro carattere intransigente li portò a bollare l’intesa come un tradimento e una “svendita” dell’onore degli ebrei.

Tra i difensori dell’Haavara non mancarono figure centrali della futura politica israeliana, tra cui diversi primi ministri, “David Ben Gurion e Moshe Shertok (poi Sharett) si batterono a favore dell’accordo nei congressi sionisti e nel direttivo dell’Agenzia ebraica. Golda Mayerson (poi Meir) ne prese le difese a New York”[11].

“C’è stato un tale in Germania, un certo Hitler”, commentò un giorno con sarcasmo Ben Gurion, “è comparso Hitler e gli ebrei hanno cominciato ad arrivare”[12].

NOTE

[1]I. Gutman, Encyclopedia of the Holocaust , Vol. 1, Macmillan, 1995, pag. 639
[2]Trad. in italiano dall’inglese: L. Brenner, 51 documents: Zionist collaboration with the Nazis, Barricade Books, 2002,
pagg. 42-46, cfr: “The Zionist Federation of Germany Addresses the new German State”, In Zwei Welten, Tel Aviv, 1962.
[3] Trad. in italiano dall’inglese: F. R. Nicosia, The third Reich & the Palestine question, Transaction Publishers, 2000, pag. 41.
[4] H. A. Strauss, Jewish Immigrants of the Nazi Period in the USA Vol. 4 - Jewish Emigration from Germany 1933-1942: A Documentary History, K.G. Saur, New York 1992, p. 254.
[5]W. Laqueur, A history of Zionism, Tauris Parke Paperbacks, 2003, pag. 502.
[6]E. Black, The Transfer Agreement: The Dramatic Story of the Pact Between the Third Reich and Jewish Palestine, New York, Macmillan, 1984, pagg. 373, 379, 382. Citato in M. Weber, Il sionismo e il Terzo Reich, The Journal for Historical Review, luglio-agosto 1993 – Vol. 13, n. 4, pag. 29.
[7]H. A. Strauss, Essays on the history, persecution, and emigration of German Jews, K.G. Saur, 1987, pag.203
[8]H. A. Strauss, In the Eye of the Storm: Growing Up Jewish in Germany, 1918-194 : A Memoir, Fordham Univ Press, 1999, pag. 47
[9] E. Ben Elissar , La Diplomatie du IIIe Reich et les Juifs, 1933-1939, Juillard, Paris 1969, pag. 187, in: F. YAHIA, Relazioni Pericolose, La Città del Sole, Napoli 2009, pag. 50.
[10]Trad. in italiano dall’inglese: F. R. Nicosia, The third Reich & the Palestine question, Transaction Publishers, 2000, pag. 128.
[11] T. Segev, Il settimo milione. Come l’Olocausto ha segnato la storia d’Israele, Mondadori, Milano 2001, pag. 20.
[12] Ivi, pag. 32.


L'accordo Haavara
Curzio Nitoglia
haavara

Nel 1933 ogni ebreo-tedesco poteva emigrare in Palestina e depositare il suo denaro in un conto speciale nella Germania del III Reich.

Rudi Barnet (uno studioso belga di origine israelitica) ha scritto un interessante articolo sul sionismo in generale, che “revisiona” ulteriormente la questione della volgata sterminazionista sulla shoah, mettendo in luce alcune sue contraddizioni riguardo all’emigrazione ebraica dalla Germania nazionalsocialista in Palestina ed il piano di sterminio fisico totale degli ebrei pianificato dal III Reich.

Mi soffermo su questo tema specifico e lo porgo all’attenzione dei lettori in questo breve articolo aggiungendovi alcune riflessioni personali.Chi volesse leggere l’articolo per intero può consultarlo sul sito
http://www.michelcollon.info/Memento-1-Le-genocide-n-est-pas.html?lang=fr

Nel 1933, con l’“Accordo Ha’avara” tra l’Agenzia Ebraica e le autorità tedesche, circa 40/60 mila ebrei tedeschi hanno potuto emigrare in Palestina ed hanno investito grosso modo 14 milioni di sterline dell’epoca in banche germaniche! Questo accordo fra l’Agenzia Ebraica ed il III Reich è durato fino al 1942, vale a dire 9 anni dopo l’ascesa di Hitler al potere, 7 anni dopo le Leggi razziali di Norimberga e 3 anni dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale.

Barnet scrive: «Come non accorgersi della perversità dei dirigenti israeliani e dei sionisti fanatici, che mantengono una gran confusione sulla shoah e la utilizzano costantemente per giustificare le loro atrocità contro il popolo dei Palestinesi? […]. Ora sappiamo che lo Stato di Israele è il risultato di una colonizzazione violenta, che ha avuto il suo inizio ben prima della guerra del 1940-1945 e che ha molto poco a che fare con la terribile “soluzione finale” nazista!».

«La complicità con il regime nazista – prosegue Barnet – ha visto il suo inizio dopo l’avvento al potere del Führer nel 1933 con l’“Accordo Ha’avara” tra l’Agenzia Ebraica e le autorità tedesche per l’esportazione di capitali, di prodotti manufatturieri e per il trasferimento di emigranti. Si stima che da 40.000 a 60.000 ebrei tedeschi abbiano potuto beneficiare di questo accordo e che le transazioni abbiano investito sull’intorno di 14.000.000 di sterline dell’epoca! Questo accordo fra l’Agenzia Ebraica e il regime nazista è perdurato fino al 1942! […]. L’Accordo Haavara, fu stipulato nell’agosto del 1933 in seguito ai colloqui fra funzionari tedeschi e Chaim Arlosoroff, segretario politico dell’Agenzia ebraica, il centro palestinese dell’Organizzazione Mondiale Sionista.

Attraverso questa insolita intesa ogni ebreo destinato alla Palestina depositava del denaro in un conto speciale in Germania. Questi soldi venivano utilizzati per acquistare attrezzi agricoli, materiali da costruzione, pompe, fertilizzanti e così via, prodotti in Germania, esportati in Palestina e venduti dalla compagnia ebraica Haavara di Tel Aviv. Il ricavato delle vendite veniva dato all’emigrante ebreo al suo arrivo in Palestina per l’ammontare corrispondente al deposito effettuato in Germania. Le merci tedesche entravano in Palestina per mezzo dell’Haavara, che, poco tempo dopo, raggiunse un accordo di scambio col quale le arance prodotte in Palestina venivano barattate con legname da costruzione, automobili, macchinario agricolo ed altri prodotti tedeschi. L’accordo in tal modo serviva lo scopo sionista di portare coloni ebrei e capitale per lo sviluppo della Palestina, e contemporaneamente l’obiettivo tedesco di liberare il Paese da una minoranza straniera indesiderata».

Come si vede con l’accordo di Haavara (1933-1942) tra l’Organizzazione Mondiale Sionista e il III Reich germanico:

1°) ogni ebreo che poteva emigrare dalla Germania in Palestina doveva depositare una certa somma di denaro nelle banche tedesche.

2°) L’Organizzazione Mondiale Sionista, mediante questo capitale depositato dagli ebrei tedeschi nelle banche germaniche, acquistava delle macchine agricole tedesche e le inviava in Palestina a favore delle organizzazioni sioniste in Terra Santa ed in vista dell’edificazione di un eventuale futuro Stato di Israele.

3°) Poi la Compagnia Haavara di Tel Aviv vendeva queste macchine ai sionisti residenti in Palestina. Quindi il ricavato andava in parte (tanto quanto era stato depositato in Germania) agli ebrei emigrati in Palestina ed il rimanente alle Organizzazioni sioniste.

4°) Per cui ci guadagnavano economicamente l’Organizzazione Mondiale Sionista e la Compagnia Haavara di Tel Aviv; mentre la Germania hitleriana sino al 1942 riusciva ad espellere dal suo suolo gli ebrei in maniera non così disumana come ci viene raccontato dalla volgata sterminazionista, la quale sembra non essere totalmente credibile anche grazie a queste precisazioni, che per di più vengono da una parte non sospetta di antisemitismo e filo-neonazismo.

d. Curzio Nitoglia
http://doncurzionitoglia.net/2013/09/25/laccordo-haavara/



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