giovedì 25 luglio 2013
Quel 25 luglio è anche all’origine della crisi attuale -
di: F. e V.
Offriamoci un'ulteriore chiave di lettura (anche se non "politicamente corretta"), per non continuare questo millennio, nel modo peggiore rispetto a come si è concluso il precedente, cioè per non entrare in un altra crisi mondiale, prima di esserne completamente usciti da questa. Se è vero che dagli errori si impara.
Proviamo ad osservare Il 1943 come un anno di illusioni :
si illusero i congiurati del Gran Consiglio del Fascismo di salvarne il Regime, sacrificandone solo Mussolini;
si illusero il Re e Badoglio di tradire l’alleato senza pagare dazio;
si illusero i ragazzi a Salò di difendere l’onore d’Italia intera, combattendo purtroppo, anche propri fratelli;
si illusero i partigiani di sostituire la dittatura fascista con quella del proletariato, pensando di fare dell’Italia una repubblica socialista e ritrovandosi a sostenere prima la monarchia e poi il peggiore capitalismo di diritto anglosassone, dell’occupante americano;
si illusero infine gli italiani convinti che la guerra fosse finita, quando invece ne stava per iniziare una seconda, ben peggiore.
Tutto ebbe inizio il 25 luglio 1943 quando, con una deliberazione del Gran Consiglio del Fascismo, il Regime cessò.
Mussolini, che tutto voleva tranne la guerra civile tra italiani, pur potendo rigettare l’ordine del giorno del Ministro Grandi e far arrestare i congiurati, inspiegabilmente accettò il deliberato che lo esautorava di tutti i suoi poteri per essere trasferiti al Re.
Intanto Vittorio Emanuele III con i vertici delle Forze Armate, tramava per, come primo atto liquidarlo e poi passare dalla parte vincente, quella dei cosidetti "alleati " , cioè forze nemiche alleate tra loro, e contro di noi.
Il responso del Gran Consiglio, contrariamente alle intenzione dei protagonisti (che di fatto si comportarono come utili idioti, per dirla alla Lenin), tornò utile al Re per dare una insperata veste istituzionale a quello che fu a tutti gli effetti un Colpo di Stato.
L’indomani Mussolini, rispettoso delle regole e convinto della correttezza di Vittorio Emanuele III, si presentò al monarca per rassegnare le proprie dimissione da Capo del Governo.
Il Re, il cui unico scopo era quella di salvare la corona e se stesso dal tracollo bellico, con un atto inconcepibile dal punto di vista istituzionale, lo fece sequestrare (e non " arrestare " in quanto ne mancavano i presupposti giuridici).
Tutti i poteri furono affidati ai vertici dell’esercito che instaurarono una specie di dittatura militare con a capo il Maresciallo Badoglio.
Del nuovo esecutivo nessun esponente politico ne faceva parte in quanto i partiti rimanevano fuori legge al pari del partito fascista, nel frattempo sciolto.
A parte qualche spontanea manifestazione di giubilo, derivante dall’equivoco che con la caduta del regime sarebbe finita la guerra, degli antifascisti e dei partigiani neanche l’ombra, li avremmo visti solo dopo al seguito delle vittoriose truppe alleate.
Il nuovo governo si affrettò a rassicurare l’alleato tedesco circa la fedeltà dell’Italia e il proseguimento della guerra e nel contempo avviò segreti contatti con gli angloamericani per passare armi e bagagli dalla parte del nemico, nella patetica illusione di uscire indenni da una guerra che volgeva al peggio.
L’8 settembre 1943 arrivò l’annuncio di Badoglio che chiamò "armistizio" (era resa incondizionata) , in realtà un tradimento: in 24 ore i ns. alleati tedeschi divennero improvvisamente nemici e gli invasori americani, "alleati".
Il golpe non mutò le sorti del conflitto, non servì a lenire le sofferenze della popolazione civile che continuò a lungo a morire sotto i bombardamenti terroristici dell’aviazione angloamericana. Servì soltanto a scatenare l’ ovvia ira vendicativa di Hitler, l'unico vero potere a cui così, in quel momento, si cedette al padronanza assoluta del nostro Paese.
Con un rovesciamento schizofrenico del fronte e il passaggio dell’Italia dalla parte degli angloamericani (che faceva presagire ai reali una rapida e vittoriosa conclusione del conflitto), si riorganizzarono i vecchi partiti che tornarono al volo (soprattutto quello comunista che aveva mantenuto una sua struttura clandestina), ad essere protagonisti della politica italiana.
La guerra invece continuò per altri 18 mesi e nel conflitto tra eserciti, si inserirono i "partigiani" (nel senso di-parte "giusta"), oltre ai tanti in buona fede però, alcuni, già affermatisi prima, per rifarsi una verginità politica, altri comprensibilmente, per onorificenze usabili poi nella spartizione dei poteri. Altri ancora, renitenti, imboscati, delinquenti o solo vili, poterono anche travestirsi da eroi.
Ma le armi (e gli "istruttori" anglo-americani) arrivarono tramite la mafia statunitense, per intercessione dei cui emissari locali, interessati alla "ricostruzione" (e a nuovi assetti da scompaginare), questa spartizione fu pilotata dai nuovi sindaci, i capimafia emergenti.
Non ingaggiandoli al fronte, pur opposto, ma in imboscate occultate a tradimento, tra la popolazione, fu appunto guerra civile.
Il primo atto veramente politico fu la cancellazione delle norme sulla socializzazione delle aziende, che non si ipotizzò più, neanche su forma volontaria, poi si iniziò a privatizzare la Banca d'Italia (ora di faccendieri privati) e perfino l'emissione stessa della moneta.
La storia, apparentemente molto diversa, si è ripetuta anche in altre guerre, cui ci hanno fatto assistere in dirette televisive, sempre opportunamente " mediate " dall'eterno concetto dei cattivi nazionalisti e dei buoni liberatori.
Tra stragismi più o meno di Stato e strategie più o meno " destabilizzanti " (in realtà che più "restauranti" di così non si può), crisi ordite da banche d'affari, debitalismi speculativi, privatizzazioni e " ripresine ", la nostra sovranità, condizionata dall'usura dei potentati economici e limitata dai più potenti oligarchi del potere finanziario, continua così ad asservire interessi mafiosi.
Non più quelli di chi "scorre le campagne in armi ", ma quelli della degenerazione finanziaria e speculativa del capitalismo "liberista" più spietato, becero, totalitario, imperialista e mondialista possibile .
I poteri dei mafiosi infatti, azionisti di banche d'affari, si sono potuti così astutamente "civilizzare", traendo più profitti dalla "democratica"cessione dei ns. diritti civili alle S.p.A. finanziarie, che combattendo la Stato. Basta comprarne la nomenclatura.
Profittando fortune immense, con gli ipertecnicismi legalizzati degli strumenti speculativi e senza neanche dover più per questo, investire un soldo nell'economia reale, il loro vero enorme potere è la leva finanziaria del " differenziale " socio-politico-economico tra gli stessi Stati che, opportunamente " liberati ", adottano il mercatismo liberista come modello politico prevalente.
Di contro la società civile si stà sempre più mafiosizzando, percependo il disvalore del mercimonio come fosse un valore, concependo la mercificazione della vita umana, nella logica bancaria, come una scienza. E facendola assurgere, col linguaggio criptico della tecnica (bancaria) in quanto matematica, a perfezione.
Tale cioè, da non poter essere per questo, neanche messa in discussione. Un " pensiero unico " ormai dominante, come una religione di Stati, disuniti, ma accomunati da un'unico Dio, il (loro) danaro, cui conferire anche l'anima. Ridotti In schiavitù per debiti , col diavolo , a vita.
Giocoforza dissentire. Ma non vi sarà ragione senza azione. Altrimenti saranno ancora illusioni .
(libera interpretazione dell’editoriale di Excalibur di luglio, firmato da Gianfredo Ruggero)
http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22154
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