di Vincenzo Vinciguerra (Opera, 23 aprile 2011)
la NOTA di Maurizio Barozzi
Crediamo sia opportuno far conoscere questi due articoli "L'arte del doppio gioco" e "Il silenzio", scritti recentemente da Vincenzo Vinciguerra recluso nel carcere di Opera.
Per noi la risposta alle domande che Vinciguerra pone in questi articoli è sempre stata scontata e non da oggi, ma fin da molti decenni scorsi, quando con la Federazione Nazionale Combattenti RSI cercavamo disperatamente di far capire a tutto un ambiente che il più subdolo e pericoloso antifascismo era proprio quello rappresentato dal MSI.
Recentemente, in alcuni convegni storici, si sono rievocate le documentazioni che evidenziano certe collusioni, non solo nell'immediato dopoguerra, ma perfino durante il periodo della RSI, di presunti fascisti con l'OSS americano. Collusioni che, passetto dopo passetto, portarono alla creazione di quel partito bottegaio, reazionario, filo atlantico e filo americano che è stato il MSI i cui epigoni oggi fanno la fila per recarsi a prendere ordini a Gerusalemme.
Qualcuno ha avanzato timidamente la scusante che forse, a quell'epoca, con le stragi di fascisti ancora in atto, tutto sommato potevano anche capirsi certe scelte di campo.
Ma è una scusante che non regge:
primo, perché quelle scelte, reazionarie e filo atlantiche, quelle collusioni con i servizi segreti occidentali, non furono affatto transitorie, non furono solo il disperato rimedio ad una situazione contingente eccezionale, ma furono "ideologiche", definitive, comportarono l'inglobamento nelle file della destra, di mezzi monarchici e uomini della più retriva industria nazionale e persino ex venticinqueluglisti, e quelle scelte le ritroveremo poi nella difesa ad oltranza dell'atlantismo, nelle tante collusioni con il SID, l'ufficio AA.RR., l'Anello, la CIA, Gladio, gli americani della base Fatse NATO nel Veneto, ecc., tutte putride situazioni che si riscontrano soprattutto nel famigerato e cruento periodo della strategia della tensione, e così via.
Secondo poi, quelle scelte filo atlantiche, il cui sbocco ovvio e consequenziale sono le odierne guerre pro interessi USA-Israel, per le quali gli italiani sono costretti a portare altrui armi, hanno rappresentato un vero e proprio tradimento degli interessi nazionali.
Se un domani gli italiani avessero la ventura di tornare liberi e poter giudicare l'operato di tanti presunti "neofascisti", non c'è alcun dubbio che la condanna potrebbe essere una sola: il plotone d'esecuzione. E il tiro alla schiena come si deve per tutti i traditori della Patria.
L'arte del doppiogioco
Vincenzo Vinciguerra (Opera 21 marzo 2011)
Qualche giorno fa, l'ex nazifascista Ignazio La Russa, ora fiero antifascista, ha celebrato la figura di Giorgio Almirante. Abbiamo già avuto modo di occuparci di Almirante, rilevando come abbia, costui, ricoperto un ruolo di rilievo nella storia più tragica di questo nostro Paese. Abbiamo ricordato come Giorgio Almirante che nell'Italia fascista, impegnata dal 1935 in avanti in ben quattro guerre (quella di Etiopia, Spagna, Seconda guerra mondiale e guerra civile) sia riuscito nell'impresa di non combatterne alcuna. È certamente degno di nota che Giorgio Almirante, impegnato ancora nel biennio 1943-45 ad esaltare le teorie del razzismo e dell'antisemitismo sia riuscito contestualmente a proteggere un ebreo che non doveva essere uno sprovveduto se è stato proprio lui, come ha rivelato Assunta Almirante, a fornirgli i documenti falsi dopo il 25 aprile 1945 per vivere in clandestinità. Peraltro, abbiamo scritto senza incontrare smentite che Almirante risulta, al momento, il solo funzionario ministeriale della RSI, nonché iscritto al Partito Fascista Repubblicano e, in queste vesti, componente di una Brigata Nera, a non essere processato per collaborazionismo.
A suo carico non risulta nemmeno iniziata un'istruttoria, certamente non è mai stato emesso un ordine di cattura nei suoi confronti e fatto un processo. Strano, perché le istruttorie e i processi li hanno fatti, dopo magari brevi periodi di detenzione, anche a personaggi di un certo livello della RSI che sono stati prosciolti od assolti con formula ampia per aver dimostrato di aver condotto il doppio gioco.
A Giorgio Almirante è stata risparmiata l'onta della pubblica ammissione di aver tradito, ma il nostro sospetto che è proprio questo quello che ha fatto, poggia proprio sull'eccessiva benevolenza dello Stato antifascista nei confronti di un individuo che era conosciuto come giornalista razzista ed antisemita, che era capo dell'ufficio stampa del ministero della Cultura popolare con accesso, perfino, per le sue funzioni, all'ufficio di Benito Mussolini, che era milite di una Brigata nera.
Certo, è da tenere presente che il posto di capo dell'ufficio stampa del ministero della Cultura popolare, fino al mese di dicembre del 1944, era stato ricoperto da Gilberto Bernabei.
Proprio costui, quell'ultimo mese del 1944, varcò la linea del fronte e si rifugiò a Roma, occupata dagli alleati dove iniziò una silenziosa ma brillante carriera come "anima nera" di Giulio Andreotti. A prendere il posto di Gilberto Bernabei fu proprio Giorgio Almirante, destinato nel dopoguerra a fare pubblica e brillante carriera come uomo politico autoproclamatosi rappresentante ufficiale dei combattenti e dei caduti della RSI.
Quante volte dal 1945 al 1988, Almirante ha pronunciato la parola "onore"? Tante volte, perché sulla fedeltà agli ideali fascisti e sull'onore dei combattenti della RSI ha fondato le sue fortune personali e politiche.
Oggi, chiediamo una doverosa verifica, sul piano storico, dell'onore di Giorgio Almirante di cui, in modo documentato, dubitiamo che esso sia mai esistito nell'uomo e nel politico che ha fatto fortuna sull'onore degli altri, sfruttando cinicamente, secondo il nostro parere, l'onore altrui non possedendone uno proprio. Se qualcuno vuole provare il contrario, se è in grado di portare la documentazione riferita alla persecuzione giudiziaria e poliziesca subita da Giorgio Almirante dopo il 25 aprile 1945, se qualcuno vuole illuminarci sulla figura dell'ebreo protetto da Almirante e poi suo protettore con rilascio di documenti d'identità falsi, si faccia avanti.
In caso contrario, il nostro dubbio si dovrà trasformare in certezza.
E, dopo, aggiungendo quest'ultimo tassello a tutti gli altri, non sarà difficile provare che il neofascismo italiano del dopoguerra è stato creato, organizzato e diretto dall'antifascismo anticomunista, dai suoi esordi alla sua fine.
Il silenzio
Vincenzo Vinciguerra (Opera, 23 aprile 2011)
Siamo ancora in attesa che qualcuno raccolga il guanto di sfida che abbiamo lanciato e risponda alla domanda che abbiamo posto su Giorgio Almirante. Nessuno fra gli estimatori del «fondatore della destra moderna» vuole difenderne la memoria e l'onore, pubblicando gli atti del processo per "collaborazionismo" che noi asseriamo che non ha mai subito?
Fra tanti frequentatori di Questure, caserme dei carabinieri, uffici coperti dei servizi segreti, nessuno è in grado di darci la prova che Giorgio Almirante è stato perseguitato, dopo il 25 aprile 1945, dallo Stato antifascista, dalla sua polizia, dalla sua magistratura?
Tutti zitti. Eppure, c'è Assunta Almirante che potrebbe farlo.
C'è Ignazio La Russa, che come ministro della Difesa non avrebbe alcuna difficoltà ad acquisire documenti negli archivi dello Stato per onorare la memoria del suo capo.
Ci sono tanti altri che ancora oggi vedono in Giorgio Almirante il "duce" del neofascismo postbellico. E nessuno parla?
Abbiamo scritto che il MSI mutua il nome da un omologo partito francese (il Movimento sociale francese, MSF) e fa proprio anche il simbolo di quest'ultimo, la fiamma tricolore, senza ottenere un fremito, un battito di ciglia dai militanti di destra.
È provato che questo partito è stato fondato per le esigenze dei servizi segreti americani, della Democrazia cristiana, del Vaticano e della Confindustria, con il proposito di usare la massa fascista come "carne da cannone" contro i comunisti nelle piazze e trasformarla in una massa di militanti di destra quando il fascismo si è sempre qualificato al massimo livello (leggi Benito Mussolini) di sinistra.
Non si è levato nemmeno un belato a difesa del Movimento sociale italiano.
È storicamente provato che Franco Maria Servello, uno dei capi del neofascismo post-bellico identificato con il MSI, in realtà, nel 1945, scriveva articoli antifascisti su "Il Corriere di Salerno".
È certo che lo zio di Servello, Franco De Agazio, era stato messo in galera dai fascisti della Repubblica Sociale Italiana, e che, forte di questa benemerenza, nel mese di agosto del 1945, mentre i fascisti morivano per le strade uccisi dai partigiani,otteneva dagli alleati il permesso per pubblicare la sua rivista,"Il Meridiano d'Italia".
È vero, lo ha ucciso la "Volante rossa", ma perché stava pubblicando articoli sull'«oro di Dongo», non certo perché fascista.
Arturo Michelini non ha mai aderito al MSI, Biagio Pace faceva il confidente dei carabinieri reali ai danni di fascisti e tedeschi, Pino Romualdi è stato salvato dai servizi segreti americani e protetto in latitanza fino al marzo del 1948.
Insomma, fra tutti presunti eredi della Repubblica Sociale Italiana, fra tutti questi «guerrieri senza sonno» che, a sentir loro, negli anni Settanta ha condotto una guerra fino all'«ultima cartuccia» per il fascismo, c'è qualcuno che vuole porsi delle domande, che le voglia porre o, almeno, che si sente in grado di dare delle risposte?
A quanto pare no. La paura della verità paralizza i codardi, coloro che preferiscono vivere nella menzogna, consapevoli di non avere un passato sul quale costruire il proprio futuro. Ignari di cosa sia stato il fascismo, timorosi di scoprire cosa sia stato in realtà il neofascismo, vegetano rinchiusi nei loro ghetti dai quali escono per andare a votare i "camerati" intruppati nel partito di Silvio Berlusconi. Chi non ha un passato non è in grado di distinguere il proprio dall'altrui, né ha consapevolezza di cosa sia la dignità personale, gli basta tirare a campare facendo piccoli giochi per raggiungere derisori obiettivi.
Nessuno di costoro potrà mai dare risposta alle nostre domande, perché sarebbero obbligati a risvegliarsi dal sonno degli imbelli e degli imbecilli per scoprire se sono in grado di pensare e di agire da uomini.
E la risposta li spaventa, giustamente.
Fra tanti frequentatori di Questure, caserme dei carabinieri, uffici coperti dei servizi segreti, nessuno è in grado di darci la prova che Giorgio Almirante è stato perseguitato, dopo il 25 aprile 1945, dallo Stato antifascista, dalla sua polizia, dalla sua magistratura?
Tutti zitti. Eppure, c'è Assunta Almirante che potrebbe farlo.
C'è Ignazio La Russa, che come ministro della Difesa non avrebbe alcuna difficoltà ad acquisire documenti negli archivi dello Stato per onorare la memoria del suo capo.
Ci sono tanti altri che ancora oggi vedono in Giorgio Almirante il "duce" del neofascismo postbellico. E nessuno parla?
Abbiamo scritto che il MSI mutua il nome da un omologo partito francese (il Movimento sociale francese, MSF) e fa proprio anche il simbolo di quest'ultimo, la fiamma tricolore, senza ottenere un fremito, un battito di ciglia dai militanti di destra.
È provato che questo partito è stato fondato per le esigenze dei servizi segreti americani, della Democrazia cristiana, del Vaticano e della Confindustria, con il proposito di usare la massa fascista come "carne da cannone" contro i comunisti nelle piazze e trasformarla in una massa di militanti di destra quando il fascismo si è sempre qualificato al massimo livello (leggi Benito Mussolini) di sinistra.
Non si è levato nemmeno un belato a difesa del Movimento sociale italiano.
È storicamente provato che Franco Maria Servello, uno dei capi del neofascismo post-bellico identificato con il MSI, in realtà, nel 1945, scriveva articoli antifascisti su "Il Corriere di Salerno".
È certo che lo zio di Servello, Franco De Agazio, era stato messo in galera dai fascisti della Repubblica Sociale Italiana, e che, forte di questa benemerenza, nel mese di agosto del 1945, mentre i fascisti morivano per le strade uccisi dai partigiani,otteneva dagli alleati il permesso per pubblicare la sua rivista,"Il Meridiano d'Italia".
È vero, lo ha ucciso la "Volante rossa", ma perché stava pubblicando articoli sull'«oro di Dongo», non certo perché fascista.
Arturo Michelini non ha mai aderito al MSI, Biagio Pace faceva il confidente dei carabinieri reali ai danni di fascisti e tedeschi, Pino Romualdi è stato salvato dai servizi segreti americani e protetto in latitanza fino al marzo del 1948.
Insomma, fra tutti presunti eredi della Repubblica Sociale Italiana, fra tutti questi «guerrieri senza sonno» che, a sentir loro, negli anni Settanta ha condotto una guerra fino all'«ultima cartuccia» per il fascismo, c'è qualcuno che vuole porsi delle domande, che le voglia porre o, almeno, che si sente in grado di dare delle risposte?
A quanto pare no. La paura della verità paralizza i codardi, coloro che preferiscono vivere nella menzogna, consapevoli di non avere un passato sul quale costruire il proprio futuro. Ignari di cosa sia stato il fascismo, timorosi di scoprire cosa sia stato in realtà il neofascismo, vegetano rinchiusi nei loro ghetti dai quali escono per andare a votare i "camerati" intruppati nel partito di Silvio Berlusconi. Chi non ha un passato non è in grado di distinguere il proprio dall'altrui, né ha consapevolezza di cosa sia la dignità personale, gli basta tirare a campare facendo piccoli giochi per raggiungere derisori obiettivi.
Nessuno di costoro potrà mai dare risposta alle nostre domande, perché sarebbero obbligati a risvegliarsi dal sonno degli imbelli e degli imbecilli per scoprire se sono in grado di pensare e di agire da uomini.
E la risposta li spaventa, giustamente.
Vincenzo Vinciguerra
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